Leaving

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Gennaio 1942

I Giapponesi avevano attaccato Pearl Harbor e in meno di un mese il governo americano aveva organizzato ed armato alle truppe, pronto per mandare i soldati a proteggere la patria.
Un modo più carino ed onorevole per dire che sarebbero stati mandati a morire e che con poche probabilità sarebbero tornati tutti a casa.
Lydia stava avendo una crisi di nervi, cercava di nascondere l'agitazione dietro a sorrisi tirati e gesti affettuosi, ma lui vedeva le mani tremanti e gli occhi colmi di terrore ogni volta che incontrava il suo sguardo.
Stiles aveva accettato silenziosamente la cosa, non che avesse altre possibilità.
All'inizio era arrabbiato, arrabbiato perché loro ne erano rimasti fuori da tutta quella merda, arrabbiato perché avevano iniziato a reclutare fra i civili.
Poi la rabbia era stata sostituita dalla paura. Paura di non tornare, paura di non riuscire più a vedere quegli occhi verdi che amava così tanto in tutte le sue sfumature, paura di lasciar solo suo padre dopo la morte della moglie, paura di non essere ricordato.
L'aeroporto era pieno di persone che si muovevano rapidamente, altre che si abbracciavano silenziosamente. Le mani che stropicciavano vestiti e divise, le dita che si arpionavano alle anime delle persone che stavano per lasciare e che non avrebbero rivisto per molto tempo, se non per sempre. Occhi pieni di emozioni, pieni di parole non dette e saturi di ripensamenti. Ragazzini troppo giovani che trasportavano borse troppo grandi e con divise che stavano troppo larghe sulle spalle. Madri che cercavano di essere forti per i loro figli, ma che sarebbero cadute a pezzi non appena questi avrebbero svoltato l'angolo.
L'aria – nonostante fossero all'aperto – era pregna dell'odore della paura, del timore e del silenzio. Il rumore lì era assordante, ma il silenzio lo era ancora di più, quello della gente che stava zitta e non diceva niente per non peggiorare le cose. Quel silenzio opprimente che adesso stava separando anche loro due.
Si stavano guardando negli occhi e quello bastava, sì, era sempre bastato. Uno sguardo che per loro era tutto, era mi dispiace, era non lasciarmi e soprattutto eraho paura.
«Promettimi che tornerai.» sussurrò, nell'abbraccio in cui si stavano stringendo.
La sua voce – solitamente allegra e troppo acuta, di quelle che ti scaldano il cuore e che ti fanno sorridere veramente – era ora debole e forzata, come se la stesse tirando fuori con la forza, come se qualcosa la bloccasse dal profondo.
«Te lo prometto.» le rispose Stiles, allontanandosi quel poco che bastava per permettergli di guardare la ragazza dritta negli occhi più verdi che avesse mai visto.
Lei annuì, scuotendo la testa vigorosamente, mentre si mordeva il labbro inferiore cercando di non crollare. Non poteva, non lì davanti a lui. Sarebbe stato l'ultimo suo ricordo mentre lui sarebbe stato laggiù a combattere. Doveva mostrarsi forte ed imprimere nella mente del ragazzo quell'immagine di lei. Lui capì i suoi intenti e le posò una mano sulla guancia, attorcigliando le dita affusolate ai capelli biondo fragola di lei.
«Va tutto bene, Lydia. Va tutto bene.» bisbigliò ad un centimetro dalle sue labbra, prima di unirle con le sue in un bacio dolce e delicato.
Lo stesso pensiero attraversò la mente di entrambi, nonostante non lo avrebbero mai ammesso.
Un bacio d'addio.
Si separarono lentamente, come se questo potesse allontanare la loro divisione. Come se avessero potuto bloccare tutto, fermarsi in quel momento e non andare da nessuna parte. Niente guerra, niente morte e nient'altro. Solo loro due, lì, che si baciavano e si tenevano stretti l'uno all'altra.
L'uno l'ancora dell'altra e viceversa. Si sostenevano a vicenda e si ancoravano alla realtà, insieme.
Un richiamo risuonò forte nel freddo frastuono circostante, quello decisivo.
Lentamente, il braccio di lui abbandonò la vita di Lydia e la mano che le accarezzava la gota, scivolò sul braccio di lei fino a prenderle la mano con quel misto di decisione e delicatezza che usava per toccarla. Per non spezzarla, non romperla e per tenere insieme i pezzi da cui era composta dopo tutte le fratture subite nella sua vita. L'amore che provava per lei che traspariva ad ogni tocco, racchiuso in quella stretta di mano, le dita intrecciate e il respiro mozzato dalle emozioni che si stavano facendo strada in entrambi.
«Un'ultima cosa...» disse, avvicinando le loro mani alle labbra per poter lasciare un bacio delicato su quella candida di lei. «Qualunque cosa.»
«Solo... non dimenticarmi.» pregò guardandola intensamente negli occhi color smeraldo.ù
«Non lo farò.» rispose, gli occhi che ormai non trattenevano più le lacrime salate che iniziavano a colarle sulle guance arrossate.
«Non ti dimenticherò.»

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