SANGUE E FERRO

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Gli scudi dipinti con l'emblema di re Sigfrid formavano un possente muro dietro il quale aspettavano le lance, le spade e le asce dei soldati. L'esercito vichingo era stato diviso in tre settori, ognuno sotto il comando di uno dei capitani: Olaf e Falster che comandavano le due ali, mentre Freidrik era incaricato del comando del gruppo centrale. I capitani si confrontarono per decidere la tattica da utilizzare, quindi la riferirono agli uomini. Il campo di battaglia presentava un leggero pendio che declinava verso il castello, oscura presenza sullo sfondo, mentre il resto del territorio andava verso le montagne che incoronavano l'intera isola. Il settore centrale dell'esercito vichingo, il più numeroso, sbucò da dietro la collina che li aveva coperti fino a quel momento. "Battete le armi sui vostri scudi, fate sentire loro la vostra forza!", ordinò Friedrik, e gli uomini cominciarono a marciare verso il nemico, mentre il clangore ritmato delle armi sugli scudi faceva rimbombare l'intera valle, tanto che sembrava stesse marciando un gigante. I due eserciti avanzarono fino a trovarsi a poche centinaia di metri gli uni dagli altri. Si squadrarono attentamente per infiniti secondi. Freidrik estrasse una boccetta da una delle tasche e la bevve, gli occhi gli si iniettarono di sangue e, molto eccitato, invitava i nemici a farsi avanti, mentre manovrava con noncuranza l'enorme scure. Un comando risuonò per la valle, il nemico cominciò la carica con le picche tese, simile ad un colossale porcospino. Gli uomini serrarono i ranghi, preparandosi all'impatto. I due eserciti si schiantarono con un clangore assordante di acciaio ed urla, l'intera prima fila degli attaccanti venne polverizzata dal muro di scudi. I vichinghi cominciarono a spingere penetrando tra le file nemiche, con Freidrik in testa che danzava tra gli avversari, elargendo morte ad ogni suo colpo. Venne circondato. Un fendente volò verso il suo collo, lo parò con facilità e colpì l'uomo con un fendente verticale di risposta alla clavicola sinistra, che lo divise quasi in due, con la coda dell'occhio Freidrik vide un baluginio e si abbassò per evitare un altro fendente, rispose con un colpo allo stomaco che divise in due l'uomo. Proseguiva frenetico senza sentire la fatica o il dolore, ricoperto di sangue non suo e lasciando alle sue spalle una scia di neve vermiglia costellata dei corpi più o meno interi di coloro che avevano avuto la mortale sfortuna di capitare sul suo percorso. Ormai avevano percorso parecchia strada e stavano cominciando ad avvicinarsi troppo alle mura. Freidrik si fermò e tornò dietro il muro di scudi, poi ordinò loro di indietreggiare lentamente verso la collina. I nemici notarono la manovra e subito il loro comandante tuonò: "Si ritirano, distruggiamoli!". Partirono con slancio, ma il loro impeto si schiantò contro il possente muro di scudi vichingo. Lentamente quest'ultimo cominciò a girare verso sinistra, trovandosi così le pendici della collina alla propria destra, manovra subito emulata dagli avversari. I vichinghi smisero di muoversi e opposero resistenza, provocando la rabbia degli attaccanti. "Tenete duro uomini!", li invitava Freidrik mentre alleggeriva della testa tutti coloro che gli capitassero a tiro, poi un corno risuonò: le due ali vichinghe scesero urlando dalla collina come una valanga di acciaio in formazione cuneiforme con Falster e Olaf in testa, e come un coltello disintegrarono il fianco nemico, separando l'intera formazione in due metà. Coloro che si trovavano tra le ali e il corpo centrale della formazione vichinga vennero annientati in poco tempo, il resto degli attaccanti si diede alla fuga. "Inseguiteli!", urlarono Falster, Olaf e Freidrik quasi all'unisono. Freidrik stesso si unì all'inseguimento, che durò ben poco. I fuggitivi arrancavano nella neve, mentre gli inseguitori correvano sul percorso già tracciato. Non più di una cinquantina di terrorizzati soldati riuscirono a varcare le porte della fortezza. L'intera piana davanti al castello era rossa di sangue era costellata qua e là di corpi. Il tramonto vide l'esercito vichingo in festa mentre dava il colpo di grazia ai pochi nemici morenti. I vincitori tornarono al campo per riposarsi dopo le fatiche della giornata, ma mentre gli uomini si godevano il meritato riposo i tre comandanti erano riuniti nella tenda per fare il resoconto della giornata. "Quanti ne abbiamo persi?", domandò Falster, "Dodici, tutti morti con le armi in pugno, questa notte saranno ricoperti di gloria nel Valhalla", rispose tranquillo Olaf. "Avete osservazioni particolari sul comportamento degli uomini, qualcosa da segnalare?", domandò come al solito Freidrik, Dopo qualche secondo di silenzio prese la parola Falster: "Ulric si è comportato egregiamente, combatteva come una furia, era sempre davanti a tutti e li spronava come un capo, credo che lui soltanto abbia ucciso più di trenta uomini", mentre lo diceva gli occhi gli brillavano. Il racconto suscitò la sincera ammirazione di Freidrik e Olaf per quel ragazzo. Si salutarono biascicando a causa della stanchezza e tornarono ognuno nella propria tenda per svestirsi e prepararsi alla cerimonia della sera.
Freidrik percepiva i consueti postumi dell'assunzione della droga prima della battaglia: la testa gli pulsava come un tamburo da guerra e gli doleva come se avesse ricevuto un colpo di martello. Si spogliò della pesante pelliccia e si lavò il viso in una tinozza. L'acqua andava sempre più tingendosi di rosso, tanto che dovette cambiarla un paio di volte perché gli sembrava di lavarsi con il sangue, poi si mise una camicia pulita e un paio di brache di pelle, prima di uscire verso il centro del campo.
In mezzo all'accampamento era stato acceso un grande falò, ed intorno ad esso dodici pire funerarie con adagiati sopra i corpi dei dodici caduti del giorno, al petto ognuno stringeva la propria arma ed erano adagiati accanto ad essi i loro beni. Freidrik dopo averli osservarti cominciò a parlare ad alta voce: "Siamo qui, in questa notte, per celebrare l'entrata dei nostri fratelli nel Valhalla. Costoro sono morti con le armi in pugno mentre combattevano, che ora vadano a prepararci un posto accanto a loro al banchetto!", detto questo prese una torcia e diede fuoco alle dodici pire. Alte colonne di denso fumo bluastro oscuravano a tratti la luna per elevarsi verso il cielo. Poi, dopo una breve preghiera, congedò l'assemblea dicendo loro di andarsi a godere un po' di meritato riposo, lui li seguì a ruota. Entrò nella sua tenda e appena toccò la branda si addormentò all'istante.

Figli di OdinoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora