Salii sul sedile del passeggero, continuando ad esaltarmi sotto le note di King Kunta, mentre Alberto azionava il motore per poi partire.
« Dove ti porto, Meek? » mi chiese rallentando, prima di finire il viale non sapendo quale strada prendere.
« In hotel. Ti devo una cena! » gli risposi mentre toglievo il cd di Kendrick Lamar per mettere la radio sintonizzandomi su R101.
Alberto era sempre stato detestato da quelle che erano le mie fans.
Durante la finale aveva commesso il terribile errore di rendere pubblico il suo pensiero creando una vera e propria rivoluzione da parte delle fans di Elodie e da chi supportava (o aveva visto nascere) la nostra storia d'amore.
A differenza del pensiero pubblico, gli ero grato di questa sua uscita, avevo apprezzato la sua brutale sincerità. Per l'ennesima volta mi aveva dimostrato che nella nostra amicizia non c'era spazio per le bugie.
Mi sempre stato vicino, lui, ancora prima che diventassi conosciuto.
Insieme alla famiglia, aveva partecipato anche lui come mia radio personale – ascoltandosi tutti i pezzi che avevo creato. Mi era vicino ancor prima della mia partecipazione a The Voice ed era rimasto al mio fianco sia durante la mia breve fama e sia durante il mio periodo nero. Avrà pure avuto tutti i difetti del mondo, ma di come si era comportato nei miei confronti non potevo dir nulla. Era un vero amico ed era degno di essere etichettato con quel sostantivo.
Anche lui era come me: non era interessato alla musica italiana e ai vecchi cantautori, non gli interessava saper suonare gli strumenti musicali ma gli interessi comuni li trovavamo. Lui voleva diventare un rapper ed era molto bravo in quello che era il suo genere mentre io volevo diventare un grande cantautore, volevo trasmettere emozioni con le mie canzoni, con i miei testi e le mie composizioni. Condividevamo lo stesso sogno, tra le mie poche amicizie lui era colui che mi capiva meglio di tutti e che comprendeva il mio bisogno di far sentire la mia musica ad un pubblico che non fosse limitato ai componenti della mia famiglia. Prima di fare The Voice ero arrivato ad un punto in cui quelle quattro mura mi soffocavano e non mi bastavano più.
Per anni mi ero accontentato di ciò che i miei genitori erano riusciti a darmi, avevo represso quel malessere che mi attanagliava e alla fine, dopo l'incoraggiamento dei miei cari, ho tentato di intraprendere la strada del successo.
Per me, però, non c'era stata nessuna mano pronta a tenermi nel caso in cui fossi caduto dal palco, non c'era stata nessuna mano tesa che mi tirava su quando il mio umore o la mia carriera colava a picco, per me non c'erano state voci che mi acclamavano.
Per me non c'era stato nessuno.
Dovevo solo accettare il silenzio che mi circondava e incassare la sconfitta che mi ero portato a casa. Il problema era che la sconfitta non era andata solo a me, ma anche ai miei genitori. Non mi avevano mai detto nulla, ma eroconvinto di averli delusi – anche se loro dicevano l'esatto opposto. Quellepersone avevano rinunciato più volte a un piatto di pasta per far avverare il mio sogno, per pagarmi i biglietti dei treni, per permettermi di far musica. Erano troppi i sacrifici che avevano fatto per me e quella sconfitta non riuscivo a sopportarla, mi aveva fatto sprofondare nello sconforto più totale,era un dolore che non riuscivo ad abbandonare e reprimere.
Al dolore, poi, si alternava la rabbia: rabbia nei confronti della Sony che non mi aveva mai seguito – buttandomi in un mondo che non conoscevo senza una guida o un libretto d'istruzioni. Rabbia verso Elisa, che mi aveva seguito per due mesi per poi abbandonarmi nel nulla. Rabbi nei confronti delle mie fans che agli instore urlavano i soliti 'sei bellissimo' non rendendosi conto che io volevo emozionare per ciò che scrivevo e non per il mio aspetto fisico. Mi infastidiva trovare numeri sproporzionati di mi piace a delle mie foto etrovare dei numeri bassi alla mia musica. Ma soprattutto ero arrabbiato con me stesso per aver realmente creduto di potercela fare, di poter vivere di musica; avevo pensato che la volontà bastasse – insieme alla mia mediocre bravura – e invece mi ero sbagliato, mi ero illuso da solo. La verità era che peccavo fin troppo d'ingenuità. Credevo nella meritocrazia del lavoro e solo a mie spese avevo imparato che non era affatto così e che il mondo reale girava alcontrario.
SARA'S CORNER: Ci tenevo a ringraziare nuovamente per tutti i commenti che sto leggendo, mi fanno un sacco piacere. GRAZIE DAVVERO, GRAZIE MILLE! Questo è il mio capitolo preferito, ho buttato su carta tutte le mie frustrazioni riguardo la carriera di Lele. Dietro a quel suo primo disco c'è tanto tanto lavoro: ha scritto, composto, arrangiato, suonato e cantanto, è proprio suo e vorrei tanto che abbia tutto ciò che stanno avendo una Elodie o un Sergio. E niente, mi auguro di vedere più commenti - che ad ogni capitolo stanno diminuendo, probabilmente è troppo seria e cruda per essere apprezzata, lo capisco. Buona lettura, spero che vi piaccia!
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Her.
Dla nastolatkówStoria su Lele ed Elodie. #ATTENZIONE: la storia tratterà di tematiche forti e vedrà un Lele molto diverso da come è nella realtà. L'intera storia è stata completamente inventata dalla sottoscritta, non c'è nulla di vero in ciò che pubblicherò, è f...