Ritornato negli appartamenti di Alaister, ancora con quella camicia da notte succinta indosso, mi fermai davanti alla finestra. Il sole era ormai alto e l'ombra delle cinta murarie della Fortezza ricopriva la maggior parte del terreno interno.
Indugiai con lo sguardo su quelle mura, con un misto d'angoscia e d'amara consapevolezza che si faceva pian piano strada dentro di me, annidandosi sempre più a fondo. Quella era la mia prigione, il posto da cui non sarei più uscito.
Mi voltai, senza riuscire più a sopportare quella vista. I miei occhi guizzarono per la stanza, in cerca di una traccia personale di Alaister, o almeno di un segno che quella fosse la sua stanza. Magari non lo era. Nonostante quello, mi affrettai ad aprire cassetti e mobili, a rovistare nel guardaroba e sotto il letto. Ma non c'era nulla. Eppure, anche uno come lui doveva avere una debolezza.
Mi lasciai ricadere sul letto, sconfortato, mordicchiandomi un labbro con fare distratto. Qual era la vera identità di Alaister Noir? Probabilmente non l'avrei mai scoperto.
Lo sguardo mi cadde su una pantofola spaiata nel bel mezzo alla stanza, un oggetto assolutamente fuori luogo in quel tempio dell'ordine. Non appena mi chinai per prenderla, udii un rumore, come il cigolio sommesso di qualcosa che veniva calpestato.
Azzardai un passo sul posto, appena accennato, e così mi accorsi che una tegola del parquet cigolava con un rumore impercettibile, che non avrei certamente udito se non fossi stato ben attento e in completo silenzio.
Mi chinai a terra, battendo leggermente un pugno contro il legno, per poi comprendere che la tegola incriminata suonava a vuoto, come se al di sotto di quella non ci fossero strutture in pietra, ma semplicemente il nulla. Aiutandomi con le unghie, sollevai il pezzo di legno con un certo sforzo, ma alla fine riuscii a liberarmene.
Poi, osservai con sgomento il buco: poco più piccolo del palmo di una mano, grande abbastanza per poter curiosare nella sala sottostante. Quando scoprii di che stanza si trattava, mi si mozzò il fiato in gola.
- Quindi Sfavillo ha lasciato per sempre la Gilda. - disse un uomo, il viso impossibile da vedere dalla posizione in cui mi trovavo, ma la voce udibile grazie al silenzio che mi avvolgeva. Erano in tre, ed erano seduti di spalle, davanti ad una scrivania.
- Sì, ma dovrà sempre pagare i contributi. - disse un altro, il capo appena rivolto al primo interlocutore. Una risata bassa, cavernosa, da una voce sottile e sensuale ma delicata come un serpente che si insinua sinuoso nell'orecchio della persona che la ascolta.
- Ha perso quel nome nel momento stesso in cui ha messo piede fuori dalla Fortezza. - disse il Re degli Assassini. Sì, sotto alla camera da letto, c'era il suo ufficio.
Una coincidenza? Un evento fortuito del destino? Avevo qualche dubbio.
E, sebbene sentissi crescermi dentro una sensazione d'angoscia e di paura, sentimenti che facevano capolino solo di fronte a quell'uomo dagli occhi gialli, rimasi lì ad ascoltarlo. Dalla prospettiva, era l'unico che riuscivo a guardare in volto.
In quel momento, lontano da lui, quando non poteva studiarmi e controllarmi con il suo sguardo gelido, rimasi per diversi minuti a studiare il suo volto: il naso dritto ed elegante; la mascella non troppo pronunciata, ma abbastanza per dagli quell'aria dura; gli occhi di un giallo talmente luminoso da brillare, orlati dalle folte ciglia scure, che gli conferivano quell'aria micidiale; le sopracciglia nere lievemente arcuate, che gli rendevano l'espressione del viso ancora più fredda; la curva morbida della labbra rosse e carnose, in contrapposizione a quei tratti duri; i capelli leggermente mossi, che gli carezzavano i lati del viso e si ricongiungevano sulla nuca in un piccolo codino stretto da un fiocco di velluto dorato.
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Le cronache dell'Assassino 1.5 - Il cortigiano | 𝑩𝒐𝒚𝒙𝑩𝒐𝒚 |
Storie d'amoreCompletata. || BOYXBOY + R18 || [#1.5] SPIN-OFF de "Le cronache dell'Assassino - Sfavillo" Dal testo: Ma, quando entrò il Re degli Assassini e si richiuse la porta alle spalle, il mio sguardo precipitò inevitabilmente sul letto. E fu allora ch...