V. Niente lava via il sangue

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Non faccio neanche in tempo a voltarmi, che il colpo esplode dalla canna della pistola e si pianta dentro la clavicola, buttandomi all'indietro. Sbatto la schiena contro il muro e mi accartoccio scivolando lungo il pavimento, mentre l'odore del sangue penetra dalla base del naso e sale su fino al cervello. La vista è annebbiata, ma riesco ancora a percorrere i lineamenti del sicario che mi osserva dall'alto in basso. Soddisfatto.
Nora si avvicina lentamente, impugnando la rivoltella. Si china alla mia altezza, piegandosi sui polpacci. E mi preme la canna sotto il mento.
-Detective Aron Akesson!- dice con flemma il mio intero nome, sorridendo apatica -come ci si sente ad aver abbracciato un assassino e ad averlo lasciato andare?-
Impotente, negligente, stupido, cieco. Ecco come mi sento.
-Hai organizzato tutto nei minimi particolari.- biascico.
-Sì! Sono stata brava, vero? Ho giocato dall'inizio, avevate il sicario a un passo da voi e nemmeno ve ne siete accorti.-
Muovo le labbra, cercando saliva, ma la mia bocca è asciutta, la gola è arida e sto perdendo troppo sangue.
-Vuoi sapere come ho fatto a fare tutto?- mi anticipa lei.
-No.- obietto -Voglio sapere "perchè".-
Lei ride di gusto. La sua risata viene dal fondo del corpo, la scuote tutta, come se avessi posto una domanda assurda. Poi mi punta addosso uno sguardo vuoto, un pozzo nero senza fine alcuna, dove tutto ciò che cade scompare.
-Ci sono persone che odiamo, al punto tale da desiderare la loro morte. E ci sono persone che non amano sporcarsi le mani, che lasciano il lavoro infame a gente come me. Per me non è mai stato un problema ammazzare per soldi. E che ero un sicario ci eri arrivato, l'unico tassello che hai messo a posto.-
Ora sono io a ridere, anche se debolmente, anche se mi costa fatica.
-Oh no! Alla fine ho anche capito che Nyman non c'entrava niente con gli altri omicidi, solo che non sapevo come avessi fatto a coinvolgerlo e ad orchestrare tutto. Solo una mente altamente organizzata avrebbe potuto premeditare ogni singola mossa e situazione. Ecco perchè voglio sapere il motivo.-
Nora mi stringe il volto tra l'indice e il pollice e mi costringe a guardarla, mentre con l'altra mano spinge la pistola al centro del petto, con il dito sul grilletto.
-E come avresti fatto? Sentiamo!- Il suo tono sa di nuova sfida.
Rispondo digrignando i denti, sputando le parole contro il dolore lancinante che si è già diffuso lungo la spalla e il braccio.
-Nyman era mancino, il sicario no.-
Inclina il capo di lato, abbozzando un sorriso.
-E come fai a dire che sia così?-
-Nyman aveva la pistola nella mano sinistra quando l'ho ucciso, il sicario era destrimano. Ho analizzato il taglio chirurgico su Desiree Holmgren, quando le hai reciso la gola. Gliel'hai recisa dopo morta, forse l'hai strangolata, o iniettato dell'insulina, l'hai fatto dopo morta così che il sangue non fosse fuoriuscito a fiotti, ecco perchè era tutto pulito, quindi per reciderla ti sei accomodata di fronte a lei. La pressione maggiore del taglio sul lato sinistro vuol dire che il bisturi è stato mosso da sinistra verso destra, come farebbe un destrimano. Nyman avrebbe usato l'altro senso.-
Nora mi osserva in silenzio. Aver dimenticato un dettaglio del genere la innervosisce e la rende fragile, vulnerabile.
-Perspicace.- riesce solo a commentare con disprezzo. Poi fa un respiro profondo. -Ora ti spiego come è andata.-

Madeline frequentava un corso di scrittura creativa, così sono diventata amica sua in poco tempo sfruttando una sua passione. Nessuno mi aveva incaricato di ucciderla. Jensen è stato l'ultimo, ma qualcuno doveva sacrificarsi per il mio progetto. Jensen sarebbe dovuto partire la notte stessa in auto ed arrivare dall'altra parte del paese il pomeriggio del giorno successivo, quindi avevo tutto il tempo prima che ne fosse scoperto il cadavere. Una volta ucciso, credo fossero le 4:00, sono andata da Madeline verso la tarda mattinata e l'ho fatta a pezzi. Sai qual è stata l'ultima cosa che mi ha detto?
Nora.
Ha urlato il mio nome, Akesson.
Mi ha supplicato di fermarmi, mentre iniziavo a pugnalarla, ha continuato a farlo mentre la vivisezionavo da sveglia. Diceva: "Nora, Nora, perchè?". Dio, quanto piagnucolava!
Poi ho acceso una sigaretta, ho tirato un paio di volte, il sapore del fumo mi allagava la bocca premiandomi del lavoro svolto, ho assaporato il sangue di Madeline rimasto sul filtro, mentre gocciolava ovunque dal mio corpo. Si scivolava per tutto il sangue che c'era. Quanto sangue può contenere un corpo magro e sottile come quello di Madeline? Mi sono sfilata la maglia, l'ho stretta tra i denti e ho avvicinato la sigaretta al petto. Il suono della sigaretta che si spegneva sul cuore era più penetrante del dolore stesso. La puzza della mia carne che bruciava lottava con quella del ferro sanguigno. Alla fine ho indossato la maschera da brava vittima fuggita al macello e ho iniziato a correre in strada urlando.
Vi ho infarcito con le mie bugie, con la mia aria da ragazza innocente e perseguitata. Avete tentato di proteggermi dal sicario, ma il sicario ero io. E non potevate proteggermi da me stessa. Così ho sfilato il taglierino dalla tasca di Nyman, il giorno in cui ho dato di matto, il giorno in cui sei entrato tu, Aron Akesson, nella stanza, per chiedermi cosa ricordavo. Ho tagliato le mani e i polsi, ho scritto sul muro e dopo ho chiamato aiuto con la forza che mi era rimasta. Solo qualche giorno dopo, nelle mie sedute private con Nyman ho infilato il taglierino nella tasca del suo cappotto, senza che lui sapesse nulla.
-Come hai convinto Nyman?- Akesson deglutisce a fatica, il volto bianco, emaciato, le pupille vitree e le palpebre stanche sono indice del suo pessimo stato di salute.
Io rido, poi gli blocco le gambe sotto le mie, e premo la canna sotto il mento, costringendolo a sollevarlo. Gli scosto la camicia, lasciando scoperta la spalla ferita. Infilo un dito nella lacerazione e le sue urla mi perforano le orecchie come dolce melodia.
-Lo senti il dolore?- grido sulle sue grida. -Lo senti quanto è forte? Quanto può arrivare ad ammazzare una persona?-
Levo il dito e lui sospira stremato.
-Ora, prova a pensare di avere una figlia e una moglie, in un'altra città. Prova a pensare che qualcuno le abbia prese e che l'unico modo per salvarle sia quello di contrattare con chi potrebbe ucciderle, con chi sa uccidere, perchè ha ucciso un milione di volte e l'ha sempre fatta franca.-
Akesson ha le braccia abbandonate al suolo, il suo corpo è schiacciato dal mio.
-Il pacco me l'hai inviato prima, vero?- sussurra.
Annuisco piano, più volte, compiaciuta per il mio schema così ben costruito, così artefatto, un castello fatto di mattoni, che nemmeno cento bombe avrebbero buttato giù.
-Ho chiesto che venisse recapitato in un giorno preciso. Ho detto che era per un compleanno. Invece era solo per torturarvi e terminare quello che avevo iniziato.-
-Perchè tutto questo?-
Ora Akesson trema. Quanto ci mette un uomo a morire per dissanguamento, per setticemia, per un colpo da arma da fuoco? Quanto può resistere un corpo prima di decomporsi e abbandonare la vita? Quanto prima che arrivi l'arresa?
-Nyman ha eseguito subito i miei ordini.- continuo ignorando la sua domanda. Devo prima finire di raccontare come sono andate davvero le cose. -Non ha obiettato. Sapevo troppe cose di lui. Sai, mio dolce Aron, i sicari sono persone precise, fanno ricerche, a volte anche per mesi, per questo non sbagliano mai. Non avrebbe potuto spifferare nulla alla polizia, nè prima, nè dopo, perchè conosceva bene la mia abilità di assassina, era terrorizzato. La paura del dolore è più forte del dolore stesso. Tartassa il cervello peggio di un parassita affamato. Diventa paranoia allo stato puro, si arriva ad impazzire.-
-Perchè tutto questo, Nora?- chiede di nuovo.
-Non ho finito!- bercio. Poi prendo un respiro profondo. -Porta pazienza. E' sempre stata una tua pecca. Non aspetti, non hai tempo. Questo è il mio gioco, sono le mie regole. Ho deciso io quando iniziare, deciderò io quando finire.-
Mi fissa senza dire niente. Quanto ti resta, Akesson? Qualche ora? Qualche minuto? La mia pistola è così vicina al tuo cervello che lasciartela esplodere sarebbe solo questione di secondi.
-Nyman ha eseguito i miei ordini, dicevo. Le colpe dovevano ricadere su di lui. Ho spiegato come fare, chi uccidere, così che io avessi avuto un alibi e Nyman colto sul fatto e ucciso. L'ho costretto a dirvi che l'iniziativa di parlare solo con me fosse sua, l'ho costretto a dialogare con me non nella stanza degli interrogatori, ma in una che fosse comunque provvista di telecamere, a mettere su la sceneggiata del bacio e della comprensione, così da reputarlo instabile, pericoloso e doppiogiochista. Cosa non si fa per la propria famiglia? Cosa non si fa per amore? Si arriva persino ad uccidere.-
Akesson non fiata, non dice mezza parola.
-Hai paura, Aron?- domando. Poi accosto le mie labbra al suo orecchio, fino a baciargli il lobo. Sussurro: -Sai?, non siamo tanto diversi io e te. Ammazziamo persone. Quante persone hai ammazzato nella tua vita, Aron? Quante ne hai viste morire? Ora tocca a te. Come ci si sente ad essere dalla parte di chi muore?-
Mi allontano per scrutare di nuovo il suo viso. Gli occhi sono ridotti a due fessure, come se cercasse di capire il motivo per cui io abbia fatto quello che ho fatto.
-Ora puoi farmi la domanda. Ora è il tempo di chiedere.-
Scuote la testa, rassegnato.
-Tu sei pazza. Deviata.- arranca, il petto si alza e si abbassa convulso, il respiro è corto. Corto, corto, sempre più corto. -Io e te siamo diversi. Io uccido quando non ho altra scelta, uccido per giustizia. Tu uccidi per denaro, e, a quanto pare, non solo.-
Sposto la rivoltella dal mento alla fronte.
-Vuoi uccidermi? Fallo.- insiste. -Che ti costa? Hai ucciso per meno. Tanto la farai franca, no?-
-Fai la domanda.-
-Vuoi liberarti la coscienza, Nora? Credi che basti una giustificazione per pulirti da tutto il sangue? Niente lava via il sangue.-
Levo la canna dalla sua testa. Un groppo mi sale alla gola e la mia voce esce smorzata, spezzata in mille cocci, come il vetro che graffia la gola furioso. Non m'importa di niente. Io spiegherò il motivo, che Akesson me lo chieda oppure no.
-La prima volta che mio padre abusò di me fu dopo il suicidio di mia sorella. Morta una, se ne faceva un'altra. Sarebbe stato capace di ingravidare mia madre di nuovo, per procreare altri corpi da violare. Mia sorella rimase incinta e per la vergogna si impiccò. In camera nostra. Un giorno mi sono svegliata e ho visto i suoi piedi pendere giù dal soffitto. Non credevo che il lampadario di casa fosse così resistente, tanto da reggere un corpo di cinquanta chili. Mia madre non disse niente. Non ha mai detto niente. Sapeva tutto, ma restava in silenzio.-
Non mi rendo conto della lacrima che è già arrivata alle labbra. Non mi accorgo che una seconda sta già nascendo, e con lei una terza e una quarta. E in poco mi trovo a piangere, con il volto di marmo, immobile. Immobile come lo è stata mia madre. E tutti gli altri.
-Mi ha portato in stanza, quella che prima era mia e di mia sorella. E che, invece, era diventata la tomba di ogni salvezza. Mi ha tolto i pantaloni, si è tolto i suoi. Mi ha accarezzato i capelli e baciato la guancia. Mi ha sfilato la maglietta, mentre mi diceva di stare tranquilla, che mi sarebbe piaciuto, che mi amava, che mi amava tanto. Quella era una forma d'amore, che io non potevo capire, ma che avrei capito, poi, da grande.-
Akesson apre bocca per dire qualcosa, o forse solo per respirare meglio. Ma io lo interrompo sul nascere.
-Avevo otto anni. Rimase quasi deluso dal mio seno piatto. Gli occhi di un padre deluso fanno male, molto male. Così è iniziato il calvario. Ogni giorno. Per nove anni. A diciassette sono scappata di casa. Io non lo volevo dentro di me. Non lo volevo dentro di me. Mi stava uccidendo. Ha continuato a farlo anche dopo, anche adesso lo sta facendo. Mi ucciderà anche dopo morta, anche da morto-
-Nora, mi dispiace.- mormora Akesson alzando una mano verso di me. Compassionevole, dispiaciuto. Serro di più la presa sulla pistola e lui sente il metallo infilzarsi prepotente sulla pelle. Gli faccio pena. Non più paura. -Un padre non dovrebbe amare così- commentò abbassando il braccio e ritornando al suo posto -ma non possono pagare gli altri per lui.-
Un sorriso mi dipinge il viso, e mi sento di colpo forte, viva. Rinata. Mi asciugo le guance con la mano libera, quella che non regge il metallo da sparo.
-Oh, ma lui ha pagato! Nyman lo ha ucciso! E' per questo che ho architettato tutto.-
Akesson corruga la fronte, come se ci fosse qualcosa fuori posto nel mio racconto.
-Perchè non lo hai ucciso tu stessa, Nora?-
Mi alzo, sollevo il peso dal suo corpo, ormai inerme. Ho pensato spesso di farlo. Ho immaginato di ucciderlo in tanto modi diversi. Con tante armi diverse. Colpirlo in tanti punti diversi. Ma il pensiero come veniva così se ne andava.
-E' mio padre, Aron.- rispondo -Nonostante tutto. Nonostante il male e il dolore. E' mio padre.-

Nora mi guarda da lontano, adesso. Quanto può arrivare a sopportare una persona prima di impazzire? Quanto terrore possono contenere le vene insieme al sangue? Quanto ci mette a mangiare il cervello di una donna? E' così che si diventa zombie. E' così che si arriva a non sentire più nulla.
-Non è mai stata fatta giustizia.- la sua voce è strascicata. -Voi non ne siete stati capaci. Mai.-
La vista è offuscata. Saranno passate almeno due ore da quando mi ha sparato.
-Ci metterai poco a morire.-
Ci metterò poco a morire.
-E ora che vorresti fare? Fuggire e continuare ad uccidere?-
Nora ride, spostandosi i capelli dalla fronte sudata e dalle guance bagnate. Rafforza la presa sul calcio della pistola, puntandomela contro. Il suono dell'esplosione anticipa solo di un nanosecondo l'impatto. Mi prende in pieno lo sterno. L'odore della polvere da sparo sale in fondo alle narici ed io mi accascio al suolo, imbevendomi nel mio stesso sangue.
-Voi non siete capaci di fare giustizia.- dice arrabbiata e arresa. - Voi no, ma io sì-
La sua voce arriva lontana, la sua figura è indistinta. Ma prima di morire, ascolto. Ma prima di morire, vedo.
Nora che si infila la canna della pistola in bocca.

Sono intorpidita, faccio fatica a mettere a fuoco la figura che mi è di fronte. Sotto di me preme un materasso poco scomodo. Tento di alzare le braccia per strofinarmi gli occhi, ma le riscopro legate da delle cinghie. I polsi hanno ampie fasciature, le stesse che mi avvolsero dopo essermi ferita per scrivere sul muro con il mio sangue.
-Come si sente, Nora?-
Indirizzo lo sguardo verso la voce, stringo le pupille per focalizzare la sagoma e quando lo faccio si dilatano da sole per lo shock.
E' seduto al mio fianco e mi sta sorridendo affabile.
-Come si sente, Nora?- chiede ancora Nyman, accarezzandomi una mano.

Il sicario svedeseDove le storie prendono vita. Scoprilo ora