"Lasciarsi è tutto quanto sappiamo del paradiso e quanto ci basta dell'inferno."
-Emily Dickinson
-Apri la porta...- la voce del ragazzo era cambiata. Il solito tono perentorio e autoritario aveva lasciato il posto ad un tenero sussurro. Rendeva quella frase, da lui ormai ripetuta fino alla nausea, un invito alquanto rassicurante.
Ma per Dylan non faceva alcuna differenza. A lei semplicemente non importava, neppure le sentiva le sue suppliche. Aveva indubbiamente altre cose e molto più importanti di cui occuparsi.
Stava in piedi, davanti l'enorme specchiera della loro stanza da bagno privata, a guardare la propria immagine riflessa. Si toccava il volto nei punti in cui appariva gonfio e livido. Le guance rosse per via degli schiaffi ricevuti, gli innumerevoli graffi, l'occhio violaceo che apriva e chiudeva a fatica. Come aveva potuto farle questo?
Con il dorso della mano la ragazza si pulì qualche goccia densa e rossa che le stava scivolando lungo il mento. Aveva il labbro rotto e sanguinante. Mugolò per il dolore.
Certo, da quando stava con Syn c'era abituata ai suoi attacchi d'ira, specie quando finiva per ubriacarsi con gli amici. Però ora era davvero troppo: erano caduti in un circolo vizioso, in una spirale di insensata violenza che avrebbe solo finito per uccidere Dylan. E lei lo sapeva. Le previsioni non potevano essere rosee.
-Allora, ti decidi ad aprire?! Muoviti, mi sto stancando!- Brian sbatté energicamente e più volte il palmo della mano sulla porta, gridando con tutta la voce che aveva.
Ecco, ci risiamo, pensò. Synyster s'era nuovamente spazientito, e sarebbe stato pronto a dargliele di nuovo se lei non avesse fatto come lui chiedeva. Così, anche se a malincuore, Dylan fu costretta a girare la chiave nella serratura e lasciare che il ragazzo entrasse.
-Finalmente... !- commentò lui con fare ironico, mentre con la calma che lo contraddistingueva andò a sedersi sul bordo della vasca da bagno. Dylan non lo guardò neppure in viso, si limitò a tenere gli occhi bassi e stare in silenzio.
Le era sempre piaciuto quel suo modo di fare, quel menefreghismo. Synyster Gates, l'uomo cui non importava niente di nessuno, quello che faceva sempre e soltanto le cose che gli andavano e quando e come decideva lui. Uno strafottente di prima categoria.
In fin dei conti, perché non avrebbe dovuto esserlo? Poteva decisamente permetterselo! Brian era un ragazzo straordinario, baciato dalla fortuna da ancora prima che nascesse: essendo figlio di un personaggio del mondo dello spettacolo, era cresciuto in un contesto particolare, fatto di case di lusso, denaro in abbondanza ed eccessi.
Ma soprattutto, da sempre gli era stata inculcata l'errata convinzione che potesse sempre ottenere tutto ciò che desiderava. Bastava che lui schioccasse le dita, e subito c'era qualcuno pronto a servirlo e riverirlo.
Tutto ciò, oltre ad averlo reso incredibilmente maleducato, pretenzioso e prepotente, gli aveva però anche dato una grande autostima. E proprio grazie a questa, fin dalla più tenera età, era sempre stato in grado d'eccellere in ogni cosa che faceva.
Brian amava particolarmente la musica ed era bravissimo a suonare la chitarra. Nessuno muoveva le dita più in fretta di lui sulla tastiera dello strumento. Questo era dovuto in gran parte alla fiducia che riponeva in se stesso e nelle proprie capacità, oltre che all'impegno e alle innumerevoli ore passate a fare pratica da solo e con gli amici. Perché per la sua mentalità era ovvio che sarebbe riuscito a fare cose straordinarie in campo musicale. D'altronde, lui ci teneva. Lui lo voleva.
Comunque, le sue previsioni sul proprio futuro non si rivelarono sbagliate in quanto entrò presto a far parte di una nuova band Metal/Hardcore e, in breve tempo, lui e i suoi compagni divennero famosi in tutto il mondo, oltre che ricchissimi.
E Dylan... che dire di lei? Lei che era stata fan della band sin dagli esordi, lei che conosceva a memoria ogni più piccolo avvenimento della vita dei suoi musicisti preferiti, lei che aveva tanto atteso di andare ad un concerto degli Avenged Sevenfold, lei che avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di conoscere quei band members, soprattutto Synyster... lei, semplicemente una fan come tutte le altre, una ragazzina senza arte né parte che, per qualche strano scherzo del destino, era stata in grado d'ottenere dei pass per il backstage dopo un concerto della band. E che poi, come nei migliori romanzi d'amore, era stata in grado di conquistare il chitarrista con la sua timidezza, la sua goffaggine e un sorriso a tratti spaventato. Chi era lei?
Dylan non aveva una gran considerazione di se... si vedeva solo come "una delle tante", una persona senza chissà quale importanza. L' unica cosa che amava della propria vita era la sua fortuna, quella che un bel giorno l'aveva portata a conoscere dal vero il suo idolo. Non si rendeva conto che quello veramente fortunato lì era soltanto Syn.
Infatti, dato che le cose belle durano sempre poco e la vita non è una fiaba con principesse e cavalieri (e neanche lieto fine), la giovane fan s'era presto ritrovata a fare i conti con la dura realtà delle cose. Entrando a far parte del mondo di Brian, si accorse di quanti problemi egli avesse, e anche dei suoi difetti.
Gli Avenged Sevenfold erano cinque giovani musicisti consapevoli della propria fama, bellezza e talento, con troppo denaro e molti fans al seguito, il tutto mischiato ad una gran voglia di divertirsi e un inesistente buon senso. Questo era decisamente un mix pericoloso, soprattutto se sommato all'alcolismo di Brian e alla sua dipendenza dalla droga.
-Dovresti ringraziarmi, lo sai? Sono stato fin troppo buono, visto come ti sei comportata...- borbottò Brian, mentre con una mano afferrò il polso della ragazza. La attirò tra le sue braccia, costringendola poi a sedersi sulle sue gambe. Voleva testare la sua reazione.
Dylan non rispose. Cosa avrebbe potuto dire? Quella sera il suo unico errore era stato quello di aver ballato con un ragazzo ad una festa. A lungo quello aveva continuato ad invitarla sulla pista. I suoi modi erano gentili, raffinati... non avevano nulla a che vedere con Syn. Perciò lei alla fine si era lasciata tentare, arrivando ad accettare la proposta.
Quando il musicista era tornato al tavolo e l'aveva trovato vuoto non aveva potuto fare altro che impazzire di gelosia. Ma cosa pensava? Credeva davvero che lasciare la sua ragazza lì da sola, triste e scontenta mentre lui era da qualche parte ad ubriacarsi con i suoi quattro amici potesse essere una buona idea?
Per sua sfortuna, nonostante la bassa autostima, Dylan non si era mai vista come un giocattolo. E non voleva diventarlo, né per Brian né per nessun altro.
-Era proprio necessario fare del male anche a Jamie?- La giovane si fece coraggio. Domandò ciò che si era chiesta incessantemente nel corso delle ultime ore. Intanto cercava di non appoggiarsi troppo a Brian. La vicinanza con il suo corpo la faceva rabbrividire, provava ribrezzo.
-Poteva non esserlo? D'altronde è stato lui ad invitarti a ballare. O sbaglio?- la voce di Synyster era piuttosto calcata, soprattutto sull'ultima frase.
-Ti ha infastidita... non avrebbe dovuto.- continuò poi. Anche solo ricordare gli avvenimenti della serata faceva venire i nervi a fior di pelle al ragazzo.
-E sentiamo, secondo l'ottica di chi io sarei stata infastidita dalle sue attenzioni?! Lui almeno c'era! Non ha passato la serata con dei coglioni, a bere fino a stare male. Jamie era al mio fianco. Tu no, Brian!- per la prima volta da quando avevano iniziato la loro relazione, lei alzò la voce. Spinse violentemente via il suo ragazzo, colpendolo sul petto.
Copiose lacrime ripresero a cadere lungo il viso di Dylan, fino al mento. Ma lui non meritava di vederla piangere, non poteva nuovamente avere la soddisfazione di saperla ridotta così e di sentirsi l'artefice di tutto ciò. No, non anche questa volta...
Mentre ancora Syn non si era del tutto reso conto di quello che era appena successo, la giovane scappò via.
Chi si sarebbe aspettato un simile comportamento? Non era da lei un gesto simile. Non aveva mai avuto il coraggio di rivoltarsi contro di lui.
Una sensazione di freddo gelido attanagliò Brian nel momento stesso in cui vide colei che tanto amava sparire nel corridoio. Per la prima volta si sentì vuoto. Era spaventato.
-Dylan ... dove vai?!- gridò lui. Si alzò in fretta, iniziando a seguirla. Corse dietro di lei, più veloce che poteva.
STAI LEGGENDO
I don't believe in fairy tales. // Avenged Sevenfold
FanfictionLe relazioni non sono mai rose e fiori. Dylan l'ha imparato a sue spese. Il suo principe azzurro non esiste. DAL TESTO: Con il dorso della mano la ragazza si pulì qualche goccia densa e rossa che le stava scivolando lungo il mento. Aveva il labbro r...