La cultura di Golasecca e gli Insubri

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A partire dall'Età del Bronzo finale, nel territorio della Regio Insubrica si venne a delineare una nuova espressione culturale che caratterizzerà a fondo la storia del nostro territorio, archeologicamente nota con il termine di Cultura di Golasecca. Le sue testimonianze materiali si trovano sparse in un ampio territorio che va dal Sesia al Serio, dalla linea dello spartiacque alpino centrale al Po e dunque ricalca, a grandi linee, i limiti dell'Insubria storica, oggi amministrativamente suddivisi fra Canton Ticino, Lombardia e Piemonte. Le nostre origini vanno ricercate in questo periodo perché la vocazione naturale di questo territorio - un ponte di collegamento tra il mondo centro-europeo e mediterraneo - fu per la prima volta valorizzata proprio dalle genti della Cultura di Golasecca: la continuità dello sviluppo culturale che seguì ne fece uno spazio storico-etno-culturale ben definito, destinato a mantenersi nel tempo. Il nome del territorio deriva dall'etnonimo della tribù celtica degli Insubri. Secondo le fonti storiche greco-latine, gli Insubri erano la tribù più potente della Gallia Cisalpina. Tito Livio racconta che quando il principe celta Belloveso, intorno al 600 a. C., attraversò il Ticino provenendo da ovest apprese di trovarsi nell'"agrum Insubrium", nome di un pagus degli Edui, una tribù della Gallia transalpina al suo seguito. Ritenendo questo un segno di buon auspicio decise di fondarvi Medhelan, latinizzato successivamente in Mediolanum.

"IMPORTANTI RISULTATI DALLE RICERCHE CONTEMPORANEE
Gli sviluppi della ricerca negli ultimi trent'anni, soprattutto dal punto di vista archeologico, epigrafico e linguistico, hanno permesso di risolvere il problema etnografico delle popolazioni golasecchiane, che soprattutto in base al dato linguistico sono oggi riconosciute celtiche. Non è possibile rintracciare nella documentazione archeologica le prove di un cambiamento radicale dovuto all'arrivo di una massa enorme di uomini intorno al 600 a. C., come vorrebbe la leggenda liviana: lo sviluppo di questa antica cultura celtica è ininterrotto dal XII secolo a. C. (e forse anche prima se consideriamo l'antecedente del Canegrate) fino al IV sec. a. C. quando arrivarono in Cisalpina altre tribù che rinnovarono la tradizione celtica del nostro territorio.

Le popolazioni golasecchiane sono dunque gli Insubri e gli altri popoli celti pregallici: Leponti, Orobii, Laevi e Marici. È dunque possibile parlare di un celtismo autoctono sud-alpino, fatto questo nemmeno ipotizzabile fino a pochi decenni fa."

(Giancarlo Minella – « A Varese per parlar di Celti in Insubria » 23 giugno 2001)


GLI INSUBRI : DEPOSITARI DELLA CULTURA DIGOLASECCA


STRABONE, Geografia,V-6

"Gli Insubri, invece, ci sono ancora oggi. Essi avevano come metropoli Mediolanum, che anticamente era un villaggio (tutti infatti abitavano sparsi in villaggi); ora invece è una città importante, al di là del Po, quasi ai piedi delle Alpi".

Gli Insubri furono definiti da Polibio la più importante tribù celtica della penisola, mentre secondo la versione liviana sarebbero stati i primi Celti ad abitare la Gallia Cisalpina, agli inizi del VII° secolo a. C.

Avrebbero occupato il territorio corrispondente all'odierna Lombardia centroccidentale, il cui unico confine sicuro sembra essere quello meridionale, ossia il fiume Po: il territorio degli Insubri si distingue dagli altri territori insediati dai Celti, in quanto rivela la presenza di una capitale, Medhelan, latinizzata da Livio in "Mediolanum", centro politico-religioso di una certa rilevanza per la confederazione insubre.

Gli Insubri appartenevano alla cultura di Golasecca, che prende il nome da una località vicino a Varese, Golasecca appunto. dove avvennero i maggiori ritrovamenti celti in Lombardia.
E' una cultura che si è sviluppata alla fine dell'Età del Bronzo finale tra il lago Maggiore e il Serio, avendo il Po come confine naturale a sud e che ha come corrispettivo centro-europeo la civiltà di Hallstatt. Dal IX al VII secolo la popolazione insubre preferì stanziarsi nella fascia pedemontana forse a causa della crisi climatica che, intorno all'XI-VIII sec. a.C. ha segnato l'inizio del periodo subatlantico, con clima più freddo e piovoso: l'impaludamento delle aree pianeggianti e l'azione erosiva nelle valli dovevano aver limitato l'area ideale per gli insediamenti. Oltre alle urne cinerarie, due tombe di nobili hanno restituito a Sesto Calende un carro a due ruote, morsi e briglie per due cavalli e il corredo da combattimento, databili proprio all'epoca dell'arrivo di Belloveso, fine VII, inizi VI secolo a.C. Gli oggetti contenuti nelle due tombe di Sesto Calende dimostrano l'ampiezza degli scambi commerciali intrattenuti dagli Insubri, con oggetti d'importazione etrusca, picena e transalpina sia orientale (Stiria) che occidentale.

Importanti ricerche svolte dal dott. Minella dell'Associazione culturale "Terra Insubre", soprattutto dal punto di vista archeologico, epigrafico e linguistico, hanno permesso di risolvere il problema etnografico delle popolazioni golasecchiane, che soprattutto in base al dato linguistico sono oggi riconosciute celtiche.

Non èpossibile rintracciare nella documentazione archeologica le prove di uncambiamento radicale dovuto all'arrivo di una massa enorme di uomini intorno al600 a. C., come vorrebbe la leggenda liviana: lo sviluppo di questa anticacultura celtica è ininterrotto dal XII secolo a. C. (e forse anche prima seconsideriamo l'antecedente del Canegrate) fino al IV sec. a. C. quandoarrivarono in Cisalpina altre tribù che rinnovarono la tradizione celtica delnostro territorio.
Le popolazioni golasecchiane sono dunque gli Insubri e gli altri popoli celtipregallici: Leponti, Orobii, Laevi e Marici. È dunque possibile parlare di unceltismo autoctono sud-alpino, fatto questo nemmeno ipotizzabile fino a pochidecenni fa

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