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Continuo a rigirare tra le mani il pezzo di puzzle cercando di capirne il significato, provando a trarne fuori un ricordo, ma niente. La notte scorsa non ho chiuso occhio, e aspetto con ansia il momento in cui vedrò Phil arrivare alla cassetta della posta. Continuo a guardare fuori dalla finestra, poggiato sulla superficie di legno del tavolo. Accidenti, perché ci mette tanto?
Le lancette dell'orologio non aiutano a calmare la mia impazienza, con il loro ticchettio che mi rimbomba nella testa.
Poi, finalmente, ecco il rumore metallico dello sportello della cassetta.
Mi precipito fuori senza pensare a nient'altro che al contenuto della prossima lettera.
Quando la trovo, dietro ai soliti rotoli di giornale, mi soffermo nuovamente a guardare lo spazio bianco su cui dovrebbe essere scritto l'indirizzo.
Come ha fatto a consegnare la lettera se non c'è scritto nient'altro che il nome del mittente ed il mio?
Cerco subito Phil, ma se ne è già andato. Cazzo.
Devo vederci chiaro. Domani devo assolutamente riuscire a fermarlo.
Rientro in casa, e dopo aver osservato per qualche secondo la lettera, prendo coraggio e la apro senza pensare.
Estraggo il foglio e scrollo la busta sul tavolo: ne fuoriescono un altro pezzo di puzzle e un'istantanea di una Polaroid.
Esamino prima gli oggetti: il pezzo di puzzle ritrae ancora lo stesso soggetto del precedente, semplicemente fili d'erba. Cerco ci unirlo con l'altro e riesco ad incastrarli. Mi prendo qualche secondo invece per girare la foto, prendo un respiro, e la faccio scorrere tra le dita: la foto ritrae dei ragazzi all'ombra di un grosso albero nel giardino di un college, e mentre li osservo uno per uno, tornano alla mente immagini che avevo ormai rimosso da tempo. Del primo ragazzo, il biondo tinto con gli occhi azzurri e vispi, non ricordo esattamente il nome, credo si chiamasse Nick, o qualcosa di simile. Non ci frequentavamo tanto, ma era un tipo alla mano da quel che ricordo. Il suo braccio è appoggiato sulle spalle del secondo ragazzo, il moro dalla pelle ambrata e gli occhi scuri. Lui è Zayn, mi ricordo bene. Era il compagno di stanza di Nick, ed uscivamo spesso la sera per andare alle feste della sua confraternita. Dormiva praticamente sempre nell'edificio della confraternita.
Il ragazzo accanto a lui è...Liam. Questo è un nome che avrei voluto dimenticare. Non dimenticherò mai quello che ha osato farmi. Era il mio compagno di stanza, ma dopo quello che era successo si era trasferito da...Niall, non Nick, ora ricordo.
Poi c'è...lui.
Con quei suoi occhi che erano pezzi rubati al cielo, e quel sorriso unico, con cui nessuno al mondo poteva competere. E i suoi capelli castani sempre scompigliati, ma che adoravo così. Lo stesso che affermava di...amarmi.
E proprio accanto a lui ecco quel ragazzo dagli occhi grandi e verdi ed i capelli castani e ricci, con il suo sorriso che era provocato dal semplice fatto di stare accanto a lui.
Quel ragazzo mi assomiglia, anzi direi che siamo identici, lui è solo una versione più infantile ed incosciente, ignara del mondo e di come vanno davvero le cose.
Ha anche il mio stesso nome: Harry Edward Styles.
Ma quello non sono io.
Non conosco più quell'Harry da tempo ormai.
E il ricordo allegato a quella foto si fa spazio nella mia testa: ci conoscevamo da più di una settimana, grazie a dei corsi che frequentavano assieme al college. Avevamo deciso di pranzare assieme, e da lì è nato tutto: il nostro gruppo.
Avevo notato quella grande quercia, dal tronco forte ed indistruttibile, e sperando che anche la nostra amicizia sarebbe stata così, avevo proposto ai ragazzi di fare una foto, e avevo chiesto ad una ragazza che passava di lì di scattarla.
Finalmente apro il foglio piegato e leggo come se dovessi divorare ogni parola:

Ciao Harry.
Questa è la seconda lettera che ti mando, e se la stai leggendo ne sono felice. Necessiti di spiegazioni per quel che è successo e per cui non ho mai potuto chiederti scusa. Perché ero un vigliacco ed un codardo, che non voleva affrontare la realtà dei fatti. Le risposte arriveranno a tempo debito, ma per adesso ho bisogno che tu ricordi quello che ne è stato prima di...lo sai.
Per questo ti lascio con questa foto.
Spero vorrai continuare a ricevere ciò che ti serve per riuscire a comprendere.
A presto.
Sinceramente tuo,
                                                     Louis.

Attaccata all'angolo del foglio con del nastro adesivo, c'è un'altra istantanea che raffigura me e Liam, ognuno con il braccio sulle spalle dell'altro.
Avevo chiesto a lui di scattarcela.
Avevo dato tutta la mia fiducia a Liam, il mio migliore amico, e soprattutto a lui, di cui non riesco più a dire il nome, che era diventato più del mio migliore amico.
Ma ne vale davvero la pena, di fare tutto questo? E tutto questo è così strano, come un sogno confuso. Anzi, un incubo, da cui vorrei tanto svegliarmi.
Ma poi cosa ne so io? Magari sta facendo tutto questo perché vuole farmi soffrire, ancora. Lui conosce i miei punti deboli, mi conosce come nessun altro. È stato l'unico a cui ho permesso di accedere ad ogni parte del mio cuore, ed è stato uno sbaglio enorme.
Sento gli occhi bruciarmi, ma non intendo piangere, non intendo sprecare lacrime da bambino per chi non lo merita. Non riuscirà a farmi soffrire ancora.
Con un braccio butto tutto per terra e sbatto i pugni sul tavolo, per poi premerli sulla fronte.
Sbraito dalla collera come un cane rabbioso.
Prendo il bordo del tavolo e lo sollevo, per poi sbatterlo nuovamente a terra.
Poco dopo mi ritrovo esausto e spossato sulla superficie di legno scuro.
Raccolgo con attenzione ciò che ho fatto cadere, sperando che non si sua rovinato niente.
Non mi fido più di lui.
Ho perso la fiducia in lui da tempo.
Perciò se vuole tentare di distruggermi ancora una volta, che lo faccia.
Gli dimostrerò che posso stare al suo gioco senza soffrire.

Letters ||L.S. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora