CAPITOLO 1

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Mentre Joe quel pomeriggio tornava da scuola, lasciò che la sua mente lo portasse ancora una volta oltre confini di ciò che il mondo gli aveva imposto.
Sentì ancora una volta un brivido quando passando per Clivinton Street la signorina Cilia Rewaty  era sempre lì, sulla porta, ad annaffiare le rose del suo giardino di cui oramai erano rimasti solo i gambi senza un briciolo di vita.
La Rewaty preferiva essere chiamata signorina dalla morte di suo marito, anche se di "signorile" o di giovane in lei non c'era assolutamente niente.
Joe ha sempre trovato strano il comportamento della Rewaty, o perché lo considerassero strano tutti, oppure perché effettivamente lo era.
Il vestito sgualcito e logoro che le cadeva alle ginocchia dava alla Rewaty un aspetto da chi non vuole che il tempo passi.
I fiori rosa sembravano un tutt'uno con lo sfondo blu per gli innumerevoli lavaggi apportati dalla Rewaty nel corso degli anni, arrivando persino a restringerlo tanto che le spalle larghe sembravano volerle uscire dall'abito.
Joe provò ad evitare di guardarla, ma, come sfortunatamente accade ogni volta che passa per casa Rewaty, il suo sguardo non potè fare a meno di posarsi sull'enorme dimora dell'anziana vedova, che sembrava essere stata presa da un film fantasy, ma qualcosa di orribile si celava al suo interno.
La villa Rewaty, rigorosamente maestosa ed inquietante allo stesso tempo, lasciava sempre Joe con la curiosità di sapere cosa si celasse dietro le porte dell'edificio il cui esterno si rivelava incredibilmente vecchio e consumato, come se in quella casa non vivesse più nessuno da anni.
Una volta tornato a casa, Joe iniziò a disegnare quello che secondo lui si celava al di là delle porte della dimora a Clivinton Street. E la sua mente lo portava lontano, dai draghi negli armadi ai piatti parlanti che si nascondevano in soffitta.
Disegni fatti in modo veloce e con molta fantasia riempivano ogni spazio del quaderno di Joe, dalla copertina grigia un po' consumata e mordicchiata da Ryuk, il piccolo criceto nero di Joe, che, in un modo o nell'altro, riusciva sempre a scappare dalla sua gabbia qualora ne avesse voglia.
E fu mentre Joe disegnava uno dei suoi fantastici mondi immaginari che per l'ennesima volta il piccolo criceto dal crespo pelo nero si avvinghiò sulla paginetta di diario sporca di graffite.
"Hey...ma a te di startene in gabbia proprio non se ne parla eh? Mi chiedo sempre come tu faccia ad uscire ogni volta..." e così facendo Joe fece per prendere il piccolo roditore,  ma questo, con ottimi riflessi, sfugge alla sua presa e scivola giù dalla scrivania.
Joe si stacca da questa e con uno sguardo divertito guarda il piccolo criceto che corre allegro per la stanza per poi nascondersi sotto l'armadio.
A Joe ricordò molto quando da bambino si faceva rincorrere da suo padre al The Willow Park, e per sfuggire alla sua presa si nascondeva spesso in una piccola discesa di terreno nascosta da un grande salice. Suo padre non capì mai dove si trovasse e a Joe questo divertiva, perché spesso suo padre era a pochi centimetri da lui e nemmeno si accorgeva che il suo bambino era lì sotto, che rideva di lui.
Riparato dalla piccola discesa e dal salice, qui Joe trascorreva molto del  tempo che passava al parco, e il motivo della sua riluttanza nell'andare via era una bambina.
Dimostrava all'incirca 5 anni, un anno in meno a Joe quando si incontrarono per la prima volta.
Lei era seduta su un ramo del salice, e guardava Joe dall'alto in silenzio, senza che lui se ne accorgesse, fino a che un giorno questi non si accorse della sua presenza. Guardò in alto e vide quello che per lui fu una visione: un angelo biondo dagli occhi azzurri lo stava guardando, Joe provò in tutti i modi a richiamare l'attenzione della bambina dal viso angelico, ma questa, quasi come priva d'anima, lo guardava senza emettere il minimo cenno di vita, tanto che, molteplici volte,  Joe ebbe l'impressione di essere impazzito.
Ogni volta che si nascondeva nel salice Joe incrociava la bambina e si guardano senza dire nulla. Joe parlava spesso di se', provando a far esprimere anche la bambina, ma ella, in silenzio, ascoltava tutto con uno sguardo sognante e quasi assente, senza mai spiccicare una parola.
Al momento di tornare a casa, Joe esce dal salice e va incontro al padre che ahimè, non riusciva a capire dove il figlio fosse stato, anche perchè Joe sentiva che quello era un segreto, un segreto che avrebbe tenuti per se' e per la bambina angelo.
A distrarre Joe dai suoi pensieri fu la madre, che bussando alla porta, lo costrinse a tornare alla realtà.
Joe con sua madre parlava abbastanza, anche perché lui sapeva quanto il suo silenzio la facesse star male. Ed una delle cose che odiava era vedere la madre soffrire.
"Avanti" risponde distrattamente chiudendo in fretta il quadernino dei disegni.
"Hey tesoro" la signora Kalvinton entra timidamente nella camera del figlio, fra i crespi capelli ricci c'è una foglia o due, e Joe guardandola riesce a capire che forse é stata in giardino ad annaffiare i suoi amati fiori.
"Ciao mamma, cosa c'é?" Chiede mentre riposa con cura il quadernino nel cassetto con la chiave della sua scrivania.
"Ehm...io volevo chiederti un favore" dice la signora Kalvinton, sempre rimanendo sull'orlo della porta.
"Bene, chiedi pure" dice Joe ruotandosi con la sedia verso la porta e guardando sua madre dritta negli occhi.
"Volevo chiderti se ti andava di impiantare i fiori nei vasi per la festa del paese di mercoledì." Risponde timidamente la signora Kalvinton.
"Certo, lo faccio più tardi se posso." Dice Joe voltandosi verso la scrivania.
"Ehm...si...perfetto" risponde la signora Kalvinton, rimanendo però nelle sue posizioni.
"Cos'altro c'é?" Aggiunge Joe non sentendo la porta chiudersi e rigirandosi verso la madre.
"Ehm..beh tesoro io vorrei che tu...beh, vorrei che tu partecipassi quest'anbi alla festa del paese." Dice accomodandosi leggermente sull'orlo del letto del figlio.
"Perché? Ti pesa che resti a casa?" Risponde Joe alzando un sopracciglio.
"No...non intendevo dire questo. Ma il fatto é che vai sempre in quel posto... quel..."
"The Willow Park." La interrompe Joe con aria infastidita.
"Si ehm...quello." La signora Kalvinton rimase immobile, sperando che il figlio parlasse, ma il silenzio di Joe creava un'atmosfera di imbarazzo.
A quel punto fu proprio lei a fare il primo passo. Si alzò e si diresse verso la sedia dove era seduto il figlio, ma questo, quasi indignato, si tira indietro.
"Tesoro...lo so che per te é difficile...dopo quello che é successo..."
"Difficile? Perché per te non é difficile? Non voglio venirci, fine della storia." E dicendo questo Joe si volta verso la scrivania, in segno di chiusura. La signora Kalvinton consapevole del fatto che il figlio non avrebbe cambiato idea, si volta verso la porta e fa per andarsene. Poi si ferma sull'orlo e dice "Comunque, ha chiamato Xo." E dicendo questo lascia la stanza chiudendo leggermente la porta alle sue spalle.
Xo. Xo era l'unica cosa bella che c'era in quel paese, un paese vuoto e sperduto, ai confini del mondo, ma non del The Willow Park. Quando si erano trasferiti lì le uniche cose che Joe amava erano la casa della Rewaty (non molto distante dalla sia) e la scorciatoia che lo portava dritto ai confini di Phoenix,  dove si trovava il The Willow Park.
Joe era rimasto alquanto sconcertato dalla proposta che la madre gli aveva fatto, non per la proposta in se', me per l'ostinatezza che sua madre aveva per provare a convincerlo ad andare alla festa del paese. I motivi per cui Joe odiava quella festa erano molteplici, ma invece di perdersi in questi, si alza e si dirige verso l'armadio, prende Ryuk e lo poggia nella sua gabbietta, facendo attenzione a chiuderla bene, anche se oramai sapeva che in un modo o nell'altro il criceto sarebbe riuscito a scappare.
Joe sente squillare il telefono al piano di sotto, già immaginando che forse era Xo che si era affrettata a richiamate si precipita giù per la scale per afferrare il telefono, per evitare di dover parlare nuovamente con sua madre.
"Pronto? "
"Joe sono Xo. Si, ti ho richiamato perché sapevo che tu non l'avresti fatto. Sei sempre così testardo? Quante volte devo dirti che devi rispondere sempre al cellulare? Eh? Eh? Potrebbe essere qualcosa di grave, potrei essere ferita, potrei essermi persa o potrei..."
"Potresti essere perfettamente sana dato che mi chiami dal tuo telefono di casa."
"Ma cosa c'entra oddio! Joe tu devi..."
"Arriva al punto. " risponde secco.
"Beh ecco volevo chiederti se ti andava di uscire." Chiede timidamente Xo.
"Non credo. Devo aiutare mia madre con le piante per la festa." Risponde secco, sperando che non insista.
"Okay...ehm...posso aiutarti?" Dice sapendo quanto l'assenza di Joe avrebbe reso noioso un pomeriggio da sola.
"Va bene, alle 17  casa mia. Non tardare come al tuo solito." Xo stava per ringraziarlo quando si accorse che l'amico aveva riattaccato. Nulla da fare, Joe era anche sincero e leale, ma nulla riusciva a non renderlo apatico.

Hey!! Salve, mi scuso per l'assenza ma come vedete vi ho ricambiato con un capitolo lungo.
Spero vi piaccia! Baci ❤

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