Una ragazza...

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Nata verso l'inizio di primavera, come un fiore delicato dai petali variopinti... Si, un fiore... Un fiore maledetto.

Il padre non si sa chi possa essere, la madre era una donna qualunque, giovane e bella, con una vita normale come tanti...

Fino a quando non incontro un uomo per strada, che senza troppe cerimonie la prese per il polso trascinandola in un vicolo, la spogliò senza che lei potesse fare qualcosa, troppo spaventata e debole in confronto a lui, anche se la voce non le mancava, infatti continuò ad urlare a squarciagola, ma nessuno, tra tutte le persone che passavano, si fermò anche solo un attimo ad aiutarla, per cui restò lì, a continuare a dire a quell'uomo "No! Basta! Ti prego! Non voglio!! Aiutatemi!!!" in preda alle lacrime mentre lui imperterrito continuava a denudare le parti che gli interessavano, stracciò la sua camicetta e ruppe il reggiseno andando a succhiare i capezzoli, come un bambino, ma mai quel gesto fu tanto disgustoso per la donna. Tolse anche la sua gonna e la privò dell'intimo, entrando in lei senza porsi tanti problemi, ignorando il pianto disperato della donna; non usò neanche protezioni, non gli importava minimamente. Alla fine venne davvero copioso dentro di lei, si sfilò da lei tirandosi poi su i pantaloni e andandosene come se niente fosse, camminando via, mentre lei cercò in sé un briciolo di lucidità per alzarsi mettendosi alla ben meglio i vestiti e andarsene a casa per poi chiudersi dentro, non voleva vedere e parlare com nessuno, fece solo una chiamata per chiedere ferie prolungate, cosa per lei insolita, ma dopo ciò si rintanò in casa mangiava e beveva poco, e quando dormiva aveva continui incubi su quell'uomo, che, ironia della sorte, morì in un incidente stradale, ma questo lei non lo seppe mai, perché non accendeva il televisore, non usava il cellulare, non aveva contatti col mondo, e nemmeno le interessava averli. Passavano i giorni, passavano le settimane, passavano i mesi, fino a quando lei non era diventata pelle e ossa, e dei poliziotti bussarono, chiamati da dei vicini che non vedevano la donna da troppo tempo e si erano preoccupati, e la trovarono semi scheletrica... Ma con il ventre gonfio, così la portarono in ospedale dove venne ricoverata a dovere, scoprendo di essere anche incinta, non avendo usato nessun metodo contraccettivo; subito lei chiese l'aborto immediato, non volendo un figlio che somigliasse anche di poco a quell'essere, ma ormai il bambino, in questo caso bambina, era già formata e non lo potettero fare, costringendo la donna a partorire. Nacque una femminuccia, dai capelli rosso molto scuro, quasi neri ma dai riflessi color tramonto, e gli occhi....quegli occhi che la madre vide nel suo stupratore, uno dorato come uno splendido topazio, preso dal cuore del sole, l'altro azzurro come il più lucente degli zaffiri, trovato tra o ghiacciai più freddi; appena la madre vide quegli occhi si disgustò come non mai, pensava che forse non si sarebbe notata la somiglianza, così da poterla crescere senza più pensarci, ma vedendo quegli occhi... Capì che con o senza somiglianza non sarebbe mai riuscita a crescerla normalmente. I midici continuarono a darle flebo e antidepressivi, anche se allattava la piccola, e per lei era un gesto tanto orrido, ricordandole che anche quell'uomo lo fece, sia liberatorio, perché la privava di ogni cosa che riguardasse la bimba e il padre. Passò un anno on quell'ospedale, e la bambina non uscì mai da lì, volendo stare con la madre nonostante quando dava di matto la picchiava e le davano dei calmanti. Un giorno che sembrava come tanti, proprio come il giorno dello stupro, lei riuscì a prendere il flacone degli antidepressivi e li ingerì tutti quanti, attendendo l'inevitabile. I medici la trovarono lì, stesa sul letto, con la piccola tra le braccia senza vita della madre; quella bambina aveva vissuto con lei senza mai smettere di amarla, e quando non la vedeva mandarla via quando si era messa tra le sua braccia, pensava che forse ora le voleva bene, che l'aveva accettata per quello che era, senza sapere che si era suicidata. Alcuni giorni dopo si svolse il funerale, andarono alcuni cari amici e pochi parenti, più dettagliatamente i genitori e la sorella, tutti furiosi con i medici per aver permesso una cosa simile dentro l'ospedale, e quando spiegarono loro tutta la situazione si sentirono grida di maledizioni contro la bimba, che all'insaputa dei partecipanti, era nascosta e sentiva ogni loro parola, cercando di non piangere. Nessuno le aveva ancora dato un nome, la madre non ha mai voluto e allora un paziente, molto anziano e malato gravemente, che stava nella stanza affianco e che era andato a vedere, nonostante gli fosse sconsigliato di stare in piedi, il trambusto sentendo della donna ormai deceduta e del problema del nome, pronunciò con voce un po' tremante "Aoki"
Tutti si voltarono verso di lui per avere spiegazioni e lui disse dopo qualche colpo di tosse "Ao è blu, ki è giallo, come i suoi occhi....e visto quello che ha fato la madre, somiglia alla foresta di Aokigahara, la foresta dei suicidi..." dopo che ebbe detto ciò tossí sputando sangue e cadde a terra, vani furono i tentativi dei medici di salvarlo, ormai il cuore non batteva più... Il nome della bambina alla fine fu proprio Aoki, nome tanto appropriato quanto abbastanza crudele da darle, ma così fu...
Dopo ciò non potendo più stare in ospedale, non avendo alcun motivo di rimanenza, la mandarono in una famiglia affidataria, una di quelle famiglie normali con genitori perfetti e un figlio un po' più grande di lei, sembravano perfetti...fino a quando non entrò in casa; la accolsero nel migliore dei modi, con sorrisi calorosi e una cena perfetta, una camera tutta per lei, era tutto sensazionale.... ma mentre stava per addormentarsi sentì uno stano rumore, rivelandosi poi essere il "padre" della piccola Aoki che si avvicinava a lei "piccola vuoi che il papà dorma con te? Così non hai gli incubi" ma lei, anche un po' intimorita dal suo tono di voce rispose "n-no grazie sto bene così...signore" non riusciva proprio a chiamarlo papà o in qualunque altro modo lo associasse alla figura paterna, anche se non ne capiva il perché. L'uomo non volle insistere per quell'occasione e se ne andò, anche se abbastanza stizzito; dopo un po' di tempo arrivò a disturbare il suo sonno anche il "fratello" che le chiese la stessa cosa ma lei, come prima, declinò l'invito, e a quel punto una volta uscito il ragazzo, si chiuse a chiave dentro la camera, avendo finalmente sonni tranquilli. La mattina dopo quando si alzò e andò dalla sua "famiglia", anche se trovò solo la donna di casa, ricevette un sonoro schiaffo da parte della suddetta "madre" che le disse furiosa "che diavolo ti salta in mente ragazzina?! Chiuderti in stanza da sola dopo aver anche chiesto in maniera spudorata a mio marito di dormire con te! E non contenta di un rifiuto lo hai chiesto anche a mio figlio!" lei ascoltava incredula da quel ceffone e confusa da quelle parole, dato che è successo il contrario di quello descritto dalla signora, così provò a spiegare quanto accaduto "m-ma mamma io non-" non ebbe nemmeno il tempo di finire la frase che la interruppe "non mi chiamare mamma! E te lo ripeto una volta sola, sei avvisata: non prenderti tante libertà solo perché sei appena arrivata!"
Evidentemente lei non sapeva cos'era accaduto alla bambina, ma se anche così fosse stato non sarebbe cambiato molto; sta di fatto che i due uomini di famiglia cercarono in tutti i modi per stare soli con lei o cercare contatti fisici, anche se lievi: ogni qual volta che la guardavano sembravano quasi non essere in loro e avevano uno strano atteggiamento, continuando a ripetere ad Aoki alcune frasi che avevano tutte lo stesso significato ma che, dalla prima vofiglioe le sentiva, le hanno fatto ribrezzo....

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