Capitolo 1

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Capitolo 1

La mia unica sicurezza, quel giorno, era di dover prendere un aereo. Per quale zona della Florida, però, ancora non mi era dato saperlo.

Appena il taxi parcheggiò di fronte all'entrata dell'aeroporto, ringraziai l'autista e pagai la somma del viaggio, per poi uscire all'aria fredda di quella mattina soleggiata. Il vento fresco di primavera mi scompigliò i capelli biondo cenere, facendomene finire alcune ciocche tra gli occhiali da vista. Le scostai in modo distratto, troppo intenta a curiosare con lo sguardo ciò che mi circondava.

L'aeroporto di New York era affollato come ogni altra mattina, pieno di gente che camminava frettolosamente senza fermarsi neppure un secondo. Ero l'unica che in quel caos rimaneva immobile, ad osservare la vita degli altri, mentre la propria passava troppo velocemente anche solo per scorgerne uno spicchio. Ma era meglio così.

L'unica parola che potesse descrivere realmente la mia vita, caratterizzata raramente da momenti di gioia, che anche a vent'anni, se capitavano, faticavo a vivere a pieno era: solitudine. Quando avevo sì e no undici anni, fui spedita in collegio. Mio padre era troppo impegnato con il suo lavoro per badare a me, soprattutto dopo che mia madre se ne andò senza spiegazioni, quando avevo circa nove anni, insieme al mio fratello gemello. Lasciata da sola, in un paese sconosciuto lontano da casa, passai gli anni nella tristezza più assoluta ed una perenne sensazione di abbandono. Durante quel periodo però, crebbi comunque con una piccola speranza di rivedere qualcuno di familiare. Desideravo che un giorno qualcuno si sarebbe ricordato di me, anche solo per una visita e, all'età di diciotto anni alla fine, successe. La mia nonna materna apparì dal nulla, sconvolgendo la mia vita con la sua tenacia e la sua dolcezza. Nonna Angie mi aveva preso con lei, portandomi a vivere nel suo modesto appartamento a Manhattan, donandomi più di quel briciolo di affetto di cui avevo bisogno e che mi diede la forza di sorridere di nuovo, di farmi vivere per la seconda volta una vera vita.

Ma poi, quel sorriso che tanto agognavo e che alla fine pensai di aver ottenuto, fu spazzato via dall'infarto che si portò lontano da me anche l'unica persona che sembrava mi avesse voluto davvero bene.

Ed ora mi trovavo lì, in quel dannato aeroporto in attesa di avere notizie da quell'uomo che a fatica chiamavo ancora padre. Aspettavo di avere informazioni su quale volo sarei stata costretta a prendere, per andare a vivere insieme a lui e la sua incredibilmente fastidiosa assistente. Si era presentato quattro giorni prima sulla porta di casa, ordinandomi di raccattare i miei averi e raggiungerlo quanto prima in Florida. Non mi aveva dato nemmeno il tempo di prendere fiato, che aveva girato i tacchi e si era allontanato con la stessa velocità con cui si era presentato da me. La sera stessa avevo provato a contattarlo, ricevendo in risposta solo un misero messaggino con scritto il giorno in cui mi sarei dovuta trovare in aeroporto e che, una volta incontrati, avremmo parlato meglio. Ci credevo poco, ma speravo che dopo quasi dieci anni di silenzio potesse finalmente dirmi la verità.

Ricordo che, quando ancora la mamma non aveva preso quella decisione, mio padre era l'uomo più affettuoso e amorevole che avessi mai conosciuto. Ci amava, amava la mamma e amava noi e pensavo avesse continuato ad amarmi ancora, anche dopo che lei ci abbandonò. Ma mi sbagliavo. Dopo neppure un anno e mezzo, in cui lui smise anche solo di guardarmi in faccia, mi iscrisse in un collegio in Georgia, dove mi lasciò da sola senza farmi avere più sue notizie. Avevo passato la mia intera adolescenza in quel posto e le uniche cose che riuscivo a sapere su mio padre erano i costanti pagamenti per tenermi lì. Quando poi arrivò nonna Angie, che mi costrinse a cercare di riallacciare i rapporti con lui, quell'uomo non volle neppure degnarsi di rispondere alle mie telefonate, sparendo nel nulla. Eppure ero disposta a perdonarlo per tutto, anche per avermi abbandonato senza nessuna spiegazione, almeno fino a quando non arrivò la morte di mia nonna. Ricordo che nemmeno il giorno del funerale si degnò di venire e quello, non glielo avrei perdonato. Non glielo avrei mai perdonato.

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