Serpenti

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Un giro di chiave.
Lui da una parte, il mondo dall'altra, a separarli solo una lastra di legno vecchio e cigolante.
Si sentiva anche lui un po' così, anche se non era nè vecchio, nè emetteva scricchiolii sinistri.
Si gettò sul letto affondando la faccia nel soffice piumone trattenendo il fiato.
1..2...3...
Per quanto tempo avrebbe fatto finta di non esistere più?
9..10..11...
L'avrebbero trovato nonostante la porta chiusa a chiave?
14...15..16..
In fondo si trovava solo nella sua camera e stava semplicemente dormendo per più tempo del previsto. Una dormita di un'eternità, chissà se avrebbe sognato. Lui i sogni non li ricordava mai.
25...26...27...
I polmoni iniziarono a bussare sulla sua cassa toracica chiedendo aria e la fatica di tenere la testa abbassata era quasi sovrumana.
Possibile che solo lui avesse problemi a morire? Perché invece veniva così dannatamente facile alle persone che gli stavano attorno?
33..34...
Si arrese al suo corpo e si voltó con sguardo perso nel vuoto, rivolto verso il soffitto spoglio.
Non capiva se fosse più perdente o più vittima della vita. Forse entrambi, o meglio essere vittime del "più grande dono" è davvero un qualcosa da perdenti.
Una fitta alla testa gli fece sfuggire un mugugno dalle labbra.
Pensava troppo.
Ricordava troppo.
Ricordava quel giorno maledetto, quegli ambienti, quegli odori... era tutto impresso in lui come i tatuaggi sulla pelle.
Le mura della sua camera servivano a tenere fuori il mondo, ma non il passato, quello era uno spettro che si infilava ovunque.
Come scappare d'altronde da chi ha abbattuto anche il limite fra morte e vita?
Si ricordó allora delle parole di sua nonna paterna: " Gli spettri hanno paura di chi non ha paura di loro ". Non aveva mai capito il perché, ma tentare non nuoceva.
L'unica soluzione a cui arrivó, fu distrarsi con della buona musica.
Di quella dai ritmi forti, arrabbiati e le parole così dannatamente malinconiche e vere.
Odiava tanto le canzoni prettamente depresse quanto felici, era dell'idea che l'animo umano fosse troppo complicato per essere catalogato in una o nell'altra sezione. Ed era repellente al jazz senza ombra di dubbio, troppo disordine e frivolezze. A lui servivano certezze, sicurezze che nessuno riusciva più a dargli. 
Inizió così in compagnia del caro e buon vecchio Davide Bowie con 5 years. Nella sua voce graffiante, in quelle sue note strozzate e nelle parole urlate, riusciva finalmente a trovare sfogo per la sua anima.
Le canzoni che seguirono non se le ricordò perché, come gli accadeva già da qualche tempo, si addormentò con le cuffiette nelle orecchie e i giri di chitarra nella testa.
Al suo risveglio la luce era diversa, più satura di colore, ma meno intensa, erano probabilmente le cinque e nel giro di un'ora e mezza il sole sarebbe tramontato.
Non si ricordava bene che giorno fosse, probabilmente per l'indomani c'era qualche compito da fare, ma lì per lì non aveva proprio la concentrazione necessaria per obbligare la propria mente a svolgere infiniti calcoli o districare complicati problemi di fisica.
Sentì il repellente bisogno di respirare, come se l'aria della sua camera non avesse più ossigeno perché stato interamente mangiato dai suoi pensieri e dai suoi perché senza risposta.
Aprì velocemente la porta, si mise le scarpe ai piedi e senza dir niente a nessuno prese la strada che lo avrebbe condotto alla campagna.
Aprile lo colpì come solo quel mese sapeva fare, con quella sua atmosfera frizzante che preannuncia l'estate, ma che porta con sé sempre quel retrogusto di pioggia.
Indossava solo una larga felpa grigia e un paio di jeans larghi un po' logorati dal tempo, ma a lui non importava. Anzi a lui non importava proprio della moda, del modo di vestirsi, come di tanti altri bizzarri comportamenti dell'essere umano, trovava il fatto di seguire uno stile dettato da qualcun altro davvero umiliante e degradante per la fantasia umana.
Senza accorgersene i suoi piedi iniziarono a calpestare un terreno brullo e l'aria si fece più pungente a causa della grande presenza di vegetazione.
Non sapeva dove stesse andando, aveva lasciato anche a casa il telefono e non indossava orologi quindi si sarebbe basato sul percorso del sole per decidere il momento di tornare a casa.
A un certo punto il suo sguardo vagabondo cascó per caso, o meglio destino anche se ancora non poteva saperlo, sul bosco di pioppi al terminar del canale che costeggiava la stradina che stava seguendo. 
