Atto I - Parte II

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Due mesi dopo, Menfi...

Il caldo non dava cenni di tregua e anche l'aria che si respirava era afosa. Una volta incamerata nei polmoni sembravano loro stessi ad andare a fuoco. La sua abitazione poi, era collocata proprio nei bassifondi del palazzo, negli alloggi dei guerrieri.

Radamès se ne stava sdraiato su una branda, le braccia conserte dietro la nuca e gli occhi chiusi, dipinti da un linea perfetta di Kajal. Da una finestra poteva udire distrattamente il suono del martello, della frusta e i passi degli schiavi al lavoro nella costruzione di una nuova sfinge in onore al Faraone. Tornato da appena due mesi dalla sua ultima conquista, il sovrano d'Egitto si era affacciato al suo popolo solo una volta. E sembrava avesse preso in simpatia la sua camera da letto, tanto da passarci la maggior parte del tempo, specialmente da quando erano giunte le nuove schiave da ogni parte del mondo.

Il guerriero gonfiò il petto, respirando affannosamente per via della temperatura. Negli alloggi, sebbene ci fossero delle finestre che permettevano il cambio d'aria, si era venuta a creare una cappa afosa che disturbava il suo riposo. Ultimamente era divenuto difficile anche fare quello. Senza contare che alcuni soldati facevano un maledetto chiasso nel lamentarsi della temperatura o dei turni di guardia, litigando spesso e volentieri tra loro. Ed era sempre lui a ristabilire l'ordine.

E anche in quel momento sembrava ci fosse un altro impedimento tra lui e il suo sonno. Un bussare insistente alla porta. Radamès attese alcuni minuti, dove strinse i pugni, maledicendo qualche altro suo compagno. Si alzò e andò alla porta, aprendola di colpo e cambiando espressione in un battito di ciglia. Da infastidito, ora, la sua espressione era del tutto normale. Per obbligo, naturalmente. Ma anche perché non voleva apparire sgarbato.

<< Principessa. >> Nominò il suo titolo, chinando la schiena in avanti e rialzando il busto e lo sguardo sulla sua figura. << Che posso fare per voi? >>

Amneris se ne stava lì, sulla soglia. Al buio, la sua pelle appariva ancora più scura e sembrava che ci fosse solo una luce, quella dei suoi occhi. La figlia del Faraone lo superò, senza dire una parola ed entrò nell'alloggio. Posò il suo mantello sulla branda, rivelando la tunica bianca con la quale vestiva, quella più regale. I bracciali tintinnavano ad ogni movimento del braccio, giacché se ne andava in giro addobbata sempre di gioielli. Come voleva la tradizione, naturalmente.

<< Mio padre ha organizzato un banchetto per te, questa sera. Un inserviente verrà a riferirtelo, ma volevo essere io la prima a darti la bella notizia. >>

Radamès alzò un sopracciglio. << Principessa, non sta bene dare del "tu" ad un soldato. Ma non dovrei essere io a dirvelo. >> La rimproverò nel modo più gentile possibile, osservando lo sguardo scocciato della ragazza. Giovane e bella, aveva ai suoi piedi i migliori pretendenti dell'Egitto e oltre. << Perché vostro padre ha organizzato un banchetto per me? >> Non si trattenne dal chiederglielo, anche se sembrava chiederlo più a se stesso che alla sua interlocutrice. Questa aveva assunto un'espressione sorridente, con una luce affascinante negli occhi.

Le sue movenze erano decisamente sensuali, forse troppo visto con chi stava parlando. Ma cercò di non rimproverarla anche su quello, del resto non era una delle ancelle. E lei era pur sempre la figlia del sovrano, poteva fare come desiderava.

Si avvicinò a lui, posando le mani sul petto nudo dell'uomo. << Forse vuole premiarti... o chi lo sa. >>

Radamès ignorò le carezze per niente innocenti della giovane, la sua mente stava vagando oltre. Stava trovando una possibile motivazione del perché il Faraone avesse organizzato un banchetto in suo onore. Eppure... non aveva fatto molte conquiste negli ultimi mesi. Si disse, però, che l'avrebbe scoperto quella sera stessa. Alla fine, qualsiasi cosa fosse, non poteva essere così tragica.

Aida - La regina ribelleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora