3. Caffè Mercutio

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"Amor, ch'al cor gentil ratto s'apprende-"
"Attenzione al gatto!" Bisbigliò qualcuno dal fondo dell'aula, provocando uno scoppio di risa.
Assuntina Montessoro distolse per un momento lo sguardo dal libro e lo spostò verso Marco Padoni, il colpevole. "che, onde evitare disguidi, non significa che un ratto si appende al cuore. Semmai, l'espressione ratto sta per veloce. L'amore si accende veloce nel cuore."
L'eco di risa creatosi si spense non appena l'insegnante tornò a leggere le pagine ingiallite della propria Divina Commedia.
"- prese costui de la bella persona che mi fu tolta; e 'l modo ancor m'offende.-" La Montessoro si fermò, interrotta dal bussare di qualcuno. "Avanti". Disse mestamente. Il bidello Carlo, Carletto per gli amici, fece il suo ingresso nella piccola aula della 3ªD e lasciò cadere varie circolari sulla cattedra. La Montessoro, sconsolata, osservò l'orologio e chiuse di botto il grosso volume. "La lezione è finita."


Lisa non era quel che si suol dire una ragazza socievole. Preferiva trascorrere il proprio tempo con una cerchia di persone accuratamente da lei selezionate, i cosiddetti amici. Dunque, quando la campanella delle dodici e quaranta segnò la fine dell'ora, uscì a passo lento e si preparò a trascorrere i dieci minuti seguenti parlando di calcio. Poi lo vide.
"Eccola qui, la nostra piccola enfant."
Lisa sfoderò un sarcastico sorriso a trentadue denti. "Sua Eccellenza Wikipedia, che piacere rivederla. Qual buon vento la porta qui?"
"Vento dell'est, milady. Wikipedia? No, preferirei Treccani. Wikipedia non è sempre preciso. "
Li raggiunse sulla porta la Montessoro e Simone sorrise, ma col suo tipico sorriso da dandy inglese e che la donna ricambiò.
"Quindi, per stasera è tutto a posto, prof?"
Le orecchie di Lisa si rizzarono alla parola stasera. Oddio, che avessero una relazione? Raccapricciante.
"Cosa c'è stasera?"
"Io e Simone che suoniamo al Caffè Mercutio." Per un attimo alla ragazza parve di vedere, negli occhi della donna, uno sprizzo di euforia mista a tenerezza. "Vuoi venire anche tu?"

Non si poteva propriamente dire che facesse freddo quella sera, però il vento secco sferzava il volto delle ragazza facendola rabbrividire. Si maledisse per aver optato per quel vestiario e, alzando lo sguardo, lesse l'insegna del bar: "Caffè Mercutio"
Sentiva le note di una dolce melodia classica venire dall'interno e si risolse di entrare.

Disagio.
Fu questa la prima cosa che provò mentre osservava l'interno del locale e le persone che, stipate, si accalcavano verso qualcosa che Lisa non poteva vedere ma che, ben presto, capì essere il palco dove professoressa e alunno si stavano esibendo.
Talmente tanto disagio che le sue guance divennero talmente tanto rosse da far invidia a un semaforo. Vedeva ovunque jeans strappati, borchie, maglie nere con sopra nomi di band rock o metal e si sentì morire nel suo vestitino elegante. E pensare che ho perso un'ora della mia vita per scegliere cosa mettere. Mentre si sfilava il cappotto, qualcuno la osservò incuriosito. Lei prese una coca cola alla cassa e cercò un posto dove vivere la sua agonia in solitudine. Si fece spazio tra il nero dei metallari finché non trovò un angolo scuro e vuoto, lontano da occhi indiscreti. Neppure a dirlo, lo elesse suo compagno d'avventura.
Decise di concentrarsi sulla musica e, spostando lo sguardo verso l'origine di essa, notò di trovarsi in un punto ottimale per vedere il palco, in quel momento occupato dal solo Simone con un violino classico in mano mentre si esibiva facendo volare l'archetto sulle corde ben tese.
Il ragazzo era concentrato, gli occhi chiusi e le labbra semi aperte. Sembrava vivere un idillio e, probabilmente, anche il resto del pubblico se ne accorse. Improvvisamente, l'unico suono percepibile divenne quello emanato dal violino e a Lisa mancò un battito. Dovette stringere forte i pugni per non urlare dalla gioia del momento. Non ci volle molto prima che sulla scena facess il suo ingresso anche la Montessoro che, con la chitarra elettrica salda tra le mani, sovrastò il dolce suono del violino. Dalla folla si alzò un boato d'assenso. Uno sguardo d'intesa e Simone lasciò il violino classico per prendere quello elettrico: il concerto, a tutti gli effetti, iniziò.

Due ore dopo, Lisa era fuori di sé. Aveva le lacrime agli occhi a causa della bellezza di ciò che era avvenuto sul palco.

L'archetto intraprese ancora una volta acrobazie sulle corde, le dita della professoressa si mossero veloci e le ultime note di quella meravigliosa serata riempirono il cuore della ragazza. Alla fine, i due musicisti fecero un inchino e Lisa esplose insieme al resto della folla.

"Se spostiamo l'amplificatore della chitarra nel cofano, dovresti riuscire ad entrare."
"Ma non si preoccupi, posso farmela a piedi."
La Montessoro la guardò per un lungo istante. "No, non posso lasciarti andare da sola, farti perdere e darti un motivo per non venire a scuola domani."
Lisa scoppiò in una risatina nervosa. Scherza, vero?
Non era passato neppure un minuto che Lisa si ritrovò sul sedile posteriore della piccola Punto verde - ma il verde per un automobile è davvero terribile - con la portiera semi distrutta. Davanti a lei la Montessoro aveva preso il volante, mentre Simone, seduto di fianco alla professoressa, teneva tra le braccia i due violini nelle loro rispettive custodie.
"Se adesso sono in questa situazione, è colpa tua." Proferì infastidito dal peso degli strumenti.
"Come mai sua signoria utilizza tale gergo proprio della plebe, stasera?"
"Ah, ah, ah."
"Ha anche perso il suo solito sarcasmo, o sbaglio?"
"È vero." rispose la Montessoro. "Dice di aver sbagliato l'assolo in mi minore a metà concerto."
"Ma a me sembrava fossi andato abbastanza bene... Certo, non sei un genio del violino, però diciamo che con un altro paio d'anni di studio potresti diventare un discreto musicista."
"E pensare che mi era sembrato di vederti applaudire con estrema foga, alla fine dell'esibizione." Il ragazzo sorrise.
"Era per la professoressa." Lisa incrociò le braccia sul petto, mentre lo sguardo, fiero, rimaneva fisso sulla nuca del diciottenne.
Il sorriso di Simone non si spense.
"Bene, siamo arrivati!" Esclamò Assuntina felice. "Non devo più sentire i vostri litigi da giovani infatuati." Sorrise, abbassando di due toni la voce.
"Io infatuato di lei? Si sbaglia, professoressa, mai in tutte le vite che mi restano da vivere."
Fortunatamente, i due non poterono vedere le guance di Lisa divenire rosse ancora una volta.
Dopo essere sceso, Simone aprì la portiera posteriore. "Passami l'amplificatore piccolo, quello del violino."
Lisa gli lanciò uno sguardo truce. "Non sono il tuo elfo domestico."
"Il mio cosa?"
Lisa scosse la testa sconsolata. "Lascia stare, Babbano." Rispose passandogli l'amplificatore.
Simone alzò gli occhi. "Buonanotte, professoressa, a domani."
"A domani, Simone."
La portiera venne chiusa e Lisa vide il ragazzo allontanarsi verso un grande palazzo antico. "Buonanotte anche a te, eh." Sussurrò infastidita. Osservando il paesaggio, Lisa non lo riconobbe. "Ma dove siamo, prof?"
"Mm, in via Conte Capuletii."
Cosa? "Ma casa mia è dalla parte opposta della città!"
"Esattamente."
E menomale che abitavamo vicino.
L'auto scivolò in silenzio nella notte veronese.

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