Capitolo 8

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Inutile dire che mi pentii amaramente della mia scelta per tutto il resto della giornata. Dopo aver visto le facce dei miei così spaventate e allo stesso tempo così rassicurate nel vedere me e Grace vive e vegete; dopo aver ricevuto migliaia di telefonate da parte dei miei amici, anche i più lontani e dopo essere venuta a sapere di tutto ciò che avesse fatto Noah per noi...devo ammettere che mi sentii una vera imbecille. A metà della cena, mentre i miei fratelli con i loro amichetti strillavano e correvano per la casa, mi alzai in piedi.

-Ehm...vorrei dire delle parole-
Tutti si zittirono e le attenzioni ricadettero su di me. Dio, che ansia, da sempre odiavo parlare in pubblico.
-Vorrei chiedere scusa alla mia famiglia, i miei amici e al mio stupendo fidanzato per la sciocchezza che ho commesso.
Ho messo in pericolo me e la vita di Grace,una delle persone a cui tengo di più al mondo, per una semplice idea balenata nella mia testa in pre da una crisi. Una sciocchezza. Mi sento così ridicola e immatura e penso di aver dato a mia figlia e ai miei fratellini un pessimo insegnamento.
Non è un periodo molto facile...Grace è nata da poco e mi sento così immatura. Mi sono sentita per un momento abbandonata e un peso per tutti voi e ho preferito non essere d'intralcio. Ho capito di aver sbagliato a quanto pare...- dissi ridacchiando e tutti iniziarono a rimproverarmi scherzosamente.
-Voglio solo dire- dissi cercando di sovrastare le loro voci e tornando seria -da parte mia e di Sofia, che ci siamo pentite molto di ciò che abbiamo fatto e che vedremo di... maturare- dissi e mi sedetti rossa in volto. Tutti applaudirono e Noah mi abbracciò sussurrando un -Non lasciarmi più -

Passarono i giorni e di Ashley nemmeno l'ombra.
Noah, ancora terrorizzato dalla mia fuga, si mostrava tranquillo per non allarmarmi, ma di notte...alle 3, riuscivo a percepire il materasso muoversi e la luce del computer illuminare la camera. La stava cercando ancora.
Io cercavo di mostrarmi indifferente e ingenua...ma ero nervosa, terribilmente nervosa.
Finalmente, dopo due settimane, Ashley chiamò Noah e chiese un appuntamento a tre con Tod.
Noah acconsentì, a patto che ci fossi stata anche io affianco a lui.
Il fatidico giorno arrivò e io, armata di una falsa maschera di tranquillità che nascondeva la persistente ansia di quei giorni, mi diedi forza e accompagnai il mio futuro marito.

Eravamo in un vecchio bar, con vista sulla spiaggia.
Luci soffuse e puzza di fumo mi stordivano.
Io al fianco di Noah e seduta di fronte a Sofia che affiancava Tod, distruggevo un tovagliolino.
Noah mi prese la mano e la strinse alla sua.
Il mare nei suoi occhi mi tranquillizzò e rese quasi piacevole quella situazione eternamente ansiosa.

La porta del bar emise un cigolio, segno che Ashley stava per far ingresso in questa tragedia per portare altri problemi nelle nostre vite.
Tra le sue braccia, un bambino. Poteva avere tre mesi. La donna degli incubi lo teneva goffamente in braccio. Sembrava quasi incapace...e per niente mamma.
Ci vide,arricciò il naso e si incamminò verso di noi.
-Buonasera signori- disse sedendosi e strattonando quasi la bambina.
Nessuno di noi proferì parola.
-Che maleducati che siete, sono stata così cortese a salutarvi con garbo-
-Taglia corto vipera, non ti sei fatta vedere né sentire per troppo tempo- ringhiò Tod.
-Avevo altro da fare...sapete crescere una bambina senza il supporto del papà è così complicato. Fortunatamente sarà così per poco- disse accarezzando la bambina all'apparenza tranquilla.
-Taci e mostrala- sbuffò la mia migliore amica accarezzandosi la pancia. Troppe emozioni per la mia povera amica al solo sesto mese. Ero sicura che il bambino sarebbe nato ansioso.

Ashley alzò la bambina rapidamente, che ci fissò perdendo bava.
-Ha cinque mesi?- chiesi esaminandola.
-Si, perché?- chiese.
-È la metà di mia figlia non possono avere la stessa età. È troppo piccola per avere cinque mesi-
-È nata prematura. È una bambina in linea, ti da fastidio?-
Gongolò.
Sospirai.
Guardai negli occhi la piccola. Identici a quelli di Ashley. Così piccola, ricordava comunque la mia eterna nemica; ma quegli occhi, quegli occhi non somigliavano affatto a quelli del mio uomo, ne tanto meno c'era qualcosa che ricordasse Noah. Esaminai mio cugino. Non c'era niente che accomunasse neanche loro.
Ashley la riprese tra le braccia.
-Cosa c'è ragazzi, la visione di vostra figlia vi ha ammutoliti?-
Racchiusi i pugni.
-Lasciaci un recapito telefonico con cui contattarti. Domani andiamo in ospedale e facciamo il test. Tod ha prenotato questa mattina, fatti trovare lì alla nove in punto.- disse seccato Noah.
Ci fissò.
-Cosa c'è Ashley l'arrivo della verità ti ha ammutolito?- dissi di rimando.
Mi fulminò con lo sguardo.
-Sarò lì. Posso sapere il nome dell'ospedale?-
-Te lo faremo sapere questa sera per telefono. Alla prossima- disse Tod prendendo per mano la sua ragazza e portandola via. Ashley guardò Noah e si morse le labbra.
- So che sei tu il padre-
Mi vennero i brividi.
-So di non esserlo- disse lui con un sorrisetto, mi prese per mano e mi portò via.

Un amore matematico 2 [il continuo della nostra storia]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora