Unfortunate Coincidence

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Tornare a casa fu assurdo. Sentì immediatamente l'odore dei biscotti appena sfornati nell'aria, profumo di colonie per bambini, urletti di gioia e tanti sorrisi. Guardandosi attorno si rese conto che nulla era cambiato in quel lasso di tempo dentro il quale si era perso e che la casa fosse esattamente la stessa, nessun cambiamento. Persino quel maledetto quadro storto, di cui lui stesso aveva piantato il chiodo, era rimasto com'era. Si sentì davvero bene fra quelle quattro mura che non avevano il colore e l'odore persistente della sua vecchia vita amorosa. Era molto felice là dentro, fra le lacrime di sua madre che non aveva smesso di ricordargli quanto si fosse sciupato e quanto bisogno avesse di mangiare qualcosa di buono e fatto in casa, ricordandole però che "Daniel era bravo a cucinare mamma" in un lamento. Non gli avevano chiesto nulla a tal proposito, preferivano abbracciarlo e godersi la sua presenza. Le sue due belle e furbe nipotine gli chiesero cosa avesse portato da Londra, sbuffando infastidite al suo "dopo" che sapevano sarebbe arrivato fra qualche giorno, quando si sarebbe rimesso in piedi veramente. Non aveva voglia di disfare la valigia alla ricerca dei pensierini che aveva portato alle due piccole. Era stanco abbastanza da gettarsi sul pavimento e dormire sul morbido tappeto che le aveva regalato il giorno del suo compleanno di qualche anno prima. Ma rimase a cena con i suoi genitori, ad ascoltarli parlucchiare delle novità e a raccontargli qualcosa su Londra omettendo volutamente tutti i dettagli sulla storia finita male con Daniel, che sua madre aveva adorato e amato come un quarto figlio. Gli aveva fatto sapere di come fosse vivere in Inghilterra e gli aveva parlato della loro bella casetta - ormai appartenente solo a Daniel - e del suo lavoretto in una clinica veterinaria. Sua madre non aveva smesso un solo secondo di riempirgli il piatto continuamente di maccheroni, facendolo lamentare a voce alta come un bambino. "Sarò costretto a ritornare in palestra così, mamma!" sbottò infatti, arricciando il naso in una smorfia divertita al suo sguardo severo che diceva semplicemente "mangia e sta zitto" a cui nessuno aveva davvero voglia di replicare. Alla fine comunque, si lasciò andare ad una mezza risata rilassata e rimase a fissare la sua famiglia con occhio orgoglioso. Erano molto uniti, e quelle riunioni erano state rare nei quattro anni precedenti. Solo una volta ogni tanto, durante qualche evento particolare tipo il Natale, volavano da Londra a New York per passare almeno un week-end con loro; il resto del tempo veniva speso tra gli amici di Daniel ed i suoi parenti, che per sua fortuna erano stati gentili e lo avevano accolto in famiglia al meglio. Però, quel quadretto perfetto era appena finito e avrebbe dovuto scordarsi di lui se non voleva stare male a lungo. Stare da solo, senza complicarsi l'esistenza con altri uomini, lo avrebbe aiutato a stare meglio. Non c'era nulla di più bello che prendersi cura di se stessi, imparare a scavare a fondo nella propria testa conoscendo particolari a cui prima non si era dato peso. Avrebbe prenotato una giornata alla Spa magari, un massaggio rilassante e bagni caldi, saune e tutto ciò che era necessario per sciogliere i suoi muscoli tesi ed il suo nervosismo. Poi sarebbe andato alla ricerca di un nuovo lavoro, magari con una paga più alta, e avrebbe ricominciato così a vivere nella sua vecchia e cara, caotica e piena di vita New York. Gli era mancata casa, per quel motivo sorrise gentilmente a tutti e tenne stretti quei sorrisi che gli dedicarono. Riuscì a leggere il dispiacere nei loro occhi, ma non ci fece troppo caso, desiderava goderseli a pieno esattamente come il suo compagno d'aereo gli aveva suggerito. Portò alla bocca un altro cucchiaio di maccheroni e ne chiese ancora, giusto per poter vedere le labbra di sua madre incurvarsi verso l'alto. Lui fece lo stesso e sospirò.

**

"Questo posto non è cambiato di una virgola" disse non appena mise piede all'interno del piccolo bar, ritrovo di studenti e nascondiglio per gente sola. Liam stesso ci aveva passato tutti i suoi anni di scuola dentro, fra una lezione ed un'altra, un piccolo chiacchiericcio continuo; ma soprattutto gli incontri sporadici con Daniel. Un moto di tristezza l'investì senza dargli nemmeno il tempo di ragionarci veramente, mordendosi nervosamente le labbra per non scoppiare a piangere come un bambino, trattenere le lacrime guardando verso l'alto. "Gesù! Payno!" gli urlò qualcuno alle palle, si voltò per poi venire travolto dall'iperattivo e divertente Louis, che gli era mancato terribilmente tanto. Rise del suo entusiasmo e ai suoi "sei davvero tu? Oh dio, è davvero Liam?" che attirarono l'attenzione delle persone addosso a loro, soprattutto quella del biondino che, da dietro il bancone, mollò tutto con gli occhi azzurri e sgranati all'inverosimile. "Liam!" la faccia quasi scioccata ma col sorriso incredulo sulle labbra. Liam lo abbracciò allo stesso modo, ricordandosi di come doveva essere la sua vita prima di lasciare quel bel posticino. Era stato felice, nessuna preoccupazione, solo lui ed i suoi due migliori amici. Si erano visti davvero poche volte durante tutto quel tempo, ma Niall non perdeva mai l'occasione di fargli una chiamata su Skype ed aggiornarlo delle novità. Due anni prima lo aveva chiamato nel bel mezzo della notte solo per fargli sapere che finalmente il bar era suo, che era riuscito a farselo vendere dopo averci lavorato così a lungo e duramente, fino a d affezionarsi a quel piccolo buco; angolo di paradiso per i più tristi. "Non riesco a crederci, vieni vieni, ti offro da bere" propose immediatamente il biondo, che trotterellando tornò alla sua postazione per potergli mettere sotto al naso un enorme boccale di birra, che lo fece ridacchiare. "Vuoi farmi ubriacare?" domandò infatti ridendo, afferrandolo comunque e sorseggiando la bionda per farlo contento. Niall era stato la sua roccia, non avrebbe mai potuto scordare tutto quello che aveva fatto per lui - anche se avrebbe voluto prenderlo a pugni per averlo spinto direttamente fra le bracia di Daniel. "Te la meriti una sbronza, hai tutta l'aria di uno che non esce a bere o a ballare da... sempre" concluse incrociando le braccia al petto offeso, perché Liam - ma soprattutto Daniel - aveva sempre rifiutato di uscire con la loro combriccola per andare a divertirsi un po', o anche stare in compagnia al bar e bere qualcosa di tanto in tanto. "Mi farò perdonare, sono disposto a fare quattro salti in discoteca se lo vuoi così tanto Niall" borbottò con della birra fra le labbra, a colargli distrattamente sul mento. Niall batté le mani contento, così come Louis che era rimasto a fissarlo quasi sotto shock. Anche lui era sparito per un po' da New York, quindi incrociarsi era stato difficile, soprattutto dopo averlo visto partire per Londra con quel ragazzo che aveva sempre odiato. "Ed il piccolo Harry dai riccioli d'oro che fine ha fatto?" fece all'improvviso, accorgendosi dell'assenza del più piccolo del gruppo. Con lui non aveva mai davvero avuto un rapporto, si limitava al saluto quando si incrociavano, forse perché non si erano fatti simpatia all'impatto. Forse perché Harry aveva sempre avuto un rapporto troppo stretto con Louis e ne era stato geloso. "Il piccolo Harry adesso è cresciuto" e fu proprio lui stesso a fare ingresso al bar, con dei lunghi capelli sulle spalle, il viso più marcato e da uomo, abiti che dovevano costare più di tutta la sua intera esistenza. Liam spalancò la bocca, perché non lo ricordava affatto così. Quattro anni prima era minuto, i capelli sulla testa erano un groviglio di ricci da farci un nido, il viso pieno di brufoli e da bambino, pantaloni larghi e felpe sformate. Quello che aveva davanti era sicuramente un'altra persona, un vero uomo. "Caspita" sibilò scioccato, sotto lo sguardo divertito di Louis che gli chiuse la bocca facendogli saltare tutti i denti. "Ahio" si lamentò infastidito dal suo gesto, dandogli un pugno sul braccio. Harry rise e alzò un sopracciglio compiaciuto, perché succedeva sempre, chiunque lo guardasse rimaneva a labbra spalancate. "Bentornato Liam, o sei solo di passaggio?", Liam guardò il riccio sedersi con eleganza allo sgabello e farsi preparare un cocktail da Niall, notando come lo sguardo di Louis fosse terribilmente languido e lussurioso addossato al corpo del riccio. Sbuffò mentalmente, perché quel cretino del suo migliore amico non avrebbe mai smesso di provare qualcosa per Harry, e non era ancora certo che il riccio non se ne fosse accorto, ma più che fingesse di non averlo capito per niente. "Sono tornato" alzò le spalle ed i suoi due amici gli sorrisero entusiasti, perché avevano saputo la notizia del ritorno ma non si aspettavano di certo così presto. "Ed il tuo ragazzo?" chiese e fu allora che tutti gli occhi si puntarono su Harry - glaciali - e successivamente su Liam - dispiaciuti - in attesa che dicesse qualcosa. Incassarono tutti la testa sulle spalle, come a voler sparire, ma Liam finse di non provare nessun sentimento, di non pensare a ciò che aveva visto appena dieci giorni prima proprio nella loro dimora. "E' finita" mormorò, a cui Harry fece una faccia dispiaciuta e si scusò col cuore in mano. D'altronde, non poteva saperlo; avrebbero potuto dirglielo, ma non avevano abbastanza rapporti da interessargli. "Comunque, mi hai portato qualcosa da Londra brutto schifoso?" chiese Louis per smorzare l'atmosfera pesante che aveva cominciato ormai ad aleggiare sulle loro teste e ad intristire Liam, incapace di poter coprire la tristezza ancora per molto. "Forse..." rispose con un mezzo sorriso forzato, ma che convinse comunque il ragazzo che gli scompigliò i capelli amabilmente e gli si sedette sulle ginocchia come un bambino piccolo. "Stai provando a farlo ingelosire per caso?" gli bisbigliò Liam all'orecchio, approfittando di quella posizione per poter parlare in privato con lui riguardo la sua colossale cotta. "Non sta funzionando, vero?" borbottò col muso lungo, assottigliando lo sguardo per poi poggiargli le labbra sull'orecchio e poter parlare senza farsi sentire. "Non lo so, penso ci stia guardando ma..." non concluse la frase poiché l'interesse di Harry si spostò nuovamente, dalla loro figura al drink che aveva fra le mani. Louis sbuffò come un bambino e scese dalle sue gambe, rubandogli un sorso di birra a tradimento. "Louis, dai, muovi il culo" lo rimproverò Niall a quel punto, ma senza severità. Il ragazzo saltò sui proprio piedi ed afferrò il vassoio per poter servire ai tavoli e correre a prendere le ordinazioni dei clienti appena arrivati. "Quindi, sei dei nostri stasera? Voglio portarvi tutti a divertirci" mostrò tutti i denti in un sorriso e Liam fu costretto a rispondere affermativamente al biondo, che sollevando i pollici all'insù poi scappò a preparare ciò che avevano richiesto.

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