Ma ognuno gioca le sue carte come meglio crede.

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Qualcuno mi stava seguendo.
Sentivo chiaramente i passi dietro di me ed erano decisamente troppo vicini.
Sapevo chi era e mi stavo seriamente trattenendo da mandare a quel paese anche lui.
"Carter!" Mi fermai di colpo.
I passi si bloccarono appena dietro di me e così mi girai lentamente preparando bene lo sguardo più truce che potessi fare così da fargli capire che non lo volevo in mezzo ai piedi.
Non appena i miei occhi incrociarono i suoi, un brivido mi percorse lungo la schiena, nonostante non lo sopportassi mi resi conto che era un gran bel pezzo di ragazzo.
No Maggie, contieniti.
"Si può sapere perché mi segui?" Continuai io incenerendolo con lo sguardo.
"Per prima cosa, io non ti stavo seguendo, stavo solo controllando che arrivassi a casa sana e salva dato che è tardi e non volevo che ti succedesse qualcosa."
Sbuffai, scherzava vero?
Mica avevo bisogno della guardia del corpo!
"E secondo?" Gli chiesi scocciata.
"Secondo, volevo anche vedere se stessi bene, ti ho vista piangere e così... Ehm... Ho pensato che..." Fece una pausa e dopo riaprì la bocca nel tentativo di continuare quello che stava dicendo ma lo bloccai prima che cominciasse.
"Hai pensato che avessi bisogno di qualcuno con cui sfogarmi! Beh, grazie ma non sono una ragazzina indifesa a cui serve la spalla su cui piangere quando succedono le cose brutte! Che tu lo voglia o no succedono a tutti e devi metterti in testa che io non ho bisogno di te!" Gli stavo urlando contro e mi ero ritrovata a sbattere i pugni sul suo petto senza nemmeno accorgermene, eppure lui non si era mosso di una virgola.
Improvvisamente scoppiai a piangere, in un pianto più che altro disperato e mi accasciai lentamente al suolo, il marciapiede era umido e freddo ma sinceramente poco me ne importava in quel momento.
"Santo cielo! Perché diamine sei ancora qui? Lasciami sola!" Urlai ancora contro il ragazzo che ormai mi guardava dall'alto senza dire una parola.
Gli facevo pena. Sicuramente.
Spostai il mio sguardo sul suo fisico asciutto e slanciato e contro ogni mia aspettativa notai che si stava mettendo a sedere accanto a me.
Perché ancora non se n'era andato via?
Le poche persone che a quell'ora passavano sul marciapiede ci guardavano stranite. Io continuavo a piangere e urlare cose senza senso contro Carter, mentre lui se ne stava zitto e buono guardando davanti a sé nella speranza che finissi, prima o poi.
Non ci misi molto a finire le lacrime e lui se ne accorse non appena non mi sentì più singhiozzare.
"Ti accompagno a casa." Furono le uniche parole che uscirono dalla sua bocca e non accennò a voler dire altro.
Dì qualcosa.
Avrebbe potuto dire qualsiasi cosa e ovviamente sarebbe stata meglio dell'imbarazzante silenzio che si creò tra di noi, anche se lui sembrava del tutto calmo.
Si alzò per primo e una volta che fu davanti a me, mi tese una mano, che non rifiutai, e mi alzai da terra anch'io.
Come promesso, il ragazzo mi accompagnò fino al portone di casa, ovviamente, non osò aprire bocca...
Cosa avrei potuto dire?
Perché non volevo che mi lasciasse sola? Con lui accanto mi sentivo più tranquilla, del resto, sapevo che se avessi varcato di nuovo la soglia di casa, una miriade di problemi mi sarebbe crollata addosso.
E no, da sola non avrei davvero potuto farcela. Prima avevo Hayes, ma adesso?
"Io... Ehm..." Cercai di parlare ma il mio balbettio gli fece solo spuntare un sorrisetto sul viso. Sentivo le guance diventare sempre più calde e ci avrei scommesso tutto che in quel momento ero rossa come un peperone. Ma fanculo, del resto a quel ragazzo avevo appena mostrato il mio lato peggiore e lui era ancora lì con me, cosa avevo da vergognarmi?
"Vuoi entrare?" Dissi tutto di getto e lui non fece altro che sorridere di più.
Ma davvero?!
"Tu sai che ore sono?"
Portai lo sguardo sull'orologio attorno al mio polso e quasi non mi venne un colpo quando lessi che mancava un quarto a l'una. E potevo giurare di essere uscita di casa per andare da Hayes verso le dieci... Quanto tempo avevo passato a piangere su quello stupido marciapiede?
