Capitolo 3.

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Cercavo Amore

Milano, 31 maggio 2015
08:30

La sveglia suonò puntuale ed io la spensi immediatamente. Avevo dormito poco più di tre ore e non ero psicologicamente e fisicamente pronta per affrontare una giornata con così poche ore sonno in corpo. Mi riaddormentai, ma il mio sonno venne interrotto dal rumore di un clacson proveniente dalle strade milanesi.
Chiamai la reception per farmi portare la colazione in camera, non avevo assolutamente nessuna voglia di scendere. Dopo nemmeno cinque minuti bussarono: due cameriere mi recapitarono un vassoio pieno di cibo. Gustai la mia colazione perdendo un po' di tempo sui social. Verso mezzogiorno sarebbe venuta a prendermi un'auto che mi avrebbe portato a vedere il set per lo shooting del giorno dopo. Indossai dei jeans skinny neri strappati sulle ginocchia, una semplice maglietta bianca e una giacca in pelle nera; un po' di mascara, una spazzolata veloce ai capelli ed ero pronta. Decisi di scendere un po' prima dell'orario prestabilito per andare a farmi una passeggiata. Uscii dall'albergo e mi accesi una sigaretta, mi infilai le cuffie e feci partire la musica. Camminavo per le vie milenesi un po' spaesata, la mia ultima volta a Milano risaliva a otto anni prima. Mi fermai in un bar a prendere un caffè: non riuscivo proprio a svegliarmi. Lo consumai al bancone, senza sedermi. Mentre sorseggiavo il mio amato caffè, posai lo sguardo sul televisore che stava dando la pubblicità di un evento che si sarebbe tenuto di lì a pochi giorni, i "Wind Music Awards". Mai sentiti prima. Ipotizzavo fosse una serata musicale nella quale avrebbero anche consegnato dei premi, ma essendomi persa otto anni di musica italiana non conoscevo quasi nessuno dei nomi degli ospiti citati. Prestai poca attenzione a quel promo, pagai il mio caffè e mi avviai verso l'uscita.
Ad un tratto, un nome mi paralizzò. La voce che annunciava gli ospiti di quell'evento pronunciò quel nome. Mi girai di colpo per vedere se era davvero lei, ma l'unica immagine che c'era, era l'Arena di Verona.
Forse avevo sentito male.
Uscii dal bar un po' confusa, guardai l'ora: le undici e cinquanta. A mezzogiorno sarebbe arrivata l'auto davanti l'hotel ed io ero in ritardo. Raggiunsi di corsa l'albergo e trovai l'autista ad aspettarmi.
- Buongiorno, mi scusi per il ritardo. - dissi salendo.
- Non si preoccupi, signorina. - rispose gentilmente.
Mi portò sul set del servizio fotografico, dove incontrai il fotografo e lo stylist, che mi esposero il progetto. Era una campagna contro qualsiasi forma di odio e restrizione: razzismo, omofobia, violenza. L'idea era quella di esprimere la libertà della persona in ogni sua forma, senza paure. Ero la persona adatta per questo progetto dal momento in cui non rientravo nei canoni della fotomodella tradizionale: avevo perso il conto dei miei tatuaggi, non ero poi così femminile ed ero dichiaratamente lesbica. Forse era per tutto questo che piacevo così tanto a LA, rappresentavo un po' il modello della ragazza che se ne fotte del pensiero altrui e vive la sua vita esprimendo se stessa appieno, in ogni modo. Il fotografo mi spiegò che in Italia gli omosessuali stavano ancora lottando per ottenere i propri diritti, che la mentalità del popolo italiano era ancora piuttosto vecchia e tanti, ancora nel 2015, si nascondevano. Rimasi sconvolta nel sapere che questo Paese reprimesse così tanto la libertà dell'uomo, era uno degli stati più moderni eppure era ancora così vecchio.
Passai il pomeriggio in compagnia di Roberto, il fotografo; Luca, quello che il giorno dopo sarebbe diventato il mio parrucchiere; Federica, la make-up artist e Filippo, lo stylist. Era fondamentale, per me, conoscere le persone con le quali avrei lavorato e, fortunatamente, erano tutti davvero simpatici e gentili.
La giornata passò velocemente, fu molto piena e non mi diede il tempo di pensare a nulla. Quella sera accettai l'invito di Filippo di aggregarmi alla sua compagnia ed uscire tutti insieme.

23:50

Squillò il telefono, era Filippo. - Sophie, siamo sotto! Muoviti.
Mi spruzzai due gocce di profumo, mi diedi un'ultima occhiata allo specchio e scesi. Non appena mi vide, lo stylist lanciò un urlo entusiasta. - Tesoro, sei favolosa! - esclamò con fare decisamente gay. Avevo optato per un vestito corto in ecopelle e gli anfibi. Lo ringraziai ridendo e salii nella limousine che aveva noleggiato per quella sera. Dentro il macchinone c'erano già alcuni amici di Filippo che mi trattarono come se facessi parte della loro compagnia da sempre.
Si sedette vicino a me una ragazza dagli occhi di un azzurro meraviglioso.
- Sono Elisa. - si presentò sorridendomi.
- Sophie, piacere. - le strinsi la mano fissandola negli occhi. Elisa era, forse, una delle ragazze più belle che io avessi mai visto: aveva i capelli lunghi, mossi, rossi fuoco che le facevano risaltare ancora di più gli occhi color ghiaccio. Indossava dei leggings di pelle ed una canottiera trasparente nera, che lasciava intravedere le sue forme. Mi offrì un calice di champagne che bevvi quasi tutto d'un fiato. Subito dopo me ne porse un altro, la guardai sorridendo. - Mi vuoi ubriacare? - chiesi.
La ragazza mi fece l'occhiolino. - Ci vuole molto più di due bicchieri di champagne. - continuai. Per tutto il viaggio ci scambiammo sguardi e sorrisi, insieme a bicchieri di vino e champagne. C'era molta attrazione tra di noi.
Dopo circa un'ora, la limo ci lasciò davanti uno dei locali gay più famosi di Milano. Entrammo in discoteca che eravamo quasi tutti già sbronzi. Ero cosciente, mi rendevo conto e capivo tutto ciò che succedeva.
Purtroppo, aggiungerei.
Poco dopo Elisa mi offrì un drink e mi invitò a ballare. Ballammo insieme senza mai fermarci, i nostri corpi si sfioravano, poi si respingevano e si sfioravano ancora. Provò a baciarmi, ma decisi di tenermela buona ancora per un po'. Canzone dopo canzone ci desideravamo sempre di più, ma non volevo che finisse tutto in quel momento. Non volevo accontentarla subito e decisi di aspettare ancora un po' per baciarla. Stavamo ballando quando partì una canzone che non avevo mai sentito prima. Era italiana, sicuramente era un remix dell'originale e iniziai a ballare seguendo il ritmo delle prime note, ma appena partì la strofa mi bloccai.

RESTA ANCORA UN PO' | EMMA MARRONEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora