E fu pioggia e veleno

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Capitolo 6

Attraversò il bar con passo lento e felpato come sapesse di essere osservato da tutti i presenti, si accomodò sulla sedia di fianco ad Aline.
-Salve madame, pensavo non saresti venuta, non così presto.-
-Be ho cambiato idea.-
Un sorriso soddisfatto comparve sul suo volto, mentre le sue mani giocherellavano con un bracciale d'avorio legato sul polso, La muerte es venenos más amargas quelle parole erano incise sul bracciale.
-Cosa vuol dire?.- domandò Aline presa dalla curiosità.
Osservò il bracciale, poi sollevò gli occhi verdi.
-La morte è il più amaro dei veleni.- fu la gelida risposta di Blake.
-Piuttosto inquietante ma molto poetico.-
Gli occhi verdi di Blake si fissarono su Aline con interesse.
-Poetico eh?.-
- poetico, io però non definirei la morte come un veleno, non del tutto-
Blake inarcò un sopracciglio.
-Il veleno è solo il trasporto verso una morte lenta e non volontaria, la gente invece certe volte sceglie di morire, o certe volte la vita ti viene strappata senza alcun motivo o permesso.- quelle parole uscirono dalla bocca di Aline fredde e amare, ha ogni parola che diceva vedeva i corpi dei suoi genitori cadere a terra, vedeva i loro occhi intrisi di terrore le loro urla lacerare l'aria rarefatta, che lasciava spazio solo a uno spiraglio di luce.
Aline si accorse che Blake la stava osservando confuso e meravigliato allo stesso tempo, un brivido gli attraverso la schiena e per un attimo ebbe la sensazione che il corpo gli tremasse.
-Forse, io sono dell'idea che questa frase si riferisca alla morte per amore.- Disse Blake. La sua voce suonava come lo scricchiolio di ossa rotte. Come l'oscurità nel profondo mare artefice di ombre irrisolte. Aline si stupì di non aver notato prima un ciuffo color oro che risaltavano sui capelli neri come l'inchiostro.
-In che senso morte per amore?.- La voce di Aline era diversa dalla sua: petali di orchidee mosse dal vento, sotto quella bellezza indifesa, ma nello stesso tempo affilata come la lama di un coltello fulminea e tagliente.
-Intendo l'amore non ricambiato, mi hanno sempre detto che quella sensazione ti distrugge lentamente, strato per strato, finché non arriva all'ultimo e ad accoglierti c'è solo la morte, una sensazione che ti divora nel tempo come il veleno.-
Quelle parole sembravano uscire dalla bocca di un genio, ma nello stesso tempo di un persona sola e tormentata.
Parole destinate a trovare risposte o certezze, parole irrisolte, parole in attesa di essere sperimentate.
I suoi occhi si posarono su Aline in un tempo che sembrava infinito.
-Quindi. L'amore è il più amaro dei veleni?.- commento Aline.
Blake si portò le mani sotto il mento pensieroso.
-Il più amaro come anche il più dolce.-
Aline si strinse nelle spalle. -Mi hai chiesto di incontrarci qui ci sarà un motivo valido.-
La guardò inclinando la testa di lato. -Volevo solo conoscerti meglio. Sono nuovo da queste parti, ci tenevo a fare amicizia con qualcuno.-
Un guizzò di luce attraversò i suoi occhi verdi.
-Ti consiglio di trovare qualcun'altro con cui fare amicizia.-
Blake fece per dire qualcosa ma quando vide la cameriera avvicinarsi al loro tavolo richiuse di scatto la bocca.
-Vuole ordinare qualcosa?.- Gli occhi della cameriera si posarono famelici su Blake, che la scrutava curioso.
-Mi porti la specialità della casa.- rispose.
La cameriera lanciò uno sguardo a Blake poi si voltò con un sorrisetto sul volto, Aline riuscì a notare in quel sorriso dei sottili canini da vampiro. Blake sembrò non averlo notato.
-E meglio se vado.- Aline si alzò dalla sedia sotto lo sguardo quasi allarmato del ragazzo.
-Non andare.- esclamò Blake alzi andosi dalla sedia.
Aline attraverso la stanza ma lui gli si parò davanti determinato.
-Sei venuta, non te ne andare adesso, io non conosco nessuno apparte te.- I suoi occhi verdi vagavano per la stanza nervosi.
Aline lo guardava con la schiena dritta e il mento alzato in una postura degna di una guerriera.
-Trovati un altro amico con cui passare il tempo.- la sua voce era schietta, come la lama metallica di un pugnale, la sensazione gelida che lasciava al contatto con la pelle.
Aline varcò la porta del bar, sentì la pioggia scontrarsi contro i suoi capelli, rabbrividì quando venne a contatto con la pelle. Ciuffi di capelli le si incollarono sulla fronte, li spostò irritata.
La gente correva sotto i portici dei palazzi per ripararsi da quella pioggia violenta e insistente, la luce coperta da una schiera di nuvole grigie come se anche il sole avesse perso la voglia di vivere.
Attraversò a passo veloce la strada solcata da innumerevoli pozzanghere. Incrociò le braccia al petto, non sapeva se per il freddo o come meccanismo di difesa.
-Perché sei venuta?.- Sì voltò e riconobbe la figura di Blake che la stava raggiungendo, riusciva intravedere i suoi addominali evidenziati dalla maglia nera aderente al corpo per la pioggia, sembrava scolpito dalle mani attente e precise di un artista.
-Perché sei venuta?.- ripeté Blake sollevando un po le sopracciglia.
-Forse perché mi hai invitato. - La sua risposta era nitida come schegge di vetro che si infrangevano al suolo.
-Non eri obbligata a venire, perché hai cambiato idea.-
Le sue braccia ancora incrociate al petto, i capelli ricadevano pesantemente sulle spalle sotto le lacrime interminabili del cielo.
-Senti io non ti devo nessuna spiegazione, avevo voglia di venire punto e basta
E se vuoi davvero che ti dica qualcosa allora ti consiglio di non tornare più in quel bar.-
Aline si voltò, non voleva perdere un altro minuto a parlare con lui, motivo in più se stava anche piovendo.
Camminava a passò deciso e frettoloso, sotto lo sguardo stupito di alcuni passanti, non invidiò le loro giacche pesanti e invernali che imprigionavano tutto quel calore, ormai la sua pelle era abituata al freddo pungente e alle ferite procurate durante gli allenamenti. In quegli anni aveva scaricato tutta la rabbia tutto il dolore, quanto tempo aveva tirato pugni agli alberi finché le nocche non gli sanguinavano, quante volte aveva corso per kilometri finché non si sentiva più il cuore nel petto e i polmoni bruciare , quante volte era caduta e col tempo aveva imparato a rialzarsi. Non aveva nessun insegnante. Erano lei è la sua coscienza. La rabbia e il dolore. La morte è la vedetta.
-Stai mentendo.-
Quella voce risuonava ancora nella sua testa come una canzone che ricominciava dall'inizio.
Sentiva dei passi dietro di se.
-Stai mentendo-
Strinse i pugni talmente forte che le unghie gli si conficcarono nel palmo della mano per la rabbia.
"Stai calma Aline" si ripeté mentalmente.
Una mano si appoggiò sulla sua spalla, la afferrò velocemente stringendo le unghie su essa è si voltò verso Blake che parve stupefatto.
-Non ho idea di cosa tu voglia sapere da me, ma qualunque cosa sia rinuncia, e lasciami in pace.- La sua voce era decisa e schietta.
-Meglio se vado...ci rivedremo presto-
Aline mollò velocemente la presa dal suo braccio; si voltò, e proseguì per la sua strada.
Sentì i passi di lui allontanarsi sempre di più si voltò un ultima volta, e fu allora che ripensò alla frase che gli aveva detto: ci rivedremo presto.
Quando le sue dita scivolarono lungo il fodero della cintura dov'era riposto il pugnale tirò un sospiro di sollievo, le dita impugnarono l'elsa con una forza tale da pensare di romperla.
Corse, un passo veloce dietro l'altro sotto le versate lacrime del cielo.
"Se ci rivedremo, non sarò così gentile"

Cibyll osservò il tavolo mentre le urla arrabbiate di suo zio echeggiavano nella stanza.
Sua sorella era uscita di casa e adesso lei doveva assistire a quella rabbia inaudita che meritava di trovare pace.
Si alzò dal tavolo, silenziosa come cercasse di non essere scoperta, le sue orecchie ormai invase dal frastuono di quella rabbia implacabile.
Scivolò via dalla cucina, suo zio era intento a sbraitare come un pazzo e tirare pugni al muro, un brivido le attraverso l'esile corpo, in quell'istante ebbe davvero paura.
-Andrew- il nome di suo padre suonò nella stanza, la voce di suo zio era disperata e intrisa di rabbia allo stesso tempo, ma Cibyll in quella voce riuscì a distinguere un leggero tono di speranza.
Sentì il bisogno di trovare silenzio, uscì dalla casa, e fu colta di sprovvista quando la sua pelle calda incontro il freddo contrastante della pioggia.
In quel momento il desiderio di rientrare fu immenso, strinse i pugni, attraversò velocemente il vialetto di casa e si riparò poco più avanti sotto un albero.
Istintivamente si avvolse le mani intorno al corpo per trattenere quel poco calore che gli rimaneva, i suoi capelli adesso bagnati sembravano alghe o così li aveva sempre definiti sua sorella.
Si sedette per terra con la schiena appoggiata al tronco dell'albero, le urla di suo zio era scomparse e lasciavano spazio al solo il rumore della pioggia che si scontrava contro il terreno, sospirò e quando il fiato venne a contatto con la pelle rabbrividì.
Le sua braccia adesso erano strette attorno alle gambe, mentre il suo corpo tremava.
-Non è il caso di rientrare a casa?.-
Cibyll spostò lo sguardo verso destra, un ragazzo molto alto stava di fianco a lei, le braccia incrociate al petto e la schiena dritta che gli dava un aria di superiorità, un aria di arroganza e divertimento messi insieme, i capelli erani di un nero intenso in un misto di colori dal carbone al cenere, ma ciò che colpi maggiormente la ragazzina furono i suoi occhi verdi scuro, come le più cupe oscurità del bosco, sotto alcune paiuzze argentate, forse l'unica luce in quell'oscurità.
E fu in quell'attimo che Cibyll riconobbe il ragazzo che aveva incontrato la tarda sera nel bosco quando aveva smarrito il bracciale.
La ragazzina distolse lo sguardo da lui e disse:
-Cosa vuoi Blake?- all'inizio non era certa che il nome fosse giusto, visto che non se lo ricordava, ma quando lui sorrise ne ebbe la certezza.
Sentì la voce di suo zio chiamarla.
Il ragazzo si inginocchiò raggiungendo l'altezza di Cibyll che
guardava un punto indistinto del paesaggio.
-Dimmi Cibyll chi è l'uomo che ti sta cercando?-
La sua voce era limpida e chiara, ma c'era qualcosa di strano in lui.
-Non lo so-
Sarebbe dovuta scappare, correre senza voltarsi indietro, urlare per chiamare aiuto, ma qualcosa nella sua testa gli diceva di non muoversi, come se il suo corpo in quel momento fosse congelato o peggio ancora paralizzato.
Le dita di lui erano ricurve verso il terreno, le unghie premute con nervosismo sulla terra fredda e umida per la pioggia.
-Cibyll io con te sono stato gentile fin'ora, non farmi cambiare umore.-
La ragazzina alzò lo sguardo incontrando i suoi occhi verde scuro dov'erano scomparse anche le paiuzze argentate, e fu solo l'oscurità del bosco.
-Mio zio...Cedrick-
Un sorriso comparve sul viso del ragazzo, dopo di che si alzò da terra con le braccia incrociate al petto.
-Meglio se torni a casa, ho tutto ciò che mi serve-
Cibyll si alzò da terra, quando incontro gli occhi verdi di lui rabbrividì, e si diresse verso casa.
Ripensò alla prima volta che l'aveva incontrato, Come mai sei tutta sola nel bosco gli aveva chiesto e aveva terminato dicendo  E meglio se vai adesso, ti vedo un po infreddolita.
Ed ora gli aveva risposto in modo fin troppo simile riflette Cibyll.
intravide suo zio in lontananza urlare il suo nome, proseguì non sicura della sua scelta...

Amnesy- The Alpha insaneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora