2. Di corsa

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DRIIIIIIIIIIIIII...
Credo che tutti odino il fastidioso rumore della sveglia al mattino. E questo valeva anche per Eren, quanto avrebbe desiderato che al posto del trillo ci fosse stato suo padre che gli toglieva le coperte con un solo strattone o sua madre che gli urlava di alzarsi, ma anche l'odore delle delizie che lei gli preparava un tempo l'avrebbe fatto svegliare in un'attimo... Ma Eren non poteva dire di avere ancora una famiglia, non l'ha avuta più dal tragico assassinio della signora Jaeger, o meglio della ex signora Jaeger.

Eren mugolò strofinando un po' la testa sul cuscino pregando che il rumore cessasse per qualche fenomeno paranormale o non, ma poi si arrese e spense la sveglia allungando il braccio. Erano le 7:03, aveva ancora tempo prima di uscire di casa e andare a scuola. Si sedette sul bordo del letto lanciando le coperte sulla sponda opposta e poi guardò le condizioni pietose in cui si trovava la camera, il disordine e quella stanza erano diventati una cosa sola. Per la camera erano sparpagliate tele colorate e non, cavalletti, tubetti di tutte le tonalità, pastelli, tempere ad olio, acquerelli, matite, gomme, bombolette spray, guanti, pennelli, temperamatite... Il disastro più totale, ma lui la adorava, era la perfetta proiezione dell'anima di Eren e lui si sentiva in pace con se stesso in quel luogo. La scrivania, in tutto quel casino, era la zona più ordinata, dovete sapere che là aveva il suo computer e la sua tavoletta grafica, i preziosissimi tesori che conservava con grande cura. Eren spalancò le persiane di legno della finestra, non voleva aprirle quasi mai per non essere disturbato dal mondo esterno mentre disegnava o lavorava, e poi si avvicinò al cavalletto dove si trovava un coloratissimo quadro ancora incompleto.

- Devo finirlo entro due giorni...- sospirò sbadigliando - O sono fuori dalla gara...- poi, picchiettando su un lato della tela, aggiunse - Qua ci devo mettere qualcosa di strano, deve essere più surreale.- Detto ciò si voltò dirigendosi verso il bagno della propria camera, come tutti gli esseri umani doveva fare i suoi bisogni mattutini, lavarsi i denti e sciacquarsi per bene la faccia per svegliarsi meglio. Poi uscì dal bagno dirigendosi verso l'armadio. Decise di indossare una felpa invernale verde, un paio di jeans e delle scarpe sportive nere, il clima era ancora pungente durante il mese di marzo. Eren si girò ormai pronto verso la tela incompleta, gli faceva quasi pena: sulla sua superficie era accennata una bozza poco lineare comprensibile solo agli occhi dell'artista, il ragazzo aveva iniziato la colorazione partendo dai margini del foglio ma poi non ci aveva più messo mano.
- Okay...- sussurrò al dipinto sorridendo, - Solo dieci minuti, non di più.- poi afferrò afferrò i vari strumenti di cui necessitava e si mise all'opera.

Quanto adorava immortalare i pensieri che gli passavano per l'immensa mente che possedeva, utilizzava qualsiasi mezzo per farlo. Ma chiariamoci, Eren non sarebbe mai riuscito ad utilizzare gli stessi mezzi dell'assassino, per carità! Erano due persone completamente diverse, anche se il secondo era terribilmente affascinato dalla mente del ragazzo e stava facendo di tutto per mettersi in mostra (o per riuscire a raggiungerlo, non faceva molta differenza per lui), c'era anche riuscito. Eren, ogni volta che sentiva parlare di un nuovo omicidio compiuto dal misterioso assassino, s'informava su dove fosse stata rinvenuta la scultura per poi catapultarsi sul luogo del ritrovamento e, una volta arrivato a destinazione, cercare il maggior numero di indizi possibili, anche se erano tante le volte che tornava a casa a mani vuote, è difficile scoprire qualcosa quando non puoi accedere direttamente alla scena del delitto. Se vi state chiedendo perché Eren faceva questo lasciate che sia io a rispondervi: si annoiava, nulla di più. Il Signore gli aveva concesso il dono di una grande mente, e si sa che le grandi menti si annoiano facilmente. L'unica cosa per cui Eren non provava noia erano l'arte e il mistero, quando si parlava di argomenti del genere i grandi occhi smeraldini del ragazzo s'illuminavano di luce propria ed era questo l'unico momento in cui il padrone di quegli occhi si sentiva a proprio agio.

Eren, ormai perso da un pezzo nel mondo fantasy che stava disegnando, si ricordò che doveva andare a scuola. Fu solo allora che prese il cellulare, guardò l'ora e iniziò ad imprecare: erano le 7:40, aveva venti minuti di tempo per arrivare puntuale a scuola, e doveva farsela anche a piedi.

Arte mortifera.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora