Fatica

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Quel giorno era bellissima.
Per me è sempre stata la più bella fra tutte, ma quella domenica di maggio alle 10 della mattina in particolar modo.
La stavo aspettando da venti minuti buoni.
Le avevo sempre rimproverato i suoi ritardi, ma decisi che per quella volta avrei lasciato correre.
Arrivò tutta trafelata in contro luce e per poco non inciampò.
Commossa mi sorrise e mi porse la mano.
Gliela strinsi più forte per infonderle quella sicurezza che da sempre le era mancata, anche se non poteva sapere quanto anch'io fossi spaventato.
La presi a braccetto e lentamente ci incamminammo assieme.
La gola stretta in un nodo, ero consapevole di dove eravamo diretti.
"Papà." mormorò.
Mi risvegliai dal mio stato di trans e incontrai i suoi occhi castani pieni di gioia.
Guardai la sua mano nella mia e per un attimo mi sembrò fosse tornata quella di quando aveva cinque anni.
Guardai il ragazzo che stava davanti a me pallido in volto, ma con tanto amore nello sguardo. Sorrisi pensando che uno stesso giorno di 25 anni fa anch'io ero nella sua stessa situazione.
Presi un lungo respiro.
Ricordo che sorrisi anche se volevo piangere.
Tremante poggiai la mano della mia piccolina in quella di un uomo che non ero io.
Rinunciavo a lei, a proteggerla dopo 25 anni passati assieme, fra pianti e risate.
"Ti voglio bene babbo."
Mi sussurrò.
Io annuii dolcemente e lei capì quelle parole che non riuscii mai a dire, ma che avevo sempre pensato: "anch'io"

Piccoli attimi d'emozioni perduteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora