STORIA DI D.B.

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Errando per l'Africa ho scoperto popoli e culture fantastiche quanto notevoli. Ma ciò che mi ha colpito di più tra i racconti degli indigeni, è una storia affascinante, che narra di una persona dotata di grande volontà e patriottismo.
È la storia, di D. B..
Siamo in Africa, è il 1941, e presso una tribù di mangiaradici è appena nata una bambina.
Fin da piccola dimostra un grande talento nella corsa e corre più veloce degli animali che caccia con gli uomini della sua tribù.
Inoltre con facilità disarmante scappa dai leoni correndo sotto il sole cocente. Esatto, era una zona piena di leoni e c'era un caldo soffocante: era la Sierra Leone.
Tuttavia, nessuno dei suoi compagni è in grado di cacciare un animale particolare nel suo genere: il daino africano (oggi estinto in questo continente). La giovane bambina è così veloce che verrà chiamata Daina, in onore di questo animale sfuggente.
Un giorno, vagando per le praterie, incontrò un uomo di una tribù della zona: era un certo Abdullah, anche lui solitario.
L'uomo le si avvicinò per presentarsi: "Ciao, sono Abdullah d'Etiopia".
Lei ricambiando rispose: "Ciao, sono Daa...ria". Daina non volle pronunciare il suo nome, poiché aveva appena visto un mantello fatto proprio di pelle di daino sulle spalle di Abdullah, che cacciava quell'animale con disinvoltura.
In seguito a questo prodigio di riflessi, un giorno Papa Francesco dirà di lei: "Se avessi avuto metà del suo talento, non avrei detto 'cazzo', ma mi sarei corretto nel momento stesso in cui lo dicevo". Non ci riuscirà mai, ma questa, questa è un'altra storia.
Scossa da quello che ha visto, non tornerà nel suo villaggio ma si recherà nel suo luogo preferito: la foresta dei baobab. Daria li amava molto, li abbracciava e ci parlava senza freni. Un giorno però, accadde qualcosa di inaspettato.
Avvinghiata al suo baobab preferito, l'orecchio poggiato sulla corteccia poderosa fu trapassato da una larva di suricio che arrivò fino al cervello di Daria, prendendone il controllo.
Il primo effetto su Daria fu la perdita del linguaggio, ma soprattutto quella larva voleva liberare la Sierra Leone dai coloni inglesi e si servì del corpo per farlo.
La strategia era straordinaria e accurata, senza apparenti punti deboli.
Per prima cosa, Daria avviò la deforestazione della regione e modificando con interventi mirati il clima, fece si che non piovesse più.
Gli Inglesi ovviamente si disinteressarono della Sierra Leone, ormai diventata inutile per la loro economia.
Per punire in qualche modo gli abitanti, poiché non erano più sfruttabili, crearono con gli alberi tagliati della carta, tantissima. Con questa vi fecero delle bombe: erano le bombe carta.
I mangiaradici della Sierra Leone non la presero benissimo e, visto che la carta non la digerivano alla grande per così dire, la riconvertirono in legno e rifecero la foresta.
Tutto era finito bene: la terra era stata liberata dagli invasori e i mangiaradici non avevano patito troppo la rivolta.
In seguito decisero di istituire un governo di stampo repubblicano e vi posero a capo Daria, simbolo della liberazione.
Però come detto, lei non aveva più la possibilità di parlare con la lingua e in assemblea si esprimeva con il muoversi del mento: era diventato un parlamento o, per meglio dire, la parlamento. Al giorno d'oggi si è persa questa usanza originaria, ma ciò che conta è la possibilità di esprimersi, qualunque sia la nostra condizione.
La liberazione della Sierra Leone avvenne nel 1961, più precisamente il 27 aprile.
La cosa che più mi ha fatto riflettere nel racconto degli indigeni, è la spiegazione dell'abbandono della Sierra Leone di Daria, alla volta dell'Italia.
In parole povere, era diventata intollerante nei confronti dei suoi simili, non riusciva più a vedere (in tutti i sensi, soprattutto di notte) i suoi compaesani. Partì dunque con Abdullah sulla sua imponente arca e giunse in Italia.
Qui volle imporre come giorno di festa nazionale il giorno della liberazione della Sierra Leone, ma qualcosa andò storto.
Non avendo ricevuto una grande educazione oltre a quella della caccia, non conosceva bene i fusi orari e per un errore abbastanza notevole collocò la data il 25 aprile italiano.
Il governo italiano ovviamente rifiutò questa proposta, a patto che non si cambiasse "liberazione della Sierra Leone" con "liberazione d'Italia". Daria accettò pur di avere un giorno in suo onore e ancora oggi lo festeggiamo il 25 aprile, due giorni prima di quella che era la sua intenzione, ma questa, beh, questa è un'altra storia. In fondo a lei non interessa quando si festeggi, perché a lei, a lei non importa cosa ne pensano gli altri, sa di aver fatto qualcosa di grande, lo prenderebbe quasi come un insulto se qualcuno glielo ricordasse. Lei va per la sua strada, ovunque la porti.

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