ASSEDIO I

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L'alba arrivò gelida e umida e i tre capitani erano, come al solito, riuniti a discutere sul da farsi; quella mattina il loro aspetto era più tirato del solito a causa della logorante marcia, ma c'era anche dell'altro nell'aria. Dopo lunghi minuti passati in silenzio finalmente Falster prese la parola: "Come avrete notato il castello ha un aria assolutamente solida, e sembra anche ben difeso. Un assalto frontale sarebbe un'immane carneficina e non ne concluderemmo nulla. Non è possibile indebolire le mura con gallerie sotterranee perché il terreno è molto rocciose e il freddo ha indurito la terra come granito", le sue parole calarono come una condanna e i volti si rabbuiarono non poco. Ad un tratto gli occhi di Falster si illuminarono, gli era venuta un idea: "Forse un modo c'è, ma non sarà né semplice né sbrigativo: potremmo costruire un trabucco, abbiamo quattrocentocinquanta uomini e tutti molto forti, la distanza dal castello è di circa mezza lega e con i mezzi che abbiamo potremmo costruire un trabucco che potrà tirare a trecento piedi, forse trecentocinquanta, ma non di più e ciò ci potrebbe esporre al tiro degli arcieri. La soluzione ideale sarebbe fare una palizzata ai lati dello strumento per proteggere i nostri uomini. Non sarà facile, come ho già detto, ma si può fare". "Sei un genio Falster, come sempre riesci ad ideare un piano perfetto anche nelle situazioni più difficili" si complimentò con lui Freidrik facendolo ridacchiare. Olaf ancora un po' pensoso disse: "Già, un gran piano davvero, ma c'è un problema: l'accampamento è sguarnito, prima dobbiamo pensare alla sicurezza di tutti, poi possiamo pensare a tirare fuori quel verme dal suo castello", "Hai perfettamente ragione Olaf, la sicurezza prima di tutto" approvò Freidrik. Decisero infine di far costruire agli uomini dei fossati e di piantare per quanto possibile dei bastoni appuntiti per fermare un eventuale carica di cavalleria. Usciti chiamarono a rapporto gli uomini per spiegare loro cosa avrebbero dovuto fare nella giornata che andava cominciando. Finita la spiegazione prese la parola uno degli uomini, un giovane di nome Ulric che si era distinto numerose volte in battaglia e che godeva del rispetto dei tre capitani, "Il terreno è duro come la pietra, scavare è quasi impossibile e comunque fino a che non smetterà di nevicare qualsiasi genere di attacco sarebbe impossibile", le sue parole provocarono un guizzo divertito negli occhi di Olaf che controbatté: "Dunque cosa proponi di fare dato che sei tanto perspicace ed intraprendente?", il ragazzo in un primo istante restò pensieroso, poi rispose: "Non lo so signore, sono ancora giovane, ma io farei una revisione di tutte le armi e proverei a studiare il territorio per trovare gli eventuali punti deboli di questa maledetta fortezza", Olaf si mostrò molto sorpreso e sul suo volto pian piano si dipinse un largo sorriso, "Un ottima idea, per Odino, è davvero una grande idea!" e gli diede un sonora pacca sulla spalla, "Andrò io stesso con te e Falster a controllare la zona, ovviamente ho bisogno di dieci volontari che vengano con noi per poterci difendere in caso di attacco", dieci uomini fecero un passo avanti e si batterono il pugno sul petto. "Ottimo", continuò Olaf, "Tra un'ora si parte vedete di essere qui per allora". Gli uomini si allontanarono e Olaf diede le ultime direttive prima di lasciare tutti nelle mani di Freidrik.
Tornato nella sua tenda Olaf si vestì per la ricognizione: si mise i calzari in pelliccia, un cotta di maglia ed un pesante mantello foderato, infine si cinse in vita il suo martello; era un arma di fattura squisita, creata su misura per le esigenze di Olaf, aveva l'impugnatura più lunga del normale per poter essere usato con due mani e la pesante testa ricoperta di fitte rune, una preghiera a Thor. Nonostante il peso considerevole dell'arma Olaf la maneggiava con disinvoltura grazie alla muscolatura potente. Prese inoltre un piccolo scudo rotondo di quercia con una borchia di ottone al centro per ripararsi da eventuali colpi. Ogni volta che prendeva in mano il martello e lo guardava gli tornava alla mente quel giorno di tanti anni prima, quando lo aveva ricevuto... Olaf aveva quindici anni e già allora era muscoloso, il maestro d'armi lo squadrava perplesso da capo a piedi mentre faceva mulinare una spada: "Perché sposti così tanto il corpo quando fai la stoccata?, chiese il maestro, "La spada è troppo ingombrante, non riesco a manovrarla bene" rispose sollevando le spalle come per scusarsi Olaf, il maestro si fece pensieroso e fece andare a chiamare il fabbro, un uomo enorme che era esperto come pochi nel suo mestiere. Il maestro mostrò al fabbro Olaf e gli disse: "Fai un arma adatta a questo ragazzo, la spada è troppo lunga e non è fluido nel movimento", il fabbro lo guardò intensamente e disse che l'arma adatta a lui era un martello, così lo fabbricò e glielo portò nel giro di poco, da allora Olaf non se ne era mai separato. Mentre ripensava a quei giorni camminava verso il punto di ritrovo, trovò Falster e sette dei dieci uomini di scorta già là, nel giro di poco l'intera squadra era riunita e per ultimo arrivò un nervosissimo Ulric. Tutti avevano optato per un abbigliamento molto pesante e un armamento leggero, così che non ne fossero intralciati nei movimenti, una scelta molto saggia dato che la neve fresca che continuava a cadere fitta faceva sprofondare gli uomini fino alle ginocchia rendendo la marcia un vero supplizio. Camminarono per diverse leghe girando intorno al castello, individuarono solo un paio di punti lievemente sopraelevati rispetto alla spianata, ma non si rivelò alcunché di interessante. Ulric ad un tratto chiamò il resto della squadra per mostrare loro ciò che aveva scoperto: "Le porte del castello sono molto vecchie e l'umidità le ha indebolite, guardate che roba", in effetti il grande portone aveva visto tempi migliori ed era un dettaglio fondamentale, tutti si complimentarono con Ulric per l'ottimo occhio ai dettagli e il ragazzo si fece rosso in volto per l'imbarazzo. Ad un tratto una freccia solitaria sibilò nell'aria per sprofondare poi nella neve a tre metri dal gruppo, Olaf insultò l'arciere nemico per la pessima mira e si incamminarono per tornare all'accampamento.
Nel frattempo, al campo, Freidrik aveva cominciato a far combattere tra loro gli uomini per contrastare il freddo; notò con piacere che né il viaggio né la marcia avevano intaccato lo spirito degli uomini, che combattevano con determinazione. Freidrik stava mostrando ad uno dei soldati più giovani qual era il modo più pratico di impugnare la spada, quando arrivarono Olaf e gli altri, chiese notizie e Falster con sguardo raggiante gli disse che avevano trovato un punto debole: Freidrik non avrebbe potuto essere più felice, e si sprecò in lodi sulla straordinaria abilità di Ulric, il quale diventava sempre più rosso.
Olaf e Falster spedirono subito gli uomini a prendere dei grossi tronchi, l'indomani sarebbe cominciata la costruzione del trabucco. Le ore volarono in fretta mentre lavoravano e presto le ombre si fecero lunghe. Gli uomini, esausti per il lavoro, andarono a riposare proprio mentre la neve smetteva di cadere. Falster era l'unico ancora sveglio, eccetto le sentinelle, e si rallegrò a quella vista: i lavori sarebbero stati molto più semplici. Alla fine cedette anche lui alla morsa della stanchezza e si coricò tra le calde pellicce della sua tenda.

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