Altro che pensieri

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Capitolo 5

Il suoi occhi stavano scrutando attenti la sagoma di Aline, così fragile ma nello stesso tempo temibile, delle gocce di sudore misto a sangue gli colavano dalla fronte, e fu allora che si accorse che la ragazza era ferita.
Aline sentì su di sé lo sguardo del ragazzo, poi provò un senso di leggerezza quando gli occhi di lui si spostarono sul paesaggio.
-Sei ferita- disse Blake, che gli si era formato una smorfia sul viso.
-Lo so, grazie- rispose Aline seccata.
Blake si passò una mano tra i riccioli neri, il suo sguardo adesso concentrato sui pugnali.
-Come ti stavo dicendo usi una tecnica sbagliata per lanciare i pugnali.-
-E ironico che uno sconosciuto mi dice che uso una "tecnica" sbagliata per lanciare i pugnali, non credi?-
Lui scivolò di fianco alla ragazza che indietreggió leggermente.
-Non dire così, ti sto solo dando dei consigli-
Sorrise divertito, con le braccia incrociate al petto.
-Madame se vuole le faccio vedere come si fa-
Aline lo guardò imperterrita, perché avrebbe dovuto fidarsi di un tizio incontrato per caso nel bosco, che adesso gli stava chiedendo un pugnale.
Mi so difendere, pensò lei, dopo di che gli lanciò l'arma, lui la afferrò per il manico sorridendo per l'impresa ben riuscita.
-Bene adesso fammi vedere la tecnica "giusta" per lanciare un pugnale-
Lui alzò verso l'alto la mano che teneva il pugnale, stese l'altro braccio in aria per prendere la mira eseguì un veloce movimento rotatorio del polso e poi lanciò il pugnale che sempre mantenendo il movimento rotatorio si conficcò nell'albero poco distante da loro.
-Così si lancia un pugnale- disse con un sorriso soddisfatto sul volto.
Aline alzò un sopracciglio.
-Be sinceramente non trovo la tua tecnica corretta, tempo che prendi la mira e sei già morto- sentenziò la ragazza.
Lui sorrise. -Forse, ma se quel colpo va a segno fidati che non guarisci-
-Non credo-
Aline raggiunse l'albero è estrasse il pugnale a fatica dalla corteccia.
Si ritrovò Blake di fianco che la osservava indiscreto.
-Fidati se ti dico che quel colpo ucciderebbe anche una come te Aline...- sussurrò come per non essere sentito.
La sua voce gli fece gelare il sangue nelle vene.
-Stai minacciando la persona sbagliata-
-Aline non ti sto minacciando, ti sto solo avvisando-
La ragazza distolse lo sguardo da quello di Blake e si concentrò sul paesaggio.
Quel posto le sembrava così perfetto quasi da essere definito irreale, come fosse stato dipinto su una tela e poi rispecchiato nella realtà con ogni minimo dettaglio, l'unico errore in quel dipinto erano loro due.
-Aline non ti sto minacciando, ti sto solo avvisando- ripeté Blake.
-Non mi interessa Blake, adesso devo andare-
Gli occhi verdi di lui la fissarono per un tempo che sembrava infinito, uno sguardo sorridente ma che tralasciava un minimo di amarezza.
-Capisco, che ne dici oggi alle quattro al Breakf Caffè-
Era da tanto che Aline non passava in quel bar, l'ultima volta ci era andata per portare sua sorella perché non aveva fatto colazione ed era in ritardo per la scuola.
-Non credo verrò- disse Aline.
-Qualsiasi scelta tu decida io sarò ad aspettarti- disse lui sorridendo.
Aline prima di andarsene si girò per guardarlo un ultima volta, sotto lo sguardo altrettanto curioso dei suoi occhi verdi.
Si voltò e proseguii verso casa.

Durante il tragitto, aveva notato di aver ricevuto ben cinque telefonate da Xena, si era dimenticata dell'allenamento previsto per le sei con l'amica, gli inviò in paio di messaggi per scusarsi.
Atttaversò il vialetto e suonò il campanello, quando la porta si aprì trovò sua sorella.
Una lunga treccia gli scendeva lungo la spalla che pareva quasi di color argento sotto la luce accecante del sole.
Aline guardò gli occhi verdi della sorella, in quel color verde si potevano notare delle leggere striature ramate.
Suo zio aveva sempre detto che gli occhi Cibyll erano uguali a quelli della madre, invece lei aveva dei semplici occhi grigi neutri ereditati diversamente da Cibyll dal padre.
Entrò in casa chiudendo la porta.
-Molto carina la treccia- disse Aline sorridendo.
-Grazie- disse Cibyll ricambiado il sorriso.
-Cedrick ha detto di venire a tavola tra circa venti minuti-
Aline guardò stupefatta la sorella Cedrick aveva cucinato solo fin quando erano piccole, poi quando Aline aveva circa undici anni Cedrick gli aveva insegnato come accendere un fornello e da quel giorno aveva sempre preparato lei da mangiare, sotto lo sguardo pignolo dello zio.
-Allora Cedrick dev'essere veramente impazzito- disse non del tutto ironica.
-Forse- disse Cibyll ridendo.
-Vado vedere cosa sta facendo di buono Cedrick - disse la sorella correndo nel corridoio per poi svoltare in cucina e sparire dalla sua vista.
Aline colse l'attimo per intrufolarsi nello studio di Cedrick, entrò accostando la porta.
Era un casino totale, masse di fogli erano sparsi per la stanza, i libri prima disposti nella biblioteca adesso erano caduti.
Aline non era mai entrata nello studio di Cedrick, o perlomeno non era mai entrata per curiosare fra le sue cose.
Si avvicinò alla scrivania intagliata di legno, sopra erano disposte delle cartine geografiche dell'Argentina una fisica e l'altra politica, notò che sia in una che nell'altra cartina era segnati dei cerchi rossi negli stessi punti, i cerchi era concentrati soprattutto nella zona di Buenos Aires, notai che ha ogni cerchio corrispondeva un nome, Aron Hend, Megan Beumon, Nathan Ernest, Emery Tranter e Simon Vernon. Questi erano i nomi scritti sulle cartine geografiche.
Aline non conosceva nessuno fra quelle persone.
Frugò tra i fogli sulla cattedra; ne afferrò uno, era la scrittura di Cedrick, ed era illeggibile, lanciò il foglio per terra, questa volta osservò i libri, erano di storia, aprì un libro e ci diede un occhiata veloce.
Era un semplice libro di storia, non capiva cosa c'entravano le cartine i nomi, non aveva senso, ma avrebbe trovato delle risposte.
Sentì la voce di suo zio chiamarla, posò subito il libro e uscì dallo studio chiudendo la porta e corse in cucina.
Suo zio è Cibyll erano intenti a mangiare un piatto di pasta, si sedette a tavola sotto lo sguardo di Cedrick.
-Sei uscita presto stamattina- annunciò lo zio.
-Mi sono svegliata e quindi sono andata a fare un po di allenamento con Xena- disse alzando le spalle.
-Sai Xena stamattina e passata a chiedere se c'eri visto che dovevate allenarvi-
Ci fu un attimo di silenzio.
-Ah proposito come mai oggi ti è passato in mente di cucinare?- Chiese Aline cercando di cambiare discorso.
-Perché non eri ancora tornata visto che come dici eri andata a fare allenamento con Xena.-
La stanza era immersa nel silenzio. Lo sguardo serio di suo zio aspettava risposte, Aline osservò per un attimo il soffitto poi spostò lo sguardo sugli occhi neri e severi di Cedrick.
- è stato un duro allenamento, meglio se vado a riposare- disse Aline alzandosi dalla sedia per sgattaiolare via.
-Dove pensi di andare?-
La voce decisa di suo zio risuonò nella stanza, guardò sua sorella intenta a finire il piatto di pasta come se facesse finta di essere invisibile.
-Come ho già detto vado a riposare- risposi sostenendo il suo sguardo.
-Stavamo finendo di parlare tu non te vai finché non te lo dico.- disse quasi urlando Cedrick.
Aline era furiosa, odiava quando suo zio urlava davanti a sua sorella, odiava il fatto che gli stava dicendo cosa fare, odiava quando gli mentiva, odiava quando faceva finta di essere loro padre, non lo era e non lo sarebbe mai stato..
Cedrick adesso si era alzato dalla sedia, con i pugni chiusi appoggiati al tavolo.
-No, forse è dico forse ti ascolterò quando la smetterai di mentirmi e io farò lo stesso, ma fino ad allora non ti azzardare a dirmi cosa fare!!!- Urlò Aline con tutto il fiato che aveva in corpo.
Uscì dalla stanza sotto lo sguardo incredulo di Cedrick, aprì la porta di casa e la sbattè alle sue spalle.
La rabbia le scorreva nelle vene, Aline camminava a passo veloce verso chissà quale metà sperduta, non gli importava dove, voleva solo prendersi del tempo per respirare, fra lei è suo zio c'erano speso delle divergenze e forse l'unica cosa che la tratteneva veramente in quella casa era sua sorella.
Percorse lo stretto marciapiede che dopo pochi metri dava sulla facciata anteriore dell'edificio, passò sul sentiero tortuoso che si affacciava all'ingresso.
Il cielo era alto, azzurro ricoperto da macchie grigi che caratterizzavano quella deserta cittadina di Salisburgo.
La luce del sole scintillava sul contorno argentato dei cartelloni dell'edificio.
Entrò nel bar e subito un odore di caffè caldo e alcolici le pizzicò il naso.
Era da tanto che non ci andava e c'era anche un motivo ben valido, quel semplice bar era spesso ritrovo di vampiri e se c'era un posto senza leggi e vincoli era proprio quello.
Oggi c'erano solo poche persone, impegnate a sorseggiare il caffè, si guardò un po attorno, poi si accomodò a un tavolo.
Una cameriera le venne incontro, un vestito arancione con qualche decoro rosso le ricadeva giusto sotto le ginocchia, in vita teneva legato un piccolo grembiule bianco, una frangia bionda le copriva quasi gli occhi azzurri.
-Vuole ordinare qualcosa?- disse la cameriera con voce ospitale.
-No grazie- rispose Aline.
La cameriera a quel punto si voltò senza guardarla, per andare a servire un altro tavolo.
In quel momento la porta del bar si spalancò.
Il suo viso era pallido, le forme spigolose del viso contrastavano quelle regolari della mascella, i suoi occhi verdi incorniciati da alcuni riccioli ribelli neri scrutavano la gente fino a soffermarsi sulla figura di Aline.
L'angolo della bocca gli si alzò leggermente, in un sorriso.
Un sorriso non umano...
Il sorriso di Blake.

Amnesy- The Alpha insaneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora