Atto I - Parte I

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<< Lasciatemi andare! Lasciatemi! >>

Bene o male erano le classiche frasi alla quale Aida si era abituata. Dopo essere stata lavata con forza, fu fatta vestire di una tunica bianca, legata alla vita da una corda marrone. I piedi ancora nudi, toccavano i gradini freddi del palazzo. Aggrovigliate come sacchi, venivano fatte mettere in fila indiana e poco a poco dovevano entrare nell'imponente palazzo che si ergeva di fronte a loro. Sfingi enormi erano messe ai lati dell'entrata e sull'arco vi erano affisse dei grandi ventagli messi per traverso, come se fossero due spade incrociate. Sulla soglia c'erano molte donne, una tra queste era piuttosto in tarda età. La sua tunica era bianca ma aveva un aspetto decisamente più regale. La gonna finiva con delle leggere balze ed era ingioiellata dalla testa ai piedi. Al braccio portava un bracciale con uno scarabeo, in oro e lapislazzuli. Sembrava una regina.

Aida tacque per un attimo, i suoi pensieri trovarono la loro quiete quando fu tirata per un braccio verso la salita su per i gradini. Senza accorgersene molte ragazze erano già all'interno del palazzo. Quando fu davanti alla donna che aveva contemplato da lontano, questa la squadrò da capo a piedi. Cercò di trovarle un difetto, forse, o qualcosa che potesse spingerla a buttarla via come un rifiuto. E anche se era impossibile, Aida sperò con tutto il suo cuore di poter risultare inadatta per un posto simile e poter finalmente tornare a casa. Ma quel sogno si ridusse nuovamente in frantumi, sentendo la voce chiara e decisa della donna.

<< Portala da Ghada, che sia vestita adeguatamente e condotta dalla figlia del Faraone. >> Ordinò, volgendo poi lo sguardo alla donna dietro di lei.

Aida non osò fiatare e lasciò che i soldati la trasportassero all'interno. Un'aria austera si respirava in quelle mura. Sulle pareti vi erano degli affreschi, molto simili a quelli del suo palazzo ma anche molto diversi. Su di essi vi erano disegni di crudeltà, di uomini che sugli scogli lanciavano bambini giù dal precipizio per finire direttamente nella bocca dei coccodrilli. La sua mente immaginò per un secondo tale scena e il Nilo rosso come il sangue.

Chiuse con forza gli occhi, volendo scacciare quel pensiero.

Delle trombe risuonarono in lontananza e il rumore della folla, fuori dalle mura, attirò la sua attenzione e anche quella dei soldati che la scortavano. Istintivamente si bloccano sul posto e Aida osservò per un istante i due uomini. Entrambi sembravano essersi come pietrificati al suono di quelle trombe che nella sua mente passò un'idea, un'ombra. Con rapidità tentò di strattonarsi e levare le braccia dalla loro presa ma accorgendosi del tentativo della schiava di scappare, la esortano a stare buona. Se voleva ribellarsi, doveva agire in fretta. Una volta in prigione nessuno l'avrebbe salvata. Con sguardo colmo di disprezzo morse il braccio di uno dei soldati e proprio mentre questo urlò per il dolore, mollò la presa. E anche con un po' di complicazioni, riuscì a liberarsi dalla mano dell'ultimo soldato e quindi scappare in una strada diversa.

Con una mano alzò la veste, concentrandosi solo sul fatto di andarsene il più lontano possibile. Non poteva urlare o chiedere aiuto, nessuno sarebbe corso in suo soccorso. No, doveva trovare un'uscita secondaria da sola. Mentalmente, nel vento che procreava con la sua corsa, pregò gli Dei di concederle la libertà. Non voleva finire in prigione e non voleva neanche morire. Non voleva stare lì, voleva tornare a casa sua, da suo padre, da Kamìla, da Amal.

Ovunque si girava non vedeva altro che sofferenza, affreschi che raffiguravano momenti di dolore, contadini distrutti dalla fatica. Era capitata nell'inferno e voleva uscirne. In sottofondo a quel suo lamento silente e disperato, c'erano le grida dei soldati che ordinavano di fermarsi. Ma non voleva fermarsi, no. Non voleva arrendersi senza cercare di scappare. Non si sarebbe mai piegata al loro volere.

Aida - La regina ribelleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora