Capitolo 3: Un incontro che fa acqua da tutte le parti

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Pov Caroline

Stavo guardando il sole sorgere, i riflessi sull'acqua erano magnifici e non potevo fare a meno di osservarli incantata.
Volevo fare un altro passo avanti per vedere il sole colpire la riva del lago dove stavo, quando persi l'equilibrio, finì nell'acqua gelida e torbida. Non so nuotare e disperatamente cercavo di rimanere a galla ma senza risultati. I vestiti bagnati mi trascinavano verso il basso e i polmoni stavano per scoppiare chiedendo aria. Dio se mi stai ascoltando, ti prego, aiutami!
Sentì l'acqua entrarmi nel naso, cercavo invano di risalire, tutto si stava offuscando e il mio corpo iniziava a non rispondere ai comandi che il mio cervello, esasperato dalla mancanza di ossigeno, dava.
Tutto si fece nero, non voglio morire così... ho detto un centinaio di preghiere nella mia testa ma nessuno sembrava volerle ascoltare.
Credo di avere perso i sensi, ho sentito qualche istante dopo un tonfo, qualcuno doveva essersi tuffato in acqua, subito ho sentito due possenti mani prendermi per i fianchi e il mio corpo ebbe un brivido non appena fu messo a contatto con l'aria fredda di Manhattan. Sentivo a mala pena una voce che parlava ma non capivo cosa stesse dicendo. Nemmeno una parola.
Sentivo le stesse mani che mi avevano tirato fuori dall'acqua iniziare a premere sul mio petto in modo ritmico e iniziai a sputare acqua tossendo in modo affannoso cercando aria ma i miei polmoni erano così pieni di liquido che non ci riuscivo, ad un tratto sentì due labbra calde posarsi sulle mie e sentì che finalmente riuscivo a prendere aria.

Iniziai a riprendere conoscenza, aprì gli occhi lentamente per il fastidio che mi dava il sole appena sorto, la vista era ancora offuscata e cercai di mettermi seduta. Iniziai a sputare acqua e sentì qualcosa che mi veniva posato dolcemente sulle spalle, era una giacca. Una volta che la vista fu tornata normale e i miei polmoni non avevano più acqua da espellere e iniziai a fare lunghi respiri. Sentì una voce profonda e una grande mano posarsi sulla mia spalla.
"Stai bene?", alzai la testa e vidi l'uomo che a quanto pare mi aveva salvata.
Era molto più alto di me e le spalle, come il petto erano grandi il doppio del mio, il suo corpo sembrava quello di un dio più che di un uomo normale.
Il suo fisico era asciutto e scolpito. La camicia bianca fradicia ormai trasparente mostrava i bicipiti scolpiti e gli addominali, sentì un gran calore alle guance, ero rossa come un peperone. Dannazione!! Provando ad abbassare lo sguardo l'occhio mi caddé sul cavallo dei suoi pantaloni, credo di essere sbiancata perché l'uomo ripeté allarmato la domanda:"Stai bene?!", i suoi pantaloni neri erano molto sottili e si erano attaccati alla pelle a causa dell'acqua che anche con il grande cavallo dei pantaloni non riuscivano a nascondere l'enorme protuberanza.
Sentì di nuovo un intenso calore alle guance. Sono una stupida! Perché mi metto guardare in questo modo?! Dio non l'ho fatto apposta! Che vergogna!
Sorrisi appena:"si sto bene... grazie per avermi aiutata", cercavo di concentrarmi sul suo viso per evitare di guardare di nuovo in un punto che mi avrebbe messo in grande difficoltà. Di membri ne vedo tutti i giorni ma mi imbarazzo comunque.
Il mio salvatore dimostrava di avere più o meno quasi i quarant'anni, i suoi tratti erano marcati, i suoi capelli erano di un meraviglioso rosso scuro, erano pettinati all'indietro e finivano in un codino, alcuni ciuffi gli cadevano in modo elegante sul volto.

Aveva dei baffi non troppo folti e il pizzetto.

I suoi occhi erano di un profondo verde scuro, il suo sguardo era di uno che aveva esperienza e anche di uno che ne doveva aver passate tante.

L'uomo si accucciò d'avanti a me, fece un caldo sorriso e disse:"senti, sei tutta bagnata, forse ti dovrei portare a casa mia per farti asciugare un pò", il tono era pacato e aveva un qualcosa di ammaliante, annui arrossendo visto che il mio vestito rimaneva attaccato al mio corpo, mostrando fin troppo. Guardai il mio salvatore:"grazie ancora per avermi salvata... io mi chiamo Caroline Johnson", cercavo di essere il meno timida possibile nel pronunciare quelle parole, mi sentivo così impacciata.

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