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Quel giorno uscii prima da scuola. Era il mio primo giorno di lavoro e non volevo arrivare in ritardo. Entrai titubante. Il bar era vuoto. Mi infilai dietro al bancone e guardai ogni cosa con attenzione per memorizzare la posizione degli oggetti. Soprattutto perchè non eroo molto ordinaata e non volevo fare brutta figura il mio primo giorno. Mia madre mi sgridava sempre: "se non metti nemmeno a posto camera tua come pensi di fare da grande?" E io rispondevo sempre che con gli aaltri sarei stata perfetta, solo che con il tempo il mio disordine prese il comando della mia vita, quindi dovevo fare attenzione o mi sarei giocata il posto di lavoro. Ad un tratto sentii un urlo acuto e un rumore di vetro rotto dietro di me. Mi girai di scatto e vidi una figura abbastanza bassa e con gli occhiali che sussurrava scuse una dietro l'altra nentre raccoglieva le tazzine rotte. Doveva avere la mia età e una sfrenata passione per i videogiocgi, dato che ogni dieci secondi gli arrivava una notifoca da un gioco sul telefono, che teneva in una posizione strategica nella tasca porteriore dei jeans.
Mi guardò e diventò paonazzo. Dovevo fare la cattiva ragazza e farmi valere. "Ah, eh... tu saresti?!" Non avevo iniziato molto bene... "Al". "cioè, al tipo «vado AL bagno»?" Di male in peggio... "no, Al come «ciao, io sono Al»" sembraava confuso. Ci fú un momento di silenzio, dopodichè superò l'imbarazzo e iniziò a spiegarmi le basi per il nuovo lavoro. Doveva lavoraare lí da molto, perchè conosceva tutto aa memoria e mi insegnò anche dei trucchi per gestire meglio gli ordini. Mi raccontò che quando era piccolo sua madre sparí e lasciò lui e suo fratello di diciassette anni con il padre alcolizzato. Appena suo fratello divenne maggiorenne mandò il padre in un istituto e grazie al suo lavorò riuscí a prendersi cura del fratello di dieci anni. Mi disse che non vedeva il padre da quel giorno, ma che non gli mancava affatto. Non si era mai comportato effettivamente come tale. Finita la giornata mi offrí una cena veloce in un fast food, e a dirla tutta, non ero mai stata cosí felice, dopo la tragedia. Il giorno dopo era sabato e la mattina avevo il turno al lavoro con Al. Il bar era chiuso. Entrai. Al doveva essere in ritardo, perciò mi sedetti su una panca ad ascoltare la musica. Dopo dieci minuti ancora niente. Che avessi sbagliato orario? Presi il telefono dalla tasca e staccai le cuffiette. Dieci messaggi. «dove sei?!» «il capo è arrabbiato!» «dovevi essere qua venti minuti fa!». Ero confusa. Provai a chiamarlo e la terz volta finalmente rispose. C'era la musica a palla di sottofondo, e si sentivano urla e schiamazzi. Una discoteca? Mi ero persa qualcosa? Senza nemneno darmi il tempo di salutarlo iniziò a sbraitare parolacce e insulti al microfono del cellulare. Quando riuscii a calmarlo mi spiegò la situazione. Disse che mi aveva avvertito del fatto che oggi avremmo dovuto fare servizio ad una festa, iniziata mezzora prima, ma io ero troppo presa dallo scacciasogni rumoroso appeso alla porta, per prestare attenzione. A quanto pare mi ero giocata il posto di lavoro il secondo giorno. Mi disse di raggiungerlo e mi diede l'indirizzo. Dopo quasi venti minuti di fermate del pullman finalmente arrivai davanti a un pub molto rumoroso di cui avevo gia sentito il nome. Entrai e un'onda di profumi, alcool e musica. Con un pò di difficoltà trovai Al, al bancone del cibo e iniziammo a parlare, a servire e a mangiare e bere di nascosto. Ci divertimmo tantissimo. Dopodichè successe l'impensabile.

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