Capitolo 1 (Venice)

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Era una giornata uggiosa alla Harvestone, ma nonostante abbia sempre vissuto in Inghilterra, la pioggia non mi è mai piaciuta.
Quel giorno avevo diverse lezioni, una più noiosa dell'altra. In prima ora mi aspettava la lezione di letteratura con la professoressa Murphy, conosciuta anche come "Vecchia Ciabatta" per via delle sue inseparabili babbucce. La professoressa Murphy aveva una voce gracchiante che ricordava quella di una cornacchia, e durante le sue lezioni passava il tempo a leggerci estratti da libri scritti nel secolo scorso; a me capitava spesso di addormentarmi e sognare i personaggi di quei romanzi, però in chiave moderna. Una volta mi capitò di sognare Heathcliff di Cime Tempestose che mi accompagnava in città sulla sua Harley Davidson.
Svogliatamente iniziai a prepararmi. Non avevo alcuna fretta di presentarmi in aula, dato che meno vedevo le mie compagne è meglio stavo. Vivendo in un istituto femminile, era normale crearsi delle antipatie, ma nel mio caso si poteva dire che mi odiassero tutti.
Presi il mio zainetto, un autentico pezzo vintage ereditato da mia madre, che in gioventù lo aveva usato come compagno di avventure. Era il mio oggetto più prezioso, perché me la ricordava e a me mancava moltissimo...
Uscii dalla mia stanza e camminai verso il corridoio che portava a Letteratura 3. Durante il tragitto mi distrassi a guardare la pioggia cadere fitta contro i vetri che costeggiavano il corridoio, e fu così che mi scontrai con la spalla contro quella di Jennifer Hu. Lei mi lanciò uno sguardo tagliente con i suoi occhi a mandorla, a cui aveva applicato lunghe ciglia scure. Le sue amiche ridacchiarono e mi guardarono dall'alto in basso, poi Jennifer disse: 《Guarda dove metti i piedi, sfigata.》 Ed io di istinto le risposi 《Ma guarda tu dove metti i pied》. Questo la fece andare su tutte le furie e mi spinse contro la parete, sussurro poi rabbiosa "Ci vediamo fuori dalla scuola Roth." E se ne andò.
Andai in classe e ripensai all'accaduto, era incredibile come Jennifer se la fosse presa, chissà che cosa mi avrebbe fatto...
Ce l'aveva sempre avuta con me in modo particolare, anche se non mi ero mai spiegata i motivi. Ci eravamo conosciute alle medie, ma finché andavamo in classi diverse non mi dava tanto fastidio.
Mi sedetti al banco in fondo all'aula dove ero da sola. Molte ragazze avevano vicino il loro gruppetto di amiche, ma nessuna di loro aveva mai provato a parlarmi. Jennifer aveva sparso delle voci sul mio conto e da allora tutte avevano preso ad evitarmi come la peste.
Passai tutta la lezione a pensare a quello che sarebbe accaduto più tardi.
Il tempo passò velocemente, il che fu strano, perché le lezioni di letteratura non finivano mai.
Presi le mie cose e camminai per il corridoio che portava alla mia stanza, quando sentii qualcuno tirarmi per il braccio e spingermi giù per le scale antincendio. Riuscii a posare goffamente i piedi su qualche gradino, ma verso metà rampa ruzzolai giù per la scalinata, ritrovandomi a terra con tutto il peso del corpo su ginocchia e palmi delle mani che si erano sbucciati.
Sentii una risata provenire dalle mie spalle, era il braccio destro di Jennifer, Olga Sutter.
≪Venice, non sai nemmeno camminare? Se ti metti K.O. da sola togli tutto il divertimento a Jennifer≫
Emisi un gemito di dolore e la ragazza mi strattonò per un gomito, mi portò giù fino al cortile. Lì c'erano Jennifer e Lisa che fumavano, appena mi videro, Jennifer ghignò malignamente, soffio fuori il fumo dalle labbra e disse ≪Sai che c'è Liz? Non ho più voglia di fumare≫ tentai di ritrarmi dalla presa di Olga, ma Jennifer fu più veloce. Mi prese una mano e spense la sigaretta sulla ferita che mi ero fatta poco prima cadendo. Trattenni un urlo di dolore solo per non darle la soddisfazione di vedermi cedere. Jennifer si irrigidì E strinse le labbra in una linea sottile, probabilmente avrebbe voluto che urlassi e piangessi, ma non lo feci. Mi colpì in pieno volto con un pugno che mi fece vedere piccoli puntini bianchi e luminosi. Sentii un sapore ferroso in bocca ed ancora una volta mi ritrovai a terra, sdraiata trai ciuffi d'erba bagnata e il fango. Nemmeno mi accorsi di quello che Olga stava per fare. Avvertii il dolore solo quando il suo calcio affondò nel mio ventre, facendomi sputare il sangue causato dal pugno dell'asiatica. In quel momento Lisa parlò: ≪Ragazze, guardate come l'avete ridotta. È tutta sporca. Facciamole fare un bel bagnetto≫
Mi prese per i capelli e mi trascinò per qualche metro, tentai di tirare qualche colpo alla cieca e le colpii un polpaccio, ma non sembrò nemmeno avvertirlo. Socchiusi gli occhi e vidi Jennifer togliersi la cintura che portava in vita, me la passò attorno le braccia e me le strinse forte al petto.
≪Così non protrai più tirare spallate alla gente≫ poi mi spinse col piede, facendomi rotolare dentro il laghetto.
Le acque gelide di novembre paralizzarlo tutti i miei sensi per qualche istante, non dandomi nemmeno la forza di reagire, poi il mio corpo tornò reattivo tutto d'un colpo. Tossii a causa dell'acqua che stavo ingoiando e poi sentii una risata allontanarsi dal laghetto. Le tre stronze se n'erano andate. Sarei sicuramente morta, con le braccia immobilizzate non avrei potuto aggrapparmi agli argini dello stagno e tirarmi sù.
Poco male, i miei genitori mi aspettavano in paradiso.
Fu allora che sentii un paio di mani gentili tirarmi fuori dall'acqua, ero rimasta senza respiro per troppo tempo per essere del tutto conscia di quello che mi stava accadendo. Provai a guardare il mio salvatore, ma ciò che vidi fu una zazzera di ricci capelli e un volto dai lineamenti sfumati.
≪Non temere, ci sono io con te ora≫ sentii il corpo caldo stringersi al mio, gelido.
E poi, più nulla.

Mi risvegliai qualche ora dopo in infermeria.
D'istinto mi guardai la mano ferita, poi voltai il viso e provai a respirare. Ora riuscivo a farlo.
Avevo un mal di testa fortissimo, ma questo non mi pentii di pensare al misterioso ragazzo che mi aveva tratto in salvo.
L'infermiera tirò le tende del mio letto e mi chiese come stavo, non le risposi e dissi ≪chi mi ha portato qui?≫
≪È stato un ragazzo, non ha detto il suo nome, ma ha detto che lui ti proteggerà sempre≫.
Oh wow, ora avevo anche una sorta di angelo custode? Peccato non fosse intervenuto prima, mentre Jennifer, Olga e Lisa mi picchiavano.
L'infermiera mi chiese se volessi denunciare i miei aggressori, dissi di no. Tanto non sarebbe servito a niente dato che la madre di Jennifer era la preside.
Quando mi fui del tutto ripresa tornai in camera mia, io stavo in una camera singola, per questo fui sorpresa quando vidi la donna delle pulizie portare le lenzuola per un secondo letto.
Sulla porto, sotto il mio nome adesso ne figurava uno nuovo: Ariel Storm.

The Other Me || Harry Styles Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora