Capitolo 23

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La mattina dopo Robert non era a letto e neanche nella stanza, sul cuscino c'era un foglio.

"Sono dovuto partire con Loris per un'urgenza, spero di poterti spiegare al più presto, non so quando torno. Ci sentiamo appena posso.

P.s. Sei stata bravissima stanotte, non hai russato ed io ho dormito benissimo... Nonostante il tuo gomito nel petto... Baci.

-Robert"

Mi aveva scritto un'altra lettera, che rotolandomi nel lettone, portavo al petto. Non potevo non pensare a quel bacio o al fatto che avevo dormito abbracciata a lui.

Avevo dormito una volta sulla spalla di Marco durante un viaggio, ma non mi ero mai sentita così in pace come con Robert. Con Marco mi sentivo ansiosa, fuori posto, sapevo già che quel dormire su di lui non avrebbe cambiato le cose tra noi, io ero appoggiata a lui e vivevo in silenzio la paura che lui in quel momento stesse pensando ad un'altra, come se fosse lì materialmente, come se fossi appoggiata sulla spalla di un manichino. Robert invece lo sentivo, lui era presente, lui pensava a me.

Non avevo sentito Robert tutta la giornata tranne verso l'ora di pranzo. Mi aveva inviato una foto di un dipinto, "Il Bacio" di Gustav Klimt, ed aveva scritto:

-"Questi si che sono innamorati, non i coniugi Carciofini. Xx -Robert", a cui avevo risposto:

-"Guardi i dipinti con gli occhi di un bambino, senza conoscere la storia, forse è meglio così... comunque adoro questo dipinto di Klimt xxx -Zoe".

Quella stessa sera dopo aver cenato in sala, decisi di non prendere l'ascensore, come sempre per la troppa attesa, così ero salita per le scale. Più salivo, più sentivo qualcuno che lagnava parole senza senso, che al piano successivo si erano trasformati in lamenti e poi in pianti. Aumentavo il passo, pensando che magari ci fosse qualcuno che stesse male, ma quando i singhiozzi si fecero più vicini, lo vidi.

Posizione fetale, ginocchia strette nel petto, mani in faccia, i suoi capelli bagnati dalle lacrime, ma da quanto piangeva?! Tom.

Mi ero avvicinata come ci si avvicina ad uno scaffale in un negozio di porcellana, attenta a non rompere tutto con un passo troppo brusco. Avevo paura di chiedere cosa fosse successo, lo vedevo troppo disperato, ma ormai l'avevo visto e mi ero fermata, non potevo certamente andare via, così lo chiamai, con la voce più leggera che mi poteva uscire, così leggera che avevo paura non la potesse sentire tra tutti quei singhiozzi. Appoggiai una mano sulla sua spalla.

-"Tom?".

Il suono della disperazione si fermò. Tom mi guardava, i suoi occhi verdi erano spariti, riuscivo a vedere solo il rosso e il gonfiore di quegli occhi che piangevano chissà da quanto. Sembrava così gonfio in viso, come se tutte quelle lacrime fossero state assorbite dal suo viso, quel suo viso che era sempre così bianco trasformato in uno sfogo di piccoli puntini intorno al naso, alla bocca e agli occhi.

Cercando inutilmente di asciugarsi le lacrime si era passato un braccio sul volto e aveva cercato di soffiarsi il naso con un fazzoletto che teneva in mano, ma che ormai era così bagnato che stava iniziando a decomporsi.

-"Zoe, sei sola?!... Ti prego, non dirlo a nessuno".

Dopo essermi seduta accanto a lui, aveva iniziato a parlare senza che io gli facessi domande.

-"Sto bene, adesso passa".

Ma mentiva perché tremando aveva ricominciato a piangere.

-"Io rimango qui!", ero riuscita ad affermare con convinzione tra un suo singhiozzo ed un altro, dopo che si era chiuso di nuovo a riccio.

Vieni a prendermiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora