Giganti

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La mattina era il momento più bello della mia giornata, quando ero piccola mi svegliavo presto e rimanevo ferma a guardare l'albero di palma sotto casa, poi ci siamo trasferiti la prima volta all'età di otto anni, e l'albero sparì. Al suo posto vidi un abete con degli uccellini, ogni mattina li guardavo passare da un albero all'altro indisturbati. Poi ci siamo ritrasferiti.
In questo giardino quando mi sveglio solitamente guardo le nuvole, sono ogni volta diverse fra loro, poi abbassavo il capo sull'erba e non vedevo niente da ammirare.
Questa mattina mi sono svegliata, ho guardato il cielo ma era vuoto e nel giardino il sangue macchiava ogni filo verde d'erba. Raggelo dalla paura.
Vado in corridoi camminando pesantemente sulle gambe. Apro la porta.
-Papà, mamma!
Nessuno. Vado nella loro camera, la prima a destra dalle scale, ma vedo solo un letto sfatto e il cellulare di mio padre ancora attaccato alla caricatore.
Ho il panico. Corro da Hayden, porta prima della mia, e la situazione è la stessa. Controllo anche quella di  Dylan.
-Mamma! Papà! Chiamo, sperando che da sotto mi rispondano.
Guardo l'orario dal mio orologio, appeso alla parete. Sono le 8.
Seppure se ne fossero già andati via, mia madre avrebbe fatto il letto e Todd sarebbe rimasto a dormire nella camera.
Vado a vedere se in cucina c'è un biglietto ma niente.
Non mi resta che fare una cosa: andare in giardino.
Sono in pigiama in pieno inverno, esco a piedi nudi e non vedo né corpi né nient'altro.
Ho paura, penso alle cose più disperate: che hanno ucciso Hayden, che i miei sono scappati. Poi faccio caso al pigiama, tocco la maglietta di lana a maniche lunghe rossa. Non è mia.
Sbianco, sto per piangere, mentre corro in casa per raggiungere il cellulare, mi vesto pesante, senza fare colazione e chiamo mia madre.
-Rispondi, rispondi, rispondi. Ripeto come un mantra.
-Qui è la segreteria telefonica di... Attacco spaventata. -Devo rimanere lucida, pensa, pensa.  Ripeto a me stessa.
Chiamo papà, poi mi ricordo che ha lasciato il telefonino a casa.
Vengo assalita dal panico.
Mi siedo sul letto pesantemente confidando in Hayden, quando vedo che sulla scrivania c'è qualcosa.
È la telecamera. Quella piccola portatile che usano le persone per riprendere uno sport estremo.
Attacco la chiamata e mi ci butto addosso.
Ho paura a toccarla.
Poi la prendo e l'attaccò con un cavetto al computer, dimenticandomi per un attimo di tutto il resto.
Il video si carica dopo cinque minuti buoni. Rimango in totale silenzio.
Nel video ci sono io che mi posiziono la videocamera attaccata alla taschino della maglia. Inquadra il soffitto per così tanto tempo che sono costretta ad andare avanti con il cursore. Alle 3 di notte, qualcosa accade.
Si sente un ululato prolungato, non lo colgo bene, ma in qualche modo la me nel video si sposta e si affaccia alla finestra. Nessuno dei due cacciatori si muove.
È un diversivo.
Ancora altri ululati vicini, colgo un "aspetta". Altri ordini giungono, ma i due non si muovono finché non sentono abbaiare forte e ringhiare.
Vedo qualcosa muoversi nei cespugli e subito entrambi i cacciatori di pattuglia, gli stessi di ieri sera si allontanano dalla vista.
Io mi muovo attenta ad ogni gesto, la finestra due notti fa era aperta. Scendo, calandomi dalla mia finestra a quella del primo piano della cucina e poi giù sull'erba.
Sento dei comandi; " vieni"  ripete qualcuno. Gli corro incontro ma mentre mi avvicino a questo lupo marrone, i due tornano. Per essere ancora più veloce mi trasformo in un balzo e mi acquatto dietro ad un cespuglio. La videocamera è lì, distesa al suolo. Poi il lupo torna umano, ha un viso conosciuto; è un ragazzo alto e snello, dell'età di Dylan. I capelli sono mossi e castani scuri come del resto gli occhi marroni, ha un viso a cuore e si... è interamente nudo.
Raccoglie gli indumenti e mi intima di rimanere in quella forma. Poi con calma mi fa cenno di andare con lui, mi comanda qualcosa, non capisco cosa finché non mi sento ululare.
" Raggiungici alla casa di legno".
Ho i nervi a fior di pelle e il cuore che batte all'impazzata.
Nel video mi vedo ritornare alle 6, dietro di me però c'è qualcuno. Mi chiama ma non lo ascolto, sono come in trans in forma di lupo.
Dall'albero spunta una capigliatura bionda e un corpo grande e muscoloso.
È Sam. Il mio cuore si ferma, devo ricordarmi di respirare tanto da non riuscire a farlo soprappensiero.
-Brooke! Dannazione fermati!
Colpisce la videocamera ma non la prendere, ormai girata l'inquadratura verso la casa vedo due guardie diverse e Sam, che impaurito dai fucili torna da dove era venuto. Sono scioccata. Io rientro in forma umana, aiutata dai soliti gemiti di un lupo. Sono esterrefatta.
DRRIIIIN DRIIIIII .
Il mio cellulare vibra sul tavolo, salto dalla paura; prima di rispondere chiudo la finestra.
-Pronto. Rispondo senza aver visto chi fosse.
-Brooke? Dove sei stata? Sono morta dalla paura! Mia madre dall'altra parte della cornetta era in lacrime.
-Mamma? Io sono a casa. C'è del sangue nel nostro giardino.
Non capisco più niente.
-Dove siete tutti? Mi scendono le lacrime; non volevo trovarmi in questa situazione.
-Amore adesso calmati, arrivo. Arriviamo.
-D'accordo. Sbrigati.
Cerco di calmarmi ma non ci riesco.
Sam conosce me, la me lupa.
Non mi ha mai detto niente.
Non so cosa pensare, devo parlargli ma devo aspettare anche i miei.
Di chi è quel sangue?
Le domande mi martellano il cervello.
Riavvolgo tutte cercando di trovare qualcosa, poi mi fermo di getto.
"La casa di legno". Sussurro.
Le mie risposte sono alla casa di legno.

Mia madre entra in casa urlando.
-Brooke! Brooke.
Scendo subito le scale e le corro incontro in salotto.
Mi abbraccia, ha paura anche lei, lo sento dal battito accelerato del cuore.
Poi si stacca e, con le mani ferme sulle mie braccia, mi chiede.
-Dove sei stata? Tutta la notte fuori.
Nonostante la paura e l'immensa sicurezza riottenuta nell'averla vista, non dico la verità.
Non ora, non così penso sia giusto.
-Ero fuori casa, distesa su un prato. Ci ho messo un'eternità ad arrivare.
-Stai bene? Mi chiede Todd, c'è anche lui, ha le occhiaie di uno che è stato fuori tutta la notte, mi abbraccia stretta e poi mi da due pacche sulla schiena.
-Ho chiamato Hayden.
La mamma annuisce.
- Sono entrambi a scuola, tuo padre non poteva perdere un'altro giorno di scuola e neanche tuo fratello. Gli ho scritto, tranquilla.
Mi racconta.
Todd affianco a lei mi guarda confuso.
-Chi ti ha preso?
Lo guardo persa.
-Preso?
-Non ricordi nulla?
Scuoto la testa, mi sento una povera bambina incappata in un incidente.
-Di chi è quel sangue ?chiedo.
-Tesoro.- mia madre mi fa sedere sul divano- ieri sera, alle 10 qualcuno ha attaccato i cacciatori di pattuglia.
Ci siamo svegliati nel panico e abbiamo visto la porta della tua camera spalancata.
Corrugo la fronte, ieri sera ho chiuso la porta, lo ricordo benissimo e stamattina per aprirla ho dovuto recuperare la chiave da dentro l'armadio. Non si era spostata. Era lì dove avevo progettata di chiuderla e la porta non era graffiata. A meno che non l'abbia chiusa prima.
Ma la cosa non quadra.
-le guardie erano morte. Siamo venuti a cercarti.
Abbiamo lasciato Hayden da zia Susy, zio Al ci ha dato una mano. Non c'eri più, abbiamo chiamato i cacciatori. Niente. Hanno tolto i cadaveri per ispezionarli, ma non hanno pulito il sangue.
Non volevamo far intervenire la polizia, quindi siamo dovuti tornare in casa. Fortuna che nessuno ci abbia chiamato.
Per le 4 eri ancora fuori, siamo riusciti e abbiamo cercato fino alle 6. Poi siamo andati dai cacciatori per accordarci, alle 8:10 mi hai chiamato. Scusa per non aver risposto, eravamo nel bunker.
Le prendo una mano.
-Non preoccuparti.
-Non ricordi niente? Insiste Todd, appoggiandomi una mano sulla spalla.
-Ero su un campo a nord, verso Casper, il capoluogo della contea.
Inventai.
-Molto strano. Definisce Todd.
-Troppo. Dico io, per non dare sospetti.
Non mi spiego la porta.
-Quando hai detto che sono stati attaccati? Chiedo a mia madre.
-Per le 10.
Alle 10 io ero l'unica fuori dalla mia stanza. Quando sono tornata cosa avevo notato? La luce. La luce del sole, la luce delle sei di mattina, momento perfetto per entrare nella casa, lontana da tutti.
Ho ucciso io quegli uomini?

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