5 - Tokyo City Blues

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La coscienza tornò a poco a poco. Per prima cosa, Miharu udì il bip elettronico del saturimetro, che misurava le sue pulsazioni e la saturazione dell'ossigeno nel sangue. Poi aprì gli occhi e, dopo un momento, mise a fuoco il soffitto bianco della stanza d'ospedale in cui giaceva.  Quindi avvertì il contatto discreto della mascherina per l'ossigeno sul volto. Infine tornò cosciente della fisicità del proprio corpo, adagiato sul letto, con un catetere venoso installato nella mano sinistra per nutrirlo tramite fleboclisi. Non era più coscienza distaccata dal corpo, un aggregato di impulsi bioelettrici in forma di dati.

Con cautela, mosse braccia e gambe per assicurarsi di averne la facoltà, quindi, non senza fatica, si tirò a sedere sul letto, portando le ginocchia al petto per controbilanciare il peso del corpo. Osservò le proprie mani, si tastò il volto. Concluse che non aveva subito danni permanenti, non a livello visibile, ma un capogiro e un'ondata di nausea gli ricordarono gli effetti dell'esposizione alle radiazioni cosmiche e a quelle emesse dai detriti della colonia. Si distese di nuovo, lasciando che il flusso d'ossigeno lo aiutasse a regolarizzare il respiro e le pulsazioni del cuore.

Attivò il cicalino e giunsero un medico e un'infermiera. Mentre il medico studiava i dati riportati sullo schermo olografico incassato nella testiera del letto, l'infermiera aiutò Miharu a mettersi seduto e gli porse un bicchiere d'acqua con una cannuccia perché potesse rinfrescarsi la gola.

Congedata l'infermiera, il medico spiegò a Miharu il suo quadro clinico.

"Mi è stato chiesto di farti trasferire in un'altra struttura appena ti fossi risvegliato dal coma. Ti manderò un'infermiera che ti aiuterà a prepararti per il trasferimento. I tuoi dati saranno già stati comunicati al medico che ti avrà in carica nell'altra struttura quando arriverai." Esitò. "Buona fortuna."

Miharu lo fermò sulla porta.

"Aspetti! Mia sorella - posso vederla? Sta bene?"

Il medico parlò dandogli le spalle.

"Tua sorella è stata trasferita in un'altra struttura. È stabile, ma no, non credo che tu possa vederla per il momento."

Si congedò. Dopo qualche minuto tornò l'infermiera con un cambio di biancheria e vestiti e le sue medicine.

Amber si tolse i vGlass e li appoggiò sul comodino, prima di lasciarsi cadere sul letto con un sospiro. Aveva trascorso le ultime due settimane dentro e fuori gli uffici di tutte le autorità federali presenti sul pianeta, facendosi fare il terzo grado, rispondendo a una marea di domande e cercando di rimediare al pasticcio di Jupiter One senza danneggiare gli interessi sia della Horizon sia della Federazione.

Quando con la Gae Bolg avevano attraccato al porto orbitale terrestre, una gigantesca struttura a doppio anello che fungeva da attracco per le navi militari, mercantili e passeggeri e da collegamento con la superficie, tramite il laccio dell'ascensore orbitale, una pattuglia di federali armati fino ai denti aveva preso il controllo della nave, arrestato l'equipaggio, posto gli impiegati della Horizon agli arresti domiciliari nei loro alloggi e sequestrato i 20 bambini prestrutturati, della cui sorte Amber non era mai stata informata. Immaginava che li avessero rinchiusi in un qualche laboratorio per studiarli.

Lei e Zephyr erano stati arrestati e 'accompagnati' sulla Terra, dove l'ufficiale federale incaricato di sorvegliarli li aveva 'accomodati' in un lussuoso hotel di San Francisco, in stanze separate. Anche gli interrogatori si erano svolti separatamente. Finito il ciclo di interrogatori, Amber e Zephyr erano stati riaccompagnati all'hotel in attesa di comparire davanti a una commissione disciplinare incaricata di stabilire le responsabilità dell'incidente di Jupiter One. Finita questa farsa, si sarebbero accordati per un risarcimento a favore della Federazione, un periodo di prova in cui la Horizon sarebbe stata gestita in congiunzione con le autorità federali e, al termine, la restituzione dell'azienda a privati. A quel punto Raziel se ne sarebbe sbarazzato dichiarano fallimento o svendendola a qualche altra società aerospaziale.

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