Capitolo 2: fumo di pensieri..

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La sala relax era diversa da come l'avevo lasciata: la stanza era stata completamente smantellata– essendo in fase di restauro – e l'unico pezzo di mobilio che era presente era uno dei tre tavoli rotondi che venivano usati per pranzare durante la mia permanenza al pomeridiano.


L'unico motivo per cui mi trovavo lì, in quel momento, era perché alla produzione interessava fare il punto della situazione della nostra carriera – al momento, bene o male, sia Elodie che Sergio stavano cavalcando l'onda del successo – in modo che potevano farsi un paio di conti e nella prossima edizione avrebbero potuto elencare le grandi opportunità ricevute grazie alla partecipazione del programma.
« Gabriele lavorerà insieme a me sino alla fine del mio tour, che finirà a fine novembre, dopodiché a gennaio partirà per farsi sei mesi al Ballet Preljocaj di Parigi. Studierà ballo in quella compagnia e al momento ballerà per me. Gli ho affiancato una tutor che possa aiutarlo ad imparare la lingua in modo che possa partire preparato e con una base solida. » spiegò Elisa elencando ciò che Gabro – così l'avevo soprannominato quando dividevamo la stessa stanza al residence – aveva conquistato e progettato in quei due mesi.
Era cresciuto molto, iniziava a perdere i lineamenti dell'innocenza prendendo sempre di più dei tratti duri, tratti da uomo, e abbandonando quel viso da ragazzino con il quale era entrato.
Passammo un'ora piena a parlare di Gabriele, del suo percorso e dei suoi obiettivi raggiunti. Da ciò che avevo capito, per quel poco che stavo seguendo, erano i manager a parlare al nostro posto, noi finalisti eravamo lì solo per fare presenza e per salutare i professori e i professionisti che stavano lavorando.
Una volta finito di parlare dell'altro Esposito mi alzai – attirando l'attenzione su di me – per tastarmi le tasche del giubbotto e trovare il pacchetto di sigarette che avevo comprato prima di entrare.
« Dove stai andando? » mi chiese Emma fulminandomi con lo sguardo.
Ancora non concepivo il motivo di questo suo atteggiamento nei miei confronti, metteva un muro e non faceva altro che guardarmi male.
« A fumare! » risposi mettendo in mostra il pacchetto che avevo in mano, iniziandolo a scartare.
Tirai fuori la sigaretta e la misi tra le labbra, sotto lo stupore generale, per poi chiedere a mio padre l'accendino. Non mi intimoriva più Emma, il ragazzo che conosceva prima era letteralmente scomparso, non le avrei più permesso di mettere becco nella mia vita.
« Fumi? » mi chiese Elisa preoccupata.
Nemmeno di lei mi interessava più.
« Già. » risposi chiudendo la conversazione che stava andando oltre la mia sopportazione per poi raggiungere la porta. In quella stanza c'erano troppe persone, troppe curiosità e stavo iniziando a sfasare, mi davano fastidio le stanze piene di gente.
Venni fermato da mio padre che mi chiamò: « Lè! »
Mi girai verso di lui e mi lanciò un flaconcino giallo con all'interno le due pillole giornaliere che dovevo assumere per star meglio e placare i sintomi della depressione. Lo ringraziai scuotendo il flacone e mi lasciai tutti loro alle spalle senza stare ad ascoltare le domande che avrebbero fatto a mio padre.


Mi issai sul muretto che c'era fuori dagli studi Elios, quel muretto in cui ci sedevamo sempre io, Gabriele ed Elodie nell'attesa che lei si fumasse la sua sigaretta prima di entrare e iniziare la giornata scolastica tra lezioni e difficoltà personali. Accesi la sigaretta che avevo incustodita tra le labbra e indossai gli occhiali da sole che mi separavano dalla luce accecante dei raggi solari.
Oramai, sia la luce solare che quella artificiale mi provocava fastidio agli occhi, i colori accesi mi disturbavano recandomi disagio. Sapevo di non aver nessun fastidio alla vista, mi ero fatto controllare più volte e il mio psicologo mi disse chiaramente che quel fastidio proveniva dalla mia testa e che io, al momento, non potevo fare altro che adattarmi; oramai passavo metà del tempo chiuso in camera mia o in una stanza d'hotel buia. Sopportavo a stento la luce lieve di una lampada.
Il buio era l'unico momento tranquillo che avevo, quell'oscurità mi dava la pace interiore, mi faceva star bene con me stesso, mi dava libertà. Il buio era il momento in cui iniziavo a spegnere il cervello e mi inoltravo in un mondo che era fin troppo distante dalla realtà.


I miei pensieri vennero interrotti dal rumore sordo di una porta che sbatteva.
Percepii la presenza di qualcuno alle mie spalle non prendendomi la briga nemmeno di voltarmi e vedere chi fosse.


SARA'S CORNER: Non posso fare altro che ringraziarvi. Grazie per i 19 commenti al primo capitolo. Grazie per apprezzare ciò che scrivo. Grazie per avermi dato un riscontro positivo. Grazie per i complimenti e le critiche - entrambe mi aiutano a crescere. È da tanto tempo che cercavo un simile riscontro in ciò che scrivo e non l'ho mai avuto e adesso non posso fare altro che ringraziarvi in tutte le lingue del mondo. Spero che questo secondo capitolo possa risultare piacevole e interessante tanto quanto il primo. Fatemi sapere cosa ne pensate e buona lettura!

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