2. Verona

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Lisa applaudì, sinceramente colpita dal risultato che due strumenti - e due persone - apparentemente così diversi erano riusciti a ottenere combinandosi tra loro. C'era qualcosa di affascinante e ipnotico nella precisione con cui l'archetto e le dita scorrevano veloci sulle corde del violino e della chitarra. Simone simulò un piccolo inchino e la Montessoro si affrettò ad aprire la custodia del proprio strumento. Lisa raccolse la giacca, indecisa sul da farsi. Erano le tre del pomeriggio, se fosse tornata a piedi sarebbe arrivata verso le quattro meno venti.
"Io vado, arrivederci." L'insegnante indossò la tracolla del sacco e uscì dall'aula. Chissà dove la tiene, rifletté distrattamente Lisa, mentre fa lezione.
"Vai a casa?" Domandò il ragazzo.
"Sì."
"Dove abiti?"
"Via Baldo. Come il cane."
Simone sorrise. "Io vivo lì vicino. Se vuoi, ti do un passaggio."
"Accordato. Come il violino." Che battuta squallida.

"No."
"Perché no?"
"Perché non mi piace andare in bici."
"Tanto pedalo io."
Lisa alzò gli occhi al cielo.
"Ovvio che pedaleresti tu, però niente bici lo stesso. E poi come pensi che ci staremmo, in due?"
Questa volta fu Simone ad alzare gli occhi. "Io in piedi, tu seduta. Chi è a abile, come il sottoscritto, certe cose riesce a farle senza problemi."
"Così poi, magari, ti dimentichi che ci sono anche io, ti siedi su di me, mi schiacci e muoio."
Il ragazzo le lanciò un'occhiata ammiccante. "Oppure svieni."
Senza degnarlo di uno sguardo, Lisa s'incamminò.
"Va bene, va bene, andiamo a piedi." Simone afferrò il manubrio della bicicletta. "Ti seguo a ruota."
"Come battuta fa schifo. E non ho bisogno di essere scortata."
"Mai quanto le sue, milady. E il mio orgoglio di gentiluomo m'impone di accompagnarla fino alla di lei abitazione."
Lisa si girò di scatto. "Ma come cazzo parli?"
"Dovrei chiederti lo stesso."
"Sì, certo, però adesso stai zitto finché non arriviamo, ok?"
Simone sorrise. "Te lo scordi. Che classe frequenti?"
"Terzo."
Un'espressione di disgusto comparve sul volto del giovane. "Sei praticamente una bambina."
"Mi scusi, Signor Gray, se i miei genitori hanno deciso di copulare in un momento a lei non gradito. Lei, piuttosto, a che anno scolastico appartiene?"
"Quinto."
Lisa annuì. "Ovviamente. Senza dubbio, è anche - Lisa cercò velocemente un termine più ricercato di "secchione" - l'intellettuale della classe e l'enfant prodige di ciascun professore. Per tale motivo, orsù, si diletta a strimpellare quel violino con la Signora Montessoro."
Il tono del ragazzo divenne improvvisamente serio. "È un violino elettrico, non un violino classico."
Lisa sbuffò. "Sai che differenza."
"Il violino elettrico è un violino con amplificazione elettronica del suono. Il termine si riferisce propriamente a uno strumento appositamente realizzato per essere elettrificato tramite pick-up integrati e solitamente con il corpo solido. Può anche riferirsi a violini classici adattati tramite pick-up elettrici, nonostante sia più corretto parlare di violini amplificati o elettro-acustici, in questo caso." Tossicchiò. "A differenza del violino classico, il violino elettrico non utilizza una gamma di frequenze date unicamente dalla cassa di risonanza del violino acustico."
La ragazza simulò uno sbadiglio e intravide un luccichio negli occhi dell'altro. Emozione? Istinto omicida?
"Le hanno mai detto che è intollerabile, milady?"
Istinto omicida, senza dubbio. "In molti. A lei?"
"Io preferisco definire la mia persona come indifferente al giudizio altrui. Vede quelle mura alla sua sinistra?" Chiese, indicandole col braccio libero.
Lisa si voltò verso l'ammasso di pietre.
"Sono cinte murarie di epoca romana imperiale. Durante la dominazione romana a Verona furono costruite due cinte murarie: una di epoca tardo repubblicana e meno famosa e una maggiormente conservata e conosciuta, le cosiddette mura di Gallieno; costruite su ordine dell'imperatore Gallieno nel duecentosessantacinque, per difendere la città dagli Alemanni. Belle, vero?"
Lisa tacque, scossa da quel flusso di parole. In effetti era tutto molto affascinante, così come lo era vivere in una delle più belle città del Veneto. Ogni tanto, quando tornava a casa senza la compagnia di SimoneWikipedia - cioè sempre, di sicuro non sarebbe mai più successo- immaginava come sarebbe stato trovarsi lì qualche migliaio di anni prima. Ma a Wikipedia non era lecito saperlo.
Senza aspettare una risposta, Simone continuò. "Conosci Le quattro stagioni di Vivaldi?"
"Ovviamente."
"La mia preferita è la Primavera." Mentre lo diceva, passò distrattamente una mano tra i petali dei fiori appena sbocciati. "Filosofia." Aggiunse.
"Cosa?"
"Cartesio. L'hai studiato?"
"Ancora no."
Il ragazzo scosse la testa. "Infatti si fa in quarto."
Lisa lo fulminò con lo sguardo, "Allora perché diavolo me lo chiedi?"
Simone eluse la domanda. "Cogito ergo sum. Penso dunque sono. In un mondo di carta, Cartesio rifiuta tutte le nozioni che gli vengono imposte e dice:" Pausa a effetto. "io esisto."
Per quanto potesse essere pedante, Lisa dovette comunque ammettere che con le parole ci sapeva fare. Avrebbe potuto vendere ghiaccio agli eschimesi semplicemente schioccando le dita. Chiuse gli occhi e si concentrò. Poteva sentire le carezze del vento scompigliarle delicatamente i lunghi capelli neri e il profumo dei fiori inebriarle le narici. Poi cadde.
Simone rise, di nuovo. Quando riacquistò la sua consueta calma porse la mano libera a Lisa, ancora per terra. La ragazza finse di non vederla e si tirò su di peso, pulendosi i pantaloni sporchi di terra.
"Ti sei fatta male?" La voce del giovane sembrava preoccupata.
"Il dolore è provvisorio, se persiste ci si abitua."
"Epicuro." Simone annuì. "Non male. Ma puoi fare di meglio."
"Sicuro, ma siamo arrivati, quindi bye bye." Lisa raggiunse un cancello ed estrasse delle chiavi dallo zaino,
"Tu vivi qui?"
Lisa lanciò un'occhiata al suo palazzo. Non era propriamente bello, era un palazzo della fine del ventesimo secolo. Lo considerava noioso: sei piani di architettura semplice e scarna, l'intonaco giallo spento, le ringhiere dei balconi nere, il portone marrone scuro ed il cancelletto verde. In pratica, un'accozzaglia di colori senza senso.
"No, in realtà vivo su una nuvola dorata e questo è solo il portale d'accesso, una copertura contro voi poveri mortali." Il cancello sì aprì e Lisa si voltò. "Guarda che puoi andartene, non mi offendo. Anzi."
Simone sorrise, per la terza volta, e montò sulla bicicletta. "Au revoir, enfant."
"Aspetta, ma enfant non significa bambina? Io non sono una bambina!"
"Mi hai definito un mortale, sicura di non essere infantile?"
Simone si allontanò lasciando Lisa sola, con la bocca socchiusa e gli occhi strizzati pieni di rabbia.

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