Prologo

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Prologo

Quella notte, per l'America del Nord, si prospettava volta a sancire una profonda pace, ricercata da millenni. 

Tre famiglie, dedite alla protezione delle proprie terre e dei propri membri, si riunirono per convalidare una tregua, in un luogo a loro sacro e profano.

Ai limiti dei tre territori, un luogo comune gli univa: La Valle della Nascita.

Un patto che quella notte, però, firmarono con il proprio sangue.

A miglia di distanza, ignare del proprio destino, due anime innocenti sospiravano sognanti, viaggiando nei mondi fantastici a loro narrati.

Due paia di occhietti teneri, tanto diversi quanto simili, luccicavano alla visione dell'antico tomo stretto nelle mani della donna. Le pupille dilatate, imploranti, curiosi di ascoltar procedere la loro madre in quel racconto tanto ammaliante.

Racconti che, nel profondo, narravano pura realtà.

La donna si sistemò per bene tra i letti dei suoi due bambini, sedendosi con attenzione sulla piccola poltroncina della cameretta. Era giunto il momento della storia della buonanotte, utile a calmare l'irrequietezza della giovane età dei suoi piccoli, scalpitanti di energie. 

Sorrise con amore, seppur nel suo cuore una consapevolezza sembrava tremare sempre più forte.

Dalle sue labbra, un continuo fluire di straordinarie avventure, acquietava le menti assonnate dinanzi a lei, inconsapevoli e quieti alla severa storia che andava scrivendosi.

Il tono dolce andò scemando, conciliando il sonno, mentre il sorriso si spense all'irradiarsi di una potente stretta nel petto.

La donna strinse i denti, cercando di placare il dolore, osservando come la sua bambina si fosse lasciata andare al sonno. 

Due occhietti neri, invece, la osservavano acquosi, cercando di richiamare la sua attenzione. Il bambino si tirò sù, piagnucolando un dolore che andava crescendo, infuocando le tempie dalla pelle liscia.

Nel corpicino ancora troppo debole, febbre alta accompagnava piccoli spasmi muscolari, peggiorando di ora in ora.

Un male fin troppo familiare, già visto centinaia di volte, ma troppo prematuro. 

Passò la notte tra le cure amorevoli della madre, consapevole di ciò che, in realtà, andava mutandosi nel piccolo corpo del suo bambino. 

Immagini forti, angoscianti, iniziarono a susseguirsi impetuose nella mente della donna. Un viaggio mentale che mostrava la luna, alta e luminosa in quel cielo tanto buio e senza stelle, spettatrice di una battaglia senza vincitori vinti.

Corpi esanimi, feriti e morti, nemici e amici.

Zanne sguainate mostravano la loro vera natura alla loro stessa madre, in perenne lotta per la conquista di potere dei propri simili, figli della stessa Dea che gli aveva creati.

Un susseguirsi di sangue e dolore, attraverso gli occhi di chi le aveva rubato il cuore e desiderava salutarla un'ultima volta, ricordandole il suo profondo amore. 

Gli occhi azzurri della donna si riempirono di lacrime, le mani tremanti al senso di impotenza sopraggiunto, aggressivo e schiacciante.

Un legame che andava spezzandosi. 

Tentando di opprimere ciò che il fato andava compiendo, raccattò il possibile per il suo bambino, osservando angosciata il lettino della bimba addormentata.

Le depositò un dolce bacio sulla testolina dai capelli biondi, tanto simili ai suoi quanto a quelli del padre. Desiderò per lei un futuro più luminoso, umano, libera di patire sofferenze minori di quelle che il futuro riservava al proprio gemello. Una leggenda incombeva minacciosa sul futuro della piccola e per nulla, si ripromise la donna, l'avrebbe portata con sé, alla mercè del pericolo. 

Un pezzo della sua anima crollò, vinto dal dolore lancinante che il suo bambino pativa.

Scrisse poche righe, rivolte a ringraziare l'uomo che l'aveva aiutata in quegli anni, pregandogli di tenere al sicuro la sua piccola bimba, lontana da quel mondo che le avrebbe solo portato dolore. 

Un'altro pezzo del suo profondo morì, lasciandosi alle spalle quella casa in cui la sua dolce bambina ancora riposava, ignara di quell'abbandono tanto sofferto.

Tra le lacrime, una valigia in mano e il figlio in braccio, osservò la luna piena tingersi di rosso, muta testimone della battaglia, dichiarandosi portatrice di un grave monito destinato ai suoi stessi figli.

Sangue per sangue, pace per pace. 

Viaggiò lontano, portando con sé il simbolo della battaglia che imperversava furente in quelle terre tanto pacifiche.

La continua consapevolezza, straziante e crudele, che quella notte la rese partecipe del terribile destino stabilito per la sua metà. 

Resistette a lungo, percorrendo miglia e miglia, pur di portare il proprio bambino nel luogo pregno di colei che più l'avrebbe amato: la natura. 

Affidò il suo piccolo ancora febbricitante ad una vecchia amica, lasciando tra le braccia fidate uno dei suoi più grandi amori. 

In una muta supplica di protezione, osservò la donna, straziata da una preoccupazione tanto simile alla sua.

Il dolore crebbe, attanagliandosi sempre più nelle profondità del suo corpo, della sua mente.

Una consapevolezza ancora peggiore serpeggiò nelle sue viscere. 

Ormai vuota, si lasciò trasportare dalla lancinante sofferenza della perdita, prossima ad avvenire.

Si addentrò nel fitto del bosco, correndo al fianco di quegli stessi lupi devoti al suo più grande amore. 

Neve candida, ora pregna di sangue e dolore, attecchiva al suolo, lenta come l'abbandono delle anime agonizzanti dai corpi martoriati dei propri padroni.   

La natura si inchinò al suo passaggio, mentre la luce della luna la reclamava, avida di riaverla con sé.

Bombardata nella mente da felici sprazzi di vita, vissuti con la sua predestinata metà, accolse l'ultimo saluto del suo compagno, il suo vero amore. 

Le radici dei maestosi alberi si aggrovigliarono, sporgenti, fondendo le proprie fronde in una chiara manifestazione di dissenso alla scelta della donna, barricandole la strada. 

Graffiò i tronchi, sdradicò le radici, alla ricerca di un passaggio per raggiungere il suo obiettivo. 

Corse, ancora e a perdifiato, con le mani strette in due pugni insanguinati mentre un dolore, perpetuo e ineluttabile, accresceva la sua lancinante agonia. 

Il vento soffiò prepotente, facendole svolazzare la lunga chioma bionda in un tornado dai delicati fiocchi di neve. Un baratro si apriva ad un passo da lei, oscuro come l'animo del traditore, profondo come il vuoto incolmabile nel suo cuore. 

Respirò a pieni polmoni e aprì le braccia, spalancandole verso il cielo, accogliendo la luce della luna su di sé, un'ultima volta. 

E sola, accompagnata unicamente dalle sue stesse urla, pianse, pregando quella Dea silenziosa di proteggere i suoi figli, come lei non avrebbe più saputo fare. 

Vinta, anche l'ultimo frammento della sua anima cadde, raggelandole il cuore.

Chiuse gli occhi e si lasciò andare, abbracciando il nulla alla ricerca della sua parte mancante.

Un passo nel vuoto. 

Un ricongiungersi tra le braccia del suo amato.

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