"Non ci avevo fatto caso..." Sospirai "...Ci si vede." Aprii la porta e feci per richiuderla dietro di me, quando qualcosa la bloccò.
"Veramente, se non disturbo, mi piacerebbe entrare..." Adesso quello in imbarazzo era lui: le sue guance si tinsero di rosa, non tanto quanto le mie, però almeno eravamo pari.
Aprii di più la porta in modo che passasse e non se lo fece ripetere due volte prima di entrare.
Ed eccola lì, proprio come immaginavo, l'espressione di stupore che si era dipinta sul suo viso mi era fin troppo familiare, eppure era la reazione che avevano tutti non appena mettevano piede in casa mia.
Casa... Assomigliava più ad una reggia in realtà, ma dettagli.
"Chiudi la bocca che entrano le mosche" Passai accanto al ragazzo, che, dopo essere stato ammonito, fece un'espressione corrucciata che scacciò via in poco tempo, e mi seguì su per le scale.
"Fa' piano, non vorrei che si svegliasse mia madre."
E lui fece esattamente come gli dissi, sembrava come se tenesse sempre ad ogni cosa che faceva. Ci metteva tutto sé stesso per far bene qualcosa, o almeno ci provava.
Una bella persona, decisamente. Eppure il mio giudizio valeva ben poco dato che lo conoscevo da nemmeno quattro giorni.
Sorrisi, ripensando all'aereo. Nonostante mi avesse dato un fastidio terribile stare seduta in quel seggiolino accanto a lui, quel giorno sarebbe stato per sempre impresso nella mia mente, tra i miei ricordi.
Di nuovo, l'espressione stupita si fece largo sul suo volto, non appena varcò la soglia della porta di camera mia, ma questa volta si ricompose da solo, senza il bisogno che glielo ricordassi io.
"Posso sapere una cosa?" Le sue parole spezzarono il silenzio che si era, nuovamente, creato tra noi e come se nulla fosse si accomodò sul mio letto.
Prego, fa' pure.
"Dipende."
Ci pensò su un minuto e decise lo stesso di azzardare. Probabilmente sapeva che, no, non avrei mai risposto a quella domanda, ma c'era da aspettarselo che me la ponesse dopo tutto quello che era successo.
Inoltre, che cosa pretendevo? Ero io la stupida che l'aveva fatto entrare in casa mia, ed ero sempre io la stupida che gli aveva mostrato tutte le sue debolezze.
Mi ero tirata la zappa sui piedi.
Non sarebbe dovuto capitare mai più, eppure sentivo ancora il costante bisogno di parlarne con qualcuno, che continuava a premermi dentro.
E con chi potevo parlarne, se non con la persona a cui avevo mostrato il lato più vulnerabile della mia persona?
No, no. Decisamente no, sarebbe stato come un accumulo di debolezze e per lui sarebbe stata un'arma ancora più grande, nel caso che tra le sue intenzioni, ci fosse anche quella di ferirmi.
Un minuto, perché diavolo avrebbe dovuto farlo?
Del resto, non ci si può mai fidare delle persone, anche se Carter non sembrava affatto il tipo. Eppure le persone sanno fingere abbastanza bene nella maggior parte dei casi.
Lo vidi prendere un respiro, prima di pronunciare quelle parole. Sapeva esattamente che era una nota dolente per me, quell'argomento, ma nonostante ciò lui stava azzardando.
Metteva a repentaglio quel poco di sicurezza che gli era rimasta con me. Ma ognuno gioca le sue carte come meglio crede e chi ero io, per impedirgli di essere accontentato?
"Quindi" disse "cosa è successo tra te e Hayes?"

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Non amo molto fare delle note a fine capitolo, ma questa volta mi sembra indispensabile.
No, non sono scomparsa, solo ho provato a concentrarmi di più su Summer in LA nell'ultimo periodo, per questo, non ho aggiornato questa storia per oltre un mese.
Vorrei anche dire che, no, non scomparirò più per così tanto tempo, ma avverto semplicemente che non ci saranno aggiornamenti molto frequenti. In questi giorni ho veramente parecchio da fare e inoltre il mio umore non è dei migliori, ma questo non è un dettaglio rilevante.
Spero solo che la storia continui a piacere nonostante le mie assenze e, ovviamente, ringrazio di cuore tutti quelli che leggono ancora ciò che scrivo, perché la cosa mi sempre felice.
Un bacio!

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