Piove sempre ultimamente.
Non che non mi piaccia la pioggia,sia inteso,solo che mi fa sentire come se mi si stesse rovesciando un secchio di nebbia grigia in testa.
Se guardo fuori dalla finestra tutto il mondo sembra visto con gli occhi di una moglie in lacrime, che ha appena perso il marito.
Non so se mi spiego.
A volte non riesco proprio a trasmettere quello che vorrei trasmettere alle persone normali.
Si beh,a quelle persone a cui non piace essere tristi,che si vergognano mentre piangono.
Quelle persone che sanno sempre cosa dire,giusto o sbagliato che sia,ma agli altri non importa mai.
C'è una grande distinzione tra me e le persone a cui non piace essere tristi.
La prima differenza che trovo è quando per farti gli auguri di buon Natale,per esempio,mandano un messaggio,in uno di quei gruppi su whatsapp,tipo quelli della classe,o quelli del dopo-cresima,tutte puttanate,piene di gente ipocrita,ovviamente.
Beh in quei messaggi la gente scrive gli auguri,seguiti da una sfilza di nomi,e il mio è sempre alla fine,no?
Tutti gli altri nomi sono separati da una virgola e il mio è separato da tutti gli altri con una "e".
Messo per ultimo come se si fossero accorti solo alla fine che gli auguri toccava farli pure a me.
Il mio nome separato da tutti gli altri con quella stramaledetta congiunzione.
Subito pensi,che è solo una scelta stilistica,non puoi mettere tutte virgole quando fai una lista,tra la penultima e l'ultima ci devi mettere per forza una "e",così che il testo sia corretto.
Poi capisci che in realtà è una vera e propria divisione,un muro,loro "il gruppo delle virgole" non stanno con te,tu fai gruppo per conto tuo,tu non devi stare con loro,non puoi,tu sei diverso.
Questi messaggi non sono semplici auguri,bensì sono vere e proprie classificazioni,scalette. Per primi mettono le ragazze più carine e simpatiche e poi vanno a scalare fini ad arrivare ai più sfigati ed infine al gradino più basso. Proprio te.
Dovrebbero abolire queste merde di messaggi anche il giorno di Natale.
Penso che questa sia la distinzione più evidente tra le persone normali ed io.
Altra distinzione è data dai vestiti.
Le persone normali hanno un proprio stile accurato,e non vorrebbero mai cambiarlo.
Noi diversi un giorno siamo la principessa degli unicorni arcobaleno e il giorno dopo diventiamo la fan più accanita dei Metallica.
Stessa cosa vale per i gusti musicali.
Noi diversi siamo sempre confusi,sempre indecisi,mai contenti e soddisfatti.
Cerchiamo qualcuno che ci mostri il cartello per scegliere la strada giusta,oppure uno che ci rassicuri dicendoci che la strada che abbiamo scelto è quella per noi.
Si perché,noi diversi ci fidiamo più degli altri che di noi stessi.
Chiudiamo la nostra vera voce dentro una cassaforte blindata per paura di sentire veramente cosa vuole.
Ci fa sempre paura tutto e poi niente. Non abbiamo paura dei ragni,ma abbiamo paura di rimanere soli,anche se spesso non vogliamo gente intorno.
Forse abbiamo solo bisogno di sapere che quando vorremmo uscire dalla nostra stanza,fuori ci sarà sempre qualcuno ad aspettarci.
Cerchiamo punti di riferimento in continuazione,un gruppo di cui fare parte,una spiaggia sicura.
Ma il mondo non è fatto per gente come noi,gente che è persa da troppo tempo.
Siamo così,leggeri e pesanti allo stesso tempo,innamorati perennemente dell'idea dell'amore.
Ci piace amare e non ci importa più non essere corrisposti.
Ci basta avere un pensiero la notte prima di addormentarci e la mattina appena svegli.
Sogniamo tanto,ad occhi aperti e ad occhi chiusi. A cuori aperti e a cuori chiusi. Però ci leghiamo da soli ad un lampione. Serve a ricordarci che si può sognare,ma solo fino ad un certo punto.
Prima che il sogno diventi illusione.
Quando sogniamo troppo l'elastico con cui siamo legati comincia a tendersi e ci trascina,sbattendoci violentemente addosso lampione.
E comunque questa è la mia vita ed è meglio accettarla per così com'è.
Rassegnata esco dal letto trascinandomi fino al bagno.
Ciò che vedo allo specchio non sono io. Io sono la bambina con le scarpe dei Gormiti,le ginocchia perennemente sbucciate,un sorriso sdentato e i capelli spettinati.
Sono quella che scrive poesie e poi le cancella,quella che mangia solo dolci e non sa fare battute.
Scuoto la testa freneticamente per togliermi dalla testa tutto questo. Forse potrei impazzire.
Mi lavo la faccia con l'acqua fredda,mi vesto e mi lascio cadere sul letto,di nuovo.
Non ho voglia di truccarmi stamattina,ho voglia solo di chiudere gli occhi e trovare l'autunno. I miei sono già andati al lavoro perciò mi toccherà prendere la bici per andare a scuola.
Pedalo velocemente,non per arrivare in ritardo ma per volare. Da piccola ho sempre pensato che se facevi qualcosa molto velocemente potevi riuscire a librarti in volo e scappare via,questa abitudine mi è rimasta tuttora. Se non fosse perché riesco a vedere i mille zaini colorati,forse potrei veramente essere in volo ora.
Scendo dalla bici e la assicuro con il lucchetto. Fuori da scuola è sempre pieno di gente,sguardi cattivi che ti fanno una radiografia ogni secondo che passa. I ragazzi sono tutti uguali,hanno la stessa forma di cervello,le stesse idee,clonati come saponette.
Un abbraccio caldo interrompe i miei pensieri. Mi giro verso le uniche due persone a cui tengo davvero,oltre alla mia famiglia.
Due sorrisi genuini e leggeri mi sfiorano gli occhi.
"Mi piace il tuo stile me-ne-fotto -del-parere-degli-altri-sulle-mie -occhiaie" mi dice una Charlie dai boccoli rosa chiaro.
"Si,ti dà un'aria alternativa" continua Oliver,l'altro mio migliore amico.
Sorrido ad entrambi,felice di essere stata salvata da me stessa.
Sono due supereroi con le vans consumate ai piedi. Ci conosciamo da quando ne ho memoria,sempre insieme,stessi banchi in fondo alla classe,sogni diversi ma compatibili.
"Sarà meglio entrare" dico con uno sbuffo.
Loro annuiscono ed insieme ci dirigiamo in classe.
Le ore passano con una lentezza soporifera e la campanella dell'intervallo arriva proprio come una benedizione. Mi stiracchio rintontita da due ore di filosofia ed insieme ad Oliver e Charlie andiamo verso i bagni delle ragazze,dove vicino c'è un tavolo su cui ci sediamo tutti i giorni. È il nostro posto,il posto che gli altri chiamano "Reparto demenza senile".
"Ti prego,ti prego,ti prego dammene un pezzettinooo" supplica Charlie vedendo il panino al prosciutto, di Oliver.
Proprio quando Oliver sta per risponderle con un bel no,cerchiato in rosso sangue,arriva il gruppo di Eleonor.
Eleonor è la persona meno persona che io conosca,non solo per il suo aspetto fisico da veela,ma soprattutto per il suo non avere un lato umano.
Si può solo descrivere con aggettivi non proprio dignitosi. Lei si avvicina soffiando come un gatto soriano snob e altezzoso,con il suo seguito di persone stupide e vuote.
"Oh,come sempre i cessi vicino ai cessi." Dichiara con voce tagliente come un'ascia.
"Già, e le troiette nel gruppo delle troiette." Risponde soddisfatta Charlie.
Eleonor sembra non farci caso e continua più decisa a far male di prima.
"Oh,hai cambiato di nuovo colore di capelli per sembrare più femminile? O per far capire alla gente che la femmina tra te e Oliver,non è lui?"
Questa volta si girò anche Oliver e Charlie restò impalata a bocca aperta. L'aveva colpita in pieno.
Eleonor era andata a colpo sicuro facendo quella battuta assolutamente maligna. Infatti Charlotte sin dalle elementari era sempre stata chiamata Charlie e Oliver,Olly. Gli insulti erano diventati veramente pesanti, dal momento che erano originati dal fatto che Charlie è sempre stata un maschiaccio ed Oliver è sempre stato con noi due, invece che stare in un gruppo di amici maschi. Ma poi entrambi ci si abituarono e la presero sul ridere. ora tutti e due si fanno chiamare così senza alcun problema,ma Eleonor non ha mai mollato la presa.
