Capitolo 1

326 24 2
                                    

Un brivido raggelante passò per la mia schiena.
Odio questo clima, il freddo e la neve.
Avrei voluto rimanere a vivere in florida, lì era sempre caldo, e umido; l'aria era pesante e afosa ma chiusa in casa non si sentiva tutta quella differenza.
Ma, grazie ai miei fantastici genitori ci siamo trasferiti nella città più fredda degli Stati Uniti.
Purtroppo non ho il potere di controllare le stagioni e l'inverno è arrivato irrompendo nelle nostre vite come se potesse sovrastarci, come se fosse una forza più grande di noi.
Spesso mi sento davvero piccola e indifesa rispetto all'universo che ci contiene.
Ma poi penso che non sono sola.
Almeno voglio credere di non essere sola.

* * *

Cazzo, ero così presa dai miei pensieri che non sento mia madre che urla di scendere a fare colazione.
Restai cinque minuti nel letto, mi infilai le pantofole e scesi al piano inferiore molto svogliatamente.
Non avevo affatto voglia di tornare a scuola, ed iniziare un altra volta un istituto diverso.
Mangiai velocemente e corsi di sopra a prepararmi.
Oggi è il primo giorno di scuola, a metà del trimestre, tipico di Al "la novellina" cambio così spesso città che non ho neanche il tempo di stringere rapporti con nessuno. E col passare del tempo ho capito che è inutile provarci.
Mi infilo un paio di comodi jeans a vita alta neri e un bel maglione caldo e morbido, con delle rose ricamate sopra, un paio di sneakers e prendo su lo zaino. Sento ancora mia madre urlarmi di scendere e praticamente mi precipito in picchiata giù per le scale. Entro nella jeep di mio madre e accendo il mio ipod, sì lo so, è davvero datato ma la musica per me è importantissima e ha bisogno del suo piccolo angolino.

* * *

Non appena arrivo a scuola, scendo dalla macchina con un incoraggiamento da parte di mio padre il quale è sempre col sorriso e pieno di vita. Lo saluto al volo e chiudo la portiera, ma non appena mi giro iniziarono tutti a fissarmi, come se io non li vedessi...
Eppure non mi sembra di avere qualcosa che non va... sono alta abbastanza per la mia età, capelli rossi, occhi.. azzurri, lentiggini e per fortuna non si vede nulla del mio piccolo danno genetico... si chiama "eterocromia", ovvero la discromia degli occhi, uno di un colore e l'altro diverso.
Porto le lenti a contatto ma, mi sento a disagio ugualmente. I dottori dicono che è una cosa da nulla che seppur piccolo è un danno genetico ma a me piace pensare di essere normale... non c'è nulla di male, ma le persone non pensano la stessa cosa, anzi un punto in più per prendermi in giro, tanto per cambiare. Percorro il vialetto della scuola tra i sorrisi dei ragazzi e lo stupore delle ragazze, in questo momento vorrei solo che sotterrarmi, odio destare così tante attenzioni, ma sono l'unica idiota che comincia la scuola a metà anno scolastico. Entro dal portone e vedo il corridoio completamente vuoto, fino al suono della campana tutti gli alunni preferiscono stare all'esterno nonostante il freddo assurdo, saranno abituati alle basse temperature penso io. Ma come al mio solito ero così presa dai miei pensieri che vado a sbattere contro un ragazzo alto e robusto, facendogli cadere tutti i libri e i fogli, subito mi chino per raccoglierli e lui fa lo stesso.
«Perdonami, sono così sbadata, mi dispiace tanto» subito mi scuso con lui. E lui replica «Tranquilla, non è niente, anche a me succede sempre»
Mentre finisco di raccogliere l'ultimo libro le nostre mani si toccano e per un attimo ci guardiamo negli occhi. Cazzo, quanto è bello.. troppo bello per avere così tanti libri e studiare.
Lui continua a guardarmi e sorride, improvvisamente io mi congelo e inizio a balbettare, gli faccio un cenno e corro via verso l'ufficio didattica. Appena passo la fine del corridoio appoggio la schiena sudata sugli armadietti e tiro un sospiro di sollievo, scampato pericolo.
Non sono molto brava con i ragazzi, non potendone avere uno per più di un mese o due.
Faccio un bel respiro ed entro in didattica, mi avvicino al bancone dove una vecchia signora dagli enormi occhiali stava sistemando delle cartelle.
«S-salve sono la nuova studentessa, mi chiamo Alaska Reyes, avrei bisogno del mio orario delle lezioni» le dissi dolcemente.
Subito mi saluta con un sorriso gentile e mi consegna il foglio.
«Corri o farai tardi alla prima ora»
Stavo per risponderle ma suona la campana ed esco dall'ufficio, Aula 203 Storia Americana.
Non ho la più pallida idea di dove sia, nell'ala dove sono ora ci sono le classi dalla 401 all 509.
All'ora cerco una mappa della scuola e mi accorgo di essere dall'altra parte della scuola, inizio a correre in direzione dell'aula e spalanco la porta senza neanche bussare.

MUTATION (in fase di revisione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora