9.

225 25 3
                                    

-33 days.

Con quattro ore di sonno sulle spalle e due occhiaie a contornargli il viso Paulo se ne stava seduto sulla porta del suo condominio con la polaroid e gli scarpini da calcio accanto in attesa di Alvaro.

Alvaro.

Gli faceva male pronunciare quel nome con le stesse labbra che lui aveva baciato senza sentimenti solo un giorno prima ma allo stesso tempo amava pronunciarlo come fosse una dolce melodia che solo lui sapeva pronunciare con amore nonostante fosse stata scritta da qualcun'altro.

Pensò a quanto sarebbe stato bello pronunciarlo in una fredda notata con i loro corpi uniti per scaldarsi, uniti ad amarsi e coccolarsi come nessuno aveva mai fatto prima.

Le guance del ragazzo si tinsero di un leggero strato di rosso imbarazzato dai suoi stessi pensieri mentre un piccolo sorriso timido gli conferiva un aspetto che Alvaro, guardandolo da lontano, trovò veramente dolcissimo e cercò di capirne il motivo.

Se ne stava in disparte da ormai cinque minuti ad osservarlo e non smetteva di pensare al fatto che non avesse mai visto nulla di più bello in quegli anni, un leggero senso di pesantezza si posò sul suo stomaco quando guardò la data e i giorni che mancavano al gran finale che avrebbe portato via Paulo da lui.

33 giorni.

33 giorni e i dybata (come li aveva chiamati Paul mentre gli raccontava di come Paulo lo faceva sentire) non sarebbero più esisti, si sarebbero sciolti lasciando un incolmabile vuoto all'interno di Alvaro, l'unico che quei giorni avrebbe superato, anche se solo fisicamente.

Erano come una band quei due, come una coppia d'attaccanti da cinquanta gol a stagione o come due presentatori di un programma trash che non vanno in onda l'uno senza l'altro; erano semplicemente inseparabili, non li riesci a vedere separati ma poi le band si sciolgono, gli attaccanti cambiano squadra e il programma finisce come anche loro sarebbero finiti 33 giorni dopo.

Alvaro pianse, pianse lì, di fronte al palazzo e agli occhi di Paulo che gli corse incontro non appena notò lui e le sue lacrime amare:
- hey... Cosa succede, Al? - mormoró
- abbracciami, ti prego -.

Non se lo fece ripetere due volte e lo strinse a se con forza, come per dimostrargli che lui era ancora lì e che avrebbe vissuto quei giorni con lui.

Alvaro pianse sulla sua spalla continuando a mormorare sconnessamente dei 'non lasciarmi, ti prego' 'resta con me' 'ti voglio bene' lacerando il cuore del più basso tra i due.

Improvvisamente uno spasmo colse di sorpresa Paulo che si piegò a metà dal dolore: -che cazzo succede, Pau? Andiamo all'ospedale immediatamente -.

Il ragazzo però sorrise per via del nomignolo che gli aveva affibbiato scuotendo la testa per fargli segno che stava bene: -sto bene, davvero, sono abituato ormai. Ora vorrei andare, se permetti -.

Alvaro annuì dubbioso e si incamminò verso la macchina, ma non prima di avergli lasciato un bacio sulle labbra morbide sorprendendo entrambi.

36 days //dybataDove le storie prendono vita. Scoprilo ora