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Era una pigra giornata di Maggio.

Ero stesa sul mio letto, come al solito e leggevo un altro libro della mia raccolta. Una raccolta di libri fantasy come, ad esempio, i libri di Harry Potter o Hunger Games.

Mi squilla il cellulare.
È un'ennesima chiamata della mia amica Jain che cerca di risollevarmi il morale. Ma non c'è niente che può aiutarmi con uno stupido cancro allo stomaco se non quelle pillole che mi hanno fatto arrivare sino ad oggi.

Rifiuto la sua terza chiamata e mi alzo dal letto per vestirmi.
Una semplice maglietta bianca con una stampa nera e dei jeans blu chiari.

Mi guardo allo specchio e cerco di aggiustarmi i capelli ma niente da fare, ho fatto così tante chemio che i miei capelli restarono corti a vita.

La dottoressa Stone mi disse che ero bella anche così ma questo non migliorava nulla.

L'unica cosa che potevo farci era tingerli, ciò mi portò a farli blu il ché era tremendamente bello, così non cambiai colore.

Prima di uscire dalla mia stanza tappezzata di stelle, prendo al volo la mia borsa marrore, un marrone consumato, dopo un po' di anni che la uso per scopi più che altro "fisici" poiché ho sempre messo medicinali, phaf e pillole.

<Gwen> grida leggermente mia madre, una donna abbastanza forte da sopportare sia la perdita di mio padre e sia il mio tumore.
<Scendi, dobbiamo andare> continua lei.

La dottoressa Stone mi disse di partecipare ad un gruppo, non proprio di supporto ma per me lo era ed io dovevo parteciparvi per distaccarmi dalla mia vita monotona in casa.

Scendo le scale che portano dal salotto alla camera e le scendo velocemente fino ad attraversare la porta principale di casa e raggiungere la macchina di mia madre.

<Come stai?> Mi chiede allegramente.
<Bene, sto bene> dico in risposta ma è ovvio che non sto bene.

Accende la macchina e partiamo.

<Hai fatto amicizia con qualcuno?> Apre la conversazione.
<Mamma...non è da molto che vado> le dico
<Cosa c'entra? Si fanno gli amici anche dal primo giorno>
<Beh, qualcuno, ma non mi servono>
<Va bene, se è meglio per te> mi dice preoccupata.

La macchina entra nel cancello di una piccola chiesetta.
Saluto mia madre ed esco dalla macchina per raggiungere l'ingresso sulla seconda porta della chiesa dove eravamo seduti per raccontare le nostre storie e per pregare per le vittime del tumore.

Attraverso la strada piena di sassolini che mi divideva dall'ingresso e appena metto il piede dentro mi viene incontro Clark, un ragazzo abbastanza simpatico, bruno e riccio, goffo e di media altezza, ma con un tumore all'olfatto.
Beh, tutti qui hanno un tumore. Il ché non è bellissima come cosa.

Ci sono sia tumori che malattie, altri vengono solo per raccontare la loro storia all'infinito e darci la forza di continuare. Cazzate. Niente mi avrebbe dato la forza di continuare questa vita che sembra abbia già deciso il mio destino.

<Ciao Gwen!> Mi dice e subito dopo mi stringe la mano.
<Hey, ciao Clark> lo saluto.
<Oggi non restiamo dentro>
<Perché?> Chiedo.
<Beh, staremo nel giardino di dietro a pregare>
<Uh, non cambia nulla, resterà sempre una cosa noiosa>
<Direi> e ridiamo insieme

Andiamo fuori, dove si intravedevano 2 file di sedie da venti. Alcuni posti erano già occupati da altri ragazzi e ragazze che conoscevo solo di vista.

Prendo posto nella seconda fila a destra, decima sedia, e mi ci siedo aspettando che finalmente tutti avessero preso il loro posto.

Vicino a me si siede una ragazza dai capelli neri e lunghi di nome Sam. Ci salutiamo e parliamo di qualcosa per occupare il tempo libero.

Mentre ascolto le parole di questa ragazza così chiacchierona, il mio sguardo si sposta su un ragazzo seduto dietro di me alla ventesima sedia.

Capelli biondo cenere, occhi color nocciola, alto, magro, mascella scolpita e sguardo fisso sul suo palmare.

Stacco il mio sguardo quando i suoi occhi incontrano i miei.

"Cosa mi prende?" Mi chiedo è i miei pensieri vengono interrotti da lui.

Questo ragazzo biondo che si alza e va a sedersi alla diciannovesima sedia davanti a me.

Si siede.
Si gira.
Mi guarda.

Ed io lo guardo.

Mi attira così tanto il suo sguardo e non l'ho mai visto da queste parti, in 17 anni di vita qui in South Carolina, non ho mai visto questo ragazzo. Il ché era strano, eppure è qui, di fronte a me che si dondola sulla sedia e mi guarda quando ormai la messa è iniziata.

<Gwen> mi sussurra Sam
<sbaglio o quel ragazzo ti sta guardando più volte?>
<Non ti sbagli> le dico.
<Bello eh?> Mi guarda appena finisce la frase.
<Si..bello>
Sam mi guarda ancora alzando il sopracciglio sinistro. Allora mi correggo e gli dico<Vai piano... è solo bello, niente di particolare e poi non gli piaccio, sicuro>
Alza gli occhi al cielo e gira lo sguardo per fermarlo all'altare.

La messa continua, o almeno credo poiché non ci presto attenzione e neanche lui. Così credo, visto che più volte gira la testa.

Mi guarda ancora. E ancora. E ancora. E Dio, ha uno sguardo così intenso ma è solo un fatto estetico, penso, io non lo conosco, penso.

Il tempo passava lentamente mentre i nostri sguardi si incontravano fugaci, rapiti da quel momento.

Mi domando il perché guarda me. "Cosa sono? Una bella ragazza?" Rido in silenzio per il mio commento rude su di me. Ho veramente poca autostima per pensare questo. Colgo un altro suo sguardo mentre la voglia di prestare attenzione alla piccola messa diminuisce.

I suoi sguardi sono freddi, solo degli sguardi fissi che non lasciano capire il loro messaggio.

Fino a quando, si gira ancora per incontrare contemporaneamente i miei occhi e fermare il tempo intorno a noi.

Mi guarda e...mi sorride dolcemente.

Sentivo sensazioni nuove e meravigliose. Ero catapultata in un'altra realtà, con brividi e fiamme che riscaldavano il mio cuore.

Mi sveglio dal mio paradiso e gli sorrido in risposta arrossendo.


Anche le Stelle vanno in ParadisoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora