Capitolo 3

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Nella foto: Dove Cameron come Marie

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Per mia grande fortuna (o sarebbe meglio sfortuna), Alby e Frypan acconsentirono alla richiesta, anche se quest'ultimo con poco entusiasmo.

Poverino, aveva paura che la sua amata cucina venisse rovinata da Marie; ecco perché, nei primi tempi, le fece solo distribuire il cibo vietandole l'accesso alla cucina.

Dopo un paio di settimane, la sua presenza nel regno di pentole e padelle venne accettata da Frypan, che mi raccomandò di non perderla di vista e di assicurarmi che non facesse pasticci.

Beh, non ce n'era bisogno, perché Marie era un'ottima cuoca, si muoveva sui fornelli come in una danza e dai suoi piatti si levavano ottimi profumini.

Anche io non ero male, però lei era meglio. Forse perfino più dello stesso Frypan.

Una sera, Chuckie venne a chiedermi, come al solito, un po' di avanzi per il suo pancino ancora brontolante. Stavo per mettergli nel piatto le mie polpette, che gli piacciono tanto, quando entrò Marie. (Sempre tra i coglioni...)

«Ciao Rosa» e mi fece un veloce sorriso. «Oh, macciao piccolo! Tu devi essere Chuckie! Mi hanno parlato tanto di te!» e volò ad abbracciarlo.

Quasi mi cadde il piatto! Solo io potevo chiamarlo Chuckie, io e nessun altro!

«Piccino, hai fame vero? Guarda a caso mi è avanzata un po'di quella frittatina buona di oggi. Ne vorresti?» e detto questo si avvicinò a una pentola e ne mostrò il contenuto a Chuck. Gli occhi di questo si illuminarono e gli vennero un po' di bave.

Sembrava essersi completamente dimenticato di me.

Ora capisco come faceva, il suo trucco per abbindolare le persone: dava loro esattamente ciò che volevano, a volte anche di più, e in questo modo li stregava.

Il suo piano era ufficialmente cominciato.

Uscii dalla cucina, con quella punta di malessere che entrava sempre più dentro di me. Come al solito, la ignorai.

Il sole era ormai calato e le ombre iniziavano a farsi strada nella Radura.

Puntai dritta verso il boschetto, non mi andava di vedere gli altri, e andai in cerca delle Faccemorte, il luogo in cui erano seppelliti i radurai morti a causa dei dolenti o per suicidio. Camminando tra le lapidi, cercai quella di George e da lì contai tre alberi guardando verso nord. Mi avvicinai alla betulla, in apparenza uguale a tutte le altre, e ne sfiorai il tronco. Era ruvido e duro sotto i polpastrelli.

Quello era l'albero mio e di Newt, il nostro albero. Non lo sapeva nessuno, tranne noi due. Quello che lo rendeva speciale erano le nostre iniziali incise alla base del tronco, sopra la radice a sud.

Appoggiai anche la fronte e chiusi gli occhi, e da quel contatto cercai di percepire la natura, seppur artificiale. Non so per quanto tempo stetti in quella posizione, ma ad un certo punto un fruscio mi fece spalancare gli occhi e mi girai verso gli alberi nascosti dalla semioscurità; non so come, ma nella radura non c'era mai stato il vero buio, da qualche parte c'era sempre una luce.

Feci un sospiro di sollievo quando vidi Newt avvicinarsi. Ci sedemmo vicini su una radice, lui mi circondò le spalle con un braccio e io appoggiai la testa sul suo petto.

«Allora, cosa ne pensi dell'arrivo di Marie?» mi chiese, giocando distrattamente con una ciocca dei miei capelli scuri.

«Penso che il suo arrivo non sia una cosa di cui preoccuparsi. È molto gentile e disponibile. Sembra a posto» e lo pensavo davvero. E mi sbagliavo.

«Bene così» fece un sospiro «avevo paura che fossi gelosa delle attenzioni che tutti le riserviamo. Che io le riservo» effettivamente, passavano molto tempo insieme. «Volevo solo che tu sapessi che né io né gli altri ci siamo dimenticati di te. Il fatto è che questa situazione ci ha scombussolati parecchio, non ci aspettavamo un'altra ragazza. Siamo solo presi dalla novità» e fece un altro sospiro.

«Non ho mai pensato che voi vi foste dimenticati di me» okay, forse qualche volta si... ma non potevo certo dirglielo! «E la sua presenza non mi crea affatto problemi» più o meno... «Puoi passare con lei tutto il tempo che vuoi. Volendo, puoi andare da lei anche adesso» lo dicevo per davvero, ma speravo comunque in una risposta negativa.

«Ma io adesso voglio stare con te, non con lei. A pensarci bene, la sua presenza dopo un po' annoia, invece con te sto sempre bene» nonostante il buio, sono sicura che a quell'affermazione fossimo arrossiti entrambi.

Mi strinse più forte a sé e io chiusi gli occhi, beandomi della protezione che sentivo solo stando tra le sue braccia. Dio, quanto mi manca. Mi manca la sua pelle, il suo profumo, i suoi capelli, le sue labbra. Mi manca lui.

Mi addormentai nel giro di poco.

La mattina seguente mi svegliai nel Casolare, su uno dei pochi letti, sempre tra le sue braccia: doveva avermi portato fino a lì in braccio. Arrossii al pensiero.

Sorrisi, quando vidi il suo braccio circondarmi la vita.

Mi girai il più delicatamente possibile verso di lui, per poterlo guardare in faccia, per imprimermi nella mente ogni tratto del suo viso, ogni singola sfumatura dei suoi capelli.

In quel momento, strinse gli occhi e aggrottò la fronte. Sembrava preoccupato. Improvvisamente, prese ad agitarsi e alcune lacrime gli spuntarono agli angoli degli occhi. Stava avendo un incubo.

Sollevai una mano e la appoggiai sulla sua guancia, avvicinandomi di più a lui. Con quel gesto sembrò calmarsi e serrò la stretta sul mio fianco.

Sollevò lentamente le palpebre e i suoi occhi nocciola incontrarono i miei.

«Rosie...» sussurrò con voce leggermente roca.

«Era un incubo. Ti stavi agitando» e presi ad accarezzargli lo zigomo con il pollice.

«Scusa se ti ho svegliata».

«Ero già sveglia. Devo fare la doccia prima che gli altri si alzino» ma lui non sembrava intenzionato a lasciare la presa. Né io volevo che lo facesse.

Continuavamo a guardarci, ci stavamo perdendo uno negli occhi dell'altra.

Newt cominciò a spostare lentamente il viso verso il mio, senza mai staccare gli occhi dai miei, e io feci lo stesso. Le nostre labbra ormai si stavano quasi per sfiorare, quando qualcuno bussò piano alla porta.

Ci staccammo immediatamente, arrossendo di botto, e scattai in piedi.

Una massa si capelli biondi fece capolino dalla porta.

Marie.

«Buongiorno Newt. Buongiorno Rosa» anche quando sussurrava la sua voce era fastidiosa. «Spero di non avervi disturbati».

Entrambi scuotemmo velocemente la testa, arrossendo ancora di più.

«Bene... Devo fare la doccia e mi chiedevo se a Rosa andasse di accompagnarmi» disse con un sorriso.

Scambiai un'occhiata veloce con Newt.

«Certo, tanto stavo per andare anche io» le risposi sorridendo a mia volta.

Mi diressi verso la porta e quando, una volta uscita, mi girai per chiuderla, cercai ancora una volta gli occhi di Newt.

L'ultima cosa che vidi prima di chiuderla del tutto, fu il suo sorriso.


   ▪ ANGOLO AUTRICE ▪ 

Buon salve, scusate se ho tardato un po' a pubblicare ma ho davvero avuto pochissimo tempo.

Chiedo scusa se ci sono errori e come sempre se avete consigli da darmi li ascolterò volentieri.

Spero che il capitolo vi piaccia, il prossimo cerco di pubblicarlo in tempo :)



The Thief | NewtDove le storie prendono vita. Scoprilo ora