"Vattene affanculo Eleonor" finalmente dico.
I suoi occhi felini spostano lo sguardo velocemente, e crudeli mi squadrano.
"Oh la regina delle sfigate,mi fai quasi pena" pronuncia con voce infantile,poi si gira e con il suo branco di lupi e se ne va.
"La prossima volta la facciamo entrare dentro il nostro palazzo ceramica e poi tiriamo lo sciacquone,ok?"
Dice Charlie inviperita ed io e Olly scoppiamo a ridere.
Quando torno a casa ho una voglia matta di mettermi a sedere sul letto e stare tutto il tempo a rimuginare ,fissando il soffitto bianco.
È la mia parte preferita della settimana,dopo il viaggio di ritorno in pullman,io,i Green Day e la pioggia.
Durante il pomeriggio finisco i compiti di matematica e studio un po' di storia,infine ceno da sola perché i miei sono via tutta la sera e mia sorella è ad un compleanno.
Decido di andare a dormire presto dal momento che sono morta,letteralmente.
Improvvisamente indosso un cappotto rosso e sono in mezzo ad una bufera di neve,cado in un pozzo e comincio a piangere poi sento un suono squillante. No,è solo il mio cellulare. Sudata mi risveglio dall'incubo terribile che mi ha inghiottita. Cerco a tastoni il telefono,sono le due e mi sta chiamando Charlie.
"Charlie?" Chiedo esitante con un filo di voce.
"Muriel io non ce la faccio più,non ce la faccio,io...fa tutto troppo rumore..capisci? E non si ferma mai..mai" urla Charlie in lacrime, oltre il mio samsung scassato. Non capisco veramente cosa mi stia dicendo, così cerco di calmarla e le dico di raccontarmi cosa è successo.
"Lo risolviamo insieme,come tutto il resto,ok?" Le dico cercando di tranquillizzare pure me.
"No. Non si può risolvere. È come..una morsa continua che mi stringe lo stomaco e non riesco a fermarla.." Risponde più allarmata di prima.
"Senti,ascoltami Charlie,adesso vengo da te ok? Vengo lì,e risolviamo tutto." Dico decisa e con voce ferma.
"...si,ok...scusa per tutto Muri.."mi dice con voce tremante.
"Non dirlo neanche per scherzo,tra un quarto d'ora sono lì." rispondo chiudendo la chiamata.
Mi metto le scarpe e la giacca da vento,ancora in pigiama. I miei sono sicuramente tornati,così decido di calarmi giù dalla finestra. Per me non è mai stata un'impresa farlo. Sono uscita di casa senza dirlo ai miei,passando dalla finestra della mia camera, un sacco di volte.
Per fortuna la distanza dal suolo non è tanta e in più,proprio difronte alla finestra c'è una quercia alla sua altezza,con un ramo molto robusto.
Salto dal davanzale al ramo e scendo il più silenziosamente possibile dall'albero,e con un salto atterro malamente sull'erba umida del prato.
Inforco la bicicletta parcheggiata davanti al garage e mi precipito in strada. Nel giro di una ventina di minuti mi trovo davanti al portone verde scuro della villa di Charlie. Ricordo che quando mia mamma mi portava a casa sua da piccola, e mi trovavo davanti a quel portone, mi immaginavo sempre di essere una donna in carriera, forse un avvocato,di ritorno da una sfiancante giornata di lavoro.
Mando un messaggio a Charlie dicendole di venire ad aprirmi.
Dopo pochi secondi apre la porta e mi si precipita al collo,inondandomi di lacrime.
Io mi limito a stringerla forte e accarezzargli dolcemente i boccoli bicolore.
"I miei...vogliono trasferirsi tra un mese.." Mi dice soffiando tra i capelli.

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Survived
Teen FictionTre amici,tre sogni e un unico desiderio: scappare via. Muriel Oliver e Charlie sono tre adolescenti non proprio comuni, che come tutti però hanno dei problemi che cercheranno di risolvere durante un viaggio in camper che cambierà la loro vita per s...