Capitolo 39

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Le ore passavano e nessuno sapeva darmi notizie. Mi ero addormentata varie volte sulla sedia e ad ogni rumore sussultavo. Non ce la facevo più. Pregavo e speravo che le mie parole fossero ascoltate.
Sentii il mio cellulare squillare. Vidi che era mia madre. Non mi andava di rispondere. Misi il silenzioso e spensi lo schermo.
Cercai di non piangere e di farmi forza. Mi alzai e cominciai a camminare avanti e dietro nel corridoio. Non avevo fame e non avevo sete.
Dopo forse un' oretta, vidi qualcuno avvicinarsi a me. Alzai gli occhi e vidi mio padre.
<< lasciami stare papá>> dissi, ma lui mi afferrò per la mano
<< tesoro puoi almeno rispondere alle telefonate di tua madre? È preoccupata per te>>
<< se tu magari stavi zitto, lei non si sarebbe preoccupata. È colpa tua se è in ansia>>
<< scusa. Hai ragione. Ma non capiva il motivo per il quale non le rispondevi>>
<< voglio stare sola>> dissi voltandomi
<< anche se fai così... le sue condizioni non cambiano>> disse lui. Mi voltai e lo fulminai con lo sguardo. Cominciai a camminare cercando la porta di uscita di quel maledetto ospedale. Le lacrime erano tornate e quel forte dolore nel petto mi uccideva ogni secondo che passava.

Uscita dall'edificio di un grigio viola morto, cominciai a camminare. Salii su una montagna con fatica, dato che ero stanca. Salii più in alto che potevo. Volevo distrarmi... volevo capire, lontana da tutto e da tutti. Guardavo il meraviglioso paesaggio. Era bellissimo. Il vento era non forte, ma neanche leggero, ed esso mi scompigliava i capelli. Mi sedetti e cominciai a piangere di nuovo.
" fatti forza... ce la farai... lui ce la fa perchè è forte e non ti lascerebbe mai". Ero stanca e mi addormentai.

Mi svegliai solo quando sentii delle gocce di acqua cadermi sul viso.
<< cavolo>> dissi quando mi svegliai. Pioveva. Dovevo sbrigarmi a scendere. Cominciai a camminare velocemente cadendo più volte e storcendomi la caviglia. Era pericoloso stare in montagna quando pioveva e si stava facendo anche buio.
La pioggia aumentò e mi feci prendere dal panico. Presi il cellulare e chiamai Jek.
La linea prendeva poco e il cellulare non squillava.
<< maledizione! Ma chi me l'ha fatta fare!>> gridai. La pioggia era forte e io non ero nemmeno ben coperta. La caviglia era slogata e facevo fatica a camminare dato che c'erano solo pietre. Ad un certo punto scivolai e rotolai in discesa sbattendo da tutte le parti mentre le pietroline cadevano. Sbattei contro qualcosa. Era un albero. Sentivo dolori su tutto il corpo ma non me ne importava. Dovevo sbrigarmi. Mi alzai e sentii uno strano dolore provenire dal mio braccio.
<< cazzo che male!>> urlai per il forte dolore anche se piangevo il dolore non sarebbe mai passato. Provai a cammimare.

Finalmente la pioggia cessò e fu più facile procedere.
Quando superai la montagna incontrai gente ma nessuno si fermò. Poi vidi una signora salire sulla macchina
<< mi scusi! Aspetti!>> gridai. La signora dai capelli castani, alta, si fermò e mi guardó in modo strano
<< buonasera, mi scusi... mi potrebbe dare un passaggio fino all'ospedale?>> chiesi
<< ma cosa hai fatto ragazzina?>>
<< sono caduta mentre stavo scendendo dalla montagna ma pioveva fortissimo e mi sono slogata anche la caviglia e credo di essermi rotta il braccio, mi fa malissimo>> dissi giá in lacrime.
<< certo che ti accompagno, sali in macchina, dista solo 5 minuti>>
<< ma le sporco i sedili>> dissi
<< tranquilla, poi vado a lavare la macchina>>
<< la ringrazio... è gentile da parte sua>>
<< è il minimo che posso fare>>

La donna mi accompagnò fino all'ospedale e anche dal dottore che mi visitò subito.
<< ti sei solo slogata il braccio e la caviglia, ora te la bendiamo e non devi fare movimenti troppo bruschi signorina>>
Annuii con la testa.
La signora se ne andò e io salii al piano di sopra per andare a trovare Luca. Pregai ancora.
" prendi me e non lui". Pensai nella mente, rivolgendomi al signore.
L'ascensore si era aperto. " dai forza Mia, ancora qualche passo e sei arrivata, coraggio" disse la mia coscienza.
Percorsi il corridoio e arrivai fino alla sala operatoria. Vidi Federico e sua madre abbracciarsi. Piangevano ma non capivo se sapevano qualcosa. Mi avvicinai a loro. Sua madre alzò la testa e mi sorrise
<< è salvo>> disse e dopo ci abbracciammo. Anche Federico mi abbracciò.
Era salvo. Cavolo. Wow... grazie signore.
<< cosa hanno detto i dottori?>> chiesi una volta sciolti gli abbracci
<< il suo cuore aveva cessato di battere due volte. Ha perso moltissimo sangue. Ma la trasfusione di sangue lo ha salvato>> disse sua madre sorridendo << è fuori pericolo>>.
Ero riuscita a sorridere. Non sentivo neanche più il dolore
<< ma tu cosa hai fatto?>> chiese, ricordandomi che non mi ero nemmeno cambiata.
<< sono uscita e pioveva. Sono scivolata e mi sono slogata sia il braccio che la caviglia. Ma sto bene>>
<< dai, torna a casa a riposarti e a darti una sciaqquata>>
<< ho bisogno di vederlo>>
<< gli diremo che sei passata>>
<< torno al più presto>>
<< tranquilla, fai con calma>> disse lei baciandomi la guancia.
Chiamai mio padre.
<< dove cavolo sei??>> chiese in panico
<< ero in ospedale... ora torno>>
<< ti vengo a prendere>>

Il tragitto fu silenzioso dopo le sue urla. Gli avevo detto la stessa cosa di quello che avevo detto alla mamma di Luca ma lui non ci credeva.
<< non ti posso lasciare sola>> disse scendendo dalla macchina e sbattendo lo sportello. Poi si avvicinò a me e mi tese il suo braccio
<< grazie papá>>
<< certo>> disse ancora arrabbiato.
<< papá?>> lo chiamai
<< cosa c'è adesso?>>
<< puoi dire alla mamma che la vado a trovare dopo cena? Il mio telefono è scarico>>
Non rispose ma non ci feci caso. Dovevo sbrigarmi e andare a trovare il mio amore, non volevo si risvegliasse e non mi trovasse vicino a lui.
Mi feci una doccia veloce. Mi asciugai i capelli anche se erano rimasti umidi. Li legai con un elastico e mi cambiai. Poi mi feci riaccompagnare in ospedale. Peró cominciai a farmi prendere dal panico. Cominciai a farmi mille domande. E se lui era arrabbiato con me? E, se aveva cambiato idea e, ora non mi voleva più? Cosa avrei fatto?
<< sei nervosa?>> chiese mio padre
<< si>>
<< si vede>>
Notai che mi mordevo le pellicine delle dita e muovevo le gambe. Si, ero parecchio nervosa. Scendemmo dalla macchina e io quasi correvo
<< aspettami>> disse mio padre a qualche passo dietro a me. Ok ora mi devo calmare. Andrá tutto benone.

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