Capitolo 3: SOS

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Non mi girai nemmeno per vedere chi fosse, avevo riconosciuto tre passi ben distinti, sapevo si trattasse di Elodie, Sergio e Gabriele.
« Depressione, eh? » esordì Gabriele cercando di alleggerire la tensione che si era creata - con il loro arrivo - nell'aria in quel momento. Lo ignorai continuando a rimanere sdraiato, fumando la sigaretta che avevo acceso e buttando fuori il fumo dai polmoni.
« A te mica non piaceva il fumo? » mi chiese Sergio non ricevendo alcuna risposta.
Se c'era una cosa in cui ero diventato particolarmente bravo, in quest'ultimo periodo, era ignorare le persone evitando le loro continue domande.
« È colpa mia? » chiese tutto d'un tratto Elodie, attirando la mia attenzione.
Era visibilmente tesa, stava in una postura rigida. Aveva paura di quella che sarebbe stata la mia risposta. Sapevo che tutta questa situazione l'aveva scombussolata.
« Non sei il centro del mondo, Elodie! » risposi tranquillamente, usando quel tono che riservavo solo ai miei genitori.


Nonostante la sua decisione di porre fine alla nostra relazione io l'amavo ancora, non riuscivo a serbarle del rancore, continuava a rimanere il mio spiraglio di luce in quel periodo nero. Mi aveva fatto del male? Assolutamente sì. Potevo fargliene una colpa? No, mai. Dopotutto, in una coppia, la responsabilità di saper gestire la situazione fuori dal programma era di entrambi.


Non so cos'era cambiato per lei, da un giorno all'altro aveva deciso che non saremmo potuti durare – troncando il nostro futuro su due piedi. Una semplice discussione aveva portato la fine dela nostra relazione. Il grande amore che era stato professato davanti a mezza Italia era giunto al capolinea – solo nel mio cuore continuava a vivere.


« Ma almeno stai bene, Lè? » chiese un Gabriele preoccupato, distraendomi nuovamente dai miei pensieri, prendendo il flaconcino delle medicine che avevo poggiato sul muretto.
« Fisicamente sto bene, Gab.. » dissi lanciando il mozzicone che avevo tra le mani per poi mettermi seduto.
Sergio andò in direzione del mozzicone per spegnere definitivamente la sigaretta – calpestandola e facendola strisciare contro il terreno bagnato.
« Queste non le prendi? » domandò agitandomi davanti al viso le mie medicine.
« Mi serve l'acqua. Adesso faccio un giro al bar qui di fronte così posso prenderle! » dissi scendendo dal muretto e tornando a faccia a faccia con i miei tre ex compagni d'avventura.
« Ecco, tieni. » vidi Elodie frugare nella sua borsa a tracolla per poi porgermi una bottiglietta d'acqua naturale. La ringraziai e ingerii le pastiglie sotto lo sguardo attento di lei, Gabriele e Sergio.
Iniziai sentirmi sotto pressione, i loro sguardi addosso mi pesavano, sembrava potessero leggermi negli occhi – nonostante avessi le lenti scure che lo impedivano.
Dovevo tirarmi fuori da quella situazione.
Inviai un messaggio al mio migliore amico che era a Roma per lavoro e che, per pura fortuna, lavorava a 10 minuti di distanza dagli studi Elios.

'SOS. Necessito di un salvataggio d'urgenza. Vienimi a prendere'

Dopo nemmeno un paio di minuti sentii il telefono vibrare, sbloccai la schermata e mi trovai la risposta di Alberto.

'Sto arrivando. Aspettami fuori'


Corsi dentro, ignorando i richiami degli altri, per raggiungere mio padre avvisandolo del cambiamento di programma. Entrai interrompendo Emma – che mi gelò con un solo sguardo – e avvicinandomi all'orecchio di mio padre gli sussurrai: « Sta vedendo a prendermi Alberto, mi faccio accompagnare in hotel. Ricordati di passare dalla Sony per farti consegnare quei documenti, per favore. »
Gli baciai la tempia e me ne tornai fuori, lasciandomi alle spalle quello che era stato il mio percorso.


Mi accesi una seconda sigaretta.
Non fumavo mai così tanto, solitamente ero sempre tranquillo nella mia solitudine, ma avevo bisogno di rilassare i nervi dato che quella situazione stava risvegliando in me un dolore che avevo cercato di reprimere, nascondendolo nella parte più nascosta della mia anima. Avevo cancellato la delusione della mia mancata carriera, il dolore per la fine della mia relazione con Elodie e l'insoddisfazione di quella che era stata la mia vita una volta uscito dal programma. Avevo nascosto tutto ed ero stato maledettamente bravo a farlo, nessuno se n'era mai accorto.
Il mio disco, dopo nemmeno una settimana dall'uscita, era scomparso da qualsiasi classifica – troppo a fondo per essere etichettato a un numero inferiore di duecento – e i miei video venivano a malapena visualizzati. In una settimana ero caduto nel dimenticatoio, tutto ciò che avevo fatto in quella scuola era stato tutto inutile. Probabilmente non ero portato per la musica, per quanto fosse un bisogno viscerale, la mia passione non bastava. I risultati parlavano chiaro.
Era il motivo per cui avevo deciso di mettere un punto alla mia carriera chiudendo il contratto con la Sony, chiudendo con la musica – precludendomi la possibilità di fare un secondo cd.


Venni risvegliato dal suonodi un clacson.
Era Alberto che mi aspettava seduto nella mia macchina con il braccio chepenzolava fuori dal finestrino. Riconobbi all'istante la canzone chefuoriusciva dalle casse del suo stereo – portandomi a sorridere come non facevoda tempo.
Salutai i ragazzi con un 'ci si vede' e mi avvicinai alla macchina del miomigliore amico ballando e rappando sulle note di una delle nostre canzonipreferite, King Kunta.

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