Emozioni

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 - Dice bene lui, ma non so cosa devo immaginare, e poi averlo qua dietro... cioè... a volte credo lo faccia apposta! - pensai spostando l'attenzione sulla banana.

"Il tuo è un potere di cuore. Ti ricordi che ci siamo detti l'altro giorno?" disse, poggiando simpaticamente il mento sulla mia testa.

- Si, lo fa apposta! Vorrei morire! Ma perché si diverte a mettermi in imbarazzo? - piansi dentro, cercando di non mettermi a piangere per davvero.

"Te lo ricordi?" chiese, tirandosi su e mollandomi una pacca gentile sui capelli.

"Certo!" esclamai stizzita. A testa bassa fissai il frutto sul tavolo, provando a non farmi beccare mentre trattenevo le lacrime con tutte le mie forze.

Purtroppo i miei sforzi andarono a vuoto, e quando sentii una lacrima cadere giù dall'occhio destro e bagnare il tavolo sotto di me, mi venne un colpo perché non volevo che Martin sapesse che stavo piagnucolando come una bambina.

Misi la mano sulla goccia e tentai di riprendere la calma.

A quel punto accadde una cosa incredibile: Martin mise la sua mano sulla mia.

Era grande e calda, avvolse la mia in una maniera tale, da farmi stringere lo stomaco e battere furiosamente il cuore.

"Vuoi un fazzoletto?" chiese gentilmente.

Feci di no con la testa, non riuscivo a parlare.

Martin sbuffò.

"Non volevo farti piangere, anche se devo dire, che tu piangi moltissimo!"

Strinse le dita sulla mia mano ed aggiunse "Cosa c'è che non va? È Pearl? Sono io? Scommetto che è colpa mia, mi diverto troppo a stuzzicarti dimenticandomi che sei mia ospite, e che ti senti persa e sola in questo momento. Ma è che... è che sei..."

Martin sbuffò di nuovo, più forte questa volta.

"So di essere stupida e ridicola, ma trovo bruttissimo che tu te ne approfitti così!" dissi con rabbia, e le lacrime iniziarono a scendere per conto loro, senza che potessi fermarle.

La campanella suonò, mandandomi nel panico.

Cercai freneticamente un fazzoletto in tasca, asciugandomi la faccia il più velocemente possibile.

"Devo trovare l'aula della prossima lezione, e non so dove stia!" gridai facendomi all'indietro d'istinto.

Ovviamente finii addosso a Martin, che mi prese strettamente per le spalle.

"Calma, calma!" non sei obbligata a seguire tutte le lezioni, e poi sei con me, stai facendo lezione con me.

Mi bloccai senza sapere più cosa fare o dire, buio totale.

"Mi spiace" sussurrò, lasciando le mie spalle.

"Mi serve una sigaretta. Esci con me?"

Lo seguii senza rispondere, era troppo complicato, mi mancavano le parole.

Andammo fuori dal recinto del porticato, nel giardino.

Martin prese di tasca un pacchetto di sigarette, ne mise una tra le labbra e l'accese.

Aveva proprio delle belle labbra. La sigaretta stava in bilico tra di esse e mi venne un crampo al cuore per quanto era bello li nel giardino, avvolto dal fumo, con quella faccia seria.

Lo guardai mentre finivo di pulirmi la faccia, la luce del sole faceva sembrare i suoi occhi più azzurri del cielo stesso.

"Dovrei occuparmi di te con più attenzione" disse piano, buttando fuori una nuvola di fumo dalla bocca.

Prese un altro tiro dalla sigaretta, aprì la bocca come un pesce, e un bellissimo anello di fumo venne fuori, volando via nell'aria.

"Wow!" esclamai mettendomi a ridere.

"Sapevo che questo ti avrebbe fatto ridere" disse, strizzandomi l'occhio.

"È la prima volta che ne vedo uno..."

"Seriamente, dovrei stare più attento, ma non è che sia molto pratico di queste cose" disse sigaretta tra le labbra, stiracchiandosi pigramente.

La maglietta si alzò, scoprendogli la pancia.

Vidi molto poco, ma quello che c'era sotto i vestiti mi emozionò da morire.

Già avevo intuito cose, quando l'avevo visto in pigiama, ma in questo caso non c'era nessun pezzo di stoffa tra i miei occhi, e il corpo di quel ragazzo strano, che mi faceva rimescolare dentro come mai mi era successo nella vita.

- È magro, ma muscoloso. Sembra un grosso gatto selvatico – mi sorpresi a pensare, diventando praticamente viola.

"Però ho deciso di starti appresso, e quindi vedrò di impegnarmi. Tu però, prova ad essere meno tonta e di darmi una mano!" esclamò, schiaffandomi la mano dietro la testa.

"Vieni qua pulcino!" disse ridendo, tirandomi contro di lui.

Mi abbracciò, e per un po' persi del tutto il contatto col mondo.

Tutto quello che sentivo era l'odore della sigaretta, il calore del suo corpo, e quelle braccia chiuse attorno a me.

Nascosi la faccia, ormai sul punto di fondere come mozzarella sulla pizza, contro il suo petto.

"Appena a casa, facciamo il punto della situazione e stabiliamo cosa fare, ok? Non posso lasciarti vagare qua e la, o affidarti a gente incompetente. Devo trovare una soluzione che salvi capra e cavoli..."

Non risposi, ero in un abisso di emozione pura, era già tanto riuscissi a respirare.

"Finché resterai qua"

Fu allora, che un urlo feroce attraversò l'aria.

Lizzie and the WizardDove le storie prendono vita. Scoprilo ora