Era sempre stato attratto da quel boschetto, ma non aveva mai avuto nè l'occasione, se mai ci voglia davvero un'occasione, nè il coraggio, ammettendo che ce ne sia bisogno, per andarlo ad esplorare.
Armato della determinazione di chi non ha nulla da perdere, lasció lo stradello sterrato per inoltrarsi nell'erba verde, alta fino a metà polpaccio, con lo sguardo fisso su quegli alberi che prendevano sempre più dettagli mano a mano che si avvicinava.
Alle porte del boschetto si bloccó e rimase ad osservare.
Il canalino faceva una curva proprio in quel punto e lo scroscio dell'acqua si amlgamava con il fruscio delle fronde e il cinguettio stonato di qualche passero. Il colore verde predominava su tutto, se non per qualche macchiolina colorata di qualche fragile fiore di campo e qualche insetto si librava dell'erba verso chissà dove.
Tutto d'un tratto si sentì finalmente in pace con il mondo, come se in quel luogo incontaminato non vi fosse nemmeno il tempo e per qualche secondo si illuse per davvero che la vita fosse tutto un inganno e che da quel momento in poi avrebbe continuato a vivere lì, in solitudine con la natura.
Ma come già saltato fuori in precedenza, non aveva fatto i conti con il destino, di cui il ragazzo tentava in tutti i modi di non credere alla sua esistenza.
"Fermo lì. "
Furono due parole che distrussero l'idillio, la perfezione di quel luogo e il suo rumoroso silenzio.
Pregò di averle sentite solo nella sua testa, che non ci fosse davvero qualcun altro assieme a lui e che tutto sarebbe tornato come nel suo bellissimo sogno ad occhi aperti.
Invece ecco lì una testolina di capelli castani tutti arruffati che spuntava all'inizio del piccolo argine del canale.
In un baleno quella strana figura si issó sui gomiti e corse quasi a quattro zampe verso il ragazzo che sbigottito dalla scena non si mosse di un centimetro. 
Quella strana creatura raccolse ai suoi piedi un qualcosa che assomigliava ad una cartina di plastica, era traslucida dalle sfumature verdastre e sembrava quasi avere delle squame..
"Proprio quello che mi serviva."
Sorrise quello strano personaggio senza badare minimamente alla presenza di un suo simile proprio lì vicino.
Alzò lo sguardo.
"Spero che anche tu non sia un cacciatore di pelli di serpenti."
Il ragazzo strabuzzó gli occhi, un cosa sarebbe dovuto essere?
"Dalla tua faccia direi proprio di no, meglio così, più segreti per me."
Si alzó in piedi e finalmente si guardarono in faccia.
Si scoprì essere una ragazza lo strano interlocutore del nostro sventurato.  Era bassina e aveva gli occhi di chi viveva in un altro mondo.
"Perché cacci pelle di serpenti?"
Riuscì a balbettare.
Lei sogghignó e scosse la testa, come se le avessero fatto la domanda più stupida del mondo: "per darle ad altri serpenti no? Così loro mi riveleranno un po' della loro conoscenza. Sono creature scaltre i serpenti, non danno niente se prima non ricevono qualcosa in cambio.  Ma sono così affascinanti e intelligenti che passerei notte intere a cercare i miei tesori per avere risposte a tutte le mie domande... anzi a volte ho davvero fatto le notti, tutte le cose magiche risplendono sotto la luna."
"La magia non esiste."
Sputó acido lui, lo sapeva bene, se fosse esistita chi amava adesso sarebbe ancora lì con lui.
"Mi fanno tristezza gli uomini come te, legati alla superficie dell'alternarsi del tempo e dei giorni."
"Ti faccio tristezza perché sono triste."
Rispose a tono.
"Oh no, io ho incontrato tante persone tristi nella vita e nessuna assomigliava a te."
Il ragazzo non credeva alle sue orecchie, nessun altro poteva avere più diritti di lui nell'essere disperato.
"Tu non mi conosci affatto e stai insinuando che io in realtà non sarei triste?"
"Per niente."
"E sentiamo su, cosa serve per essere tristi secondo te?"
La ragazza rise:"non devi chiederlo a me, ma ai serpenti."
E detto questo si voltó per tornare al limitare del terreno prima che si aprisse sotto il flusso d'acqua.
"I serpenti non parlano." Sbuffò, stanco di star parlando con una fuori di testa.
"Solo se ti presenti a mani vuote, hai tante domande nella tua testa, sai? Scegliene una per domani, il contratto è semplice, una pelle per una risposta."
Poi la ragazza si lasciò andare in mezzo alle piante alte a bordo del canale sparendo alla sua vista.

Piccoli attimi d'emozioni perduteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora