Capter 3

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"Che ci fai qui??" Chiedo sorpreso. Alza lo sguardo e vedo le lacrime righarle il volto.

"Io..io..mi dispiace Harry" dice in preda al panico "è stato un errore venire qui. Un enorme errore. Sono di troppo. Io vado". Prende il manico della sua valigia e fa per andarsene, ma io le prendo il polso.

"Ehi. Cosa stai dicendo? Sei mia sorella e io ci sono sempre per te" dico. Gemma mi abbraccia e io ricambio.

"Mi spieghi che è successo? Vieni entra" dico aprendo la porta di ingresso e sistemando la sua valigia vicino al attaccapanni.

"Ecco. Mamma e papà hanno litigato" dice asciugandosi una lacrima.

"Loro litigano sempre, non vedo qual' è il problema" dico guardandola

"Questa volta è diverso. Sono uscite grida, insulti e... divorzio"

"Perché hanno litigato?"

"Per te" dice guardandomi negli occhi. "Per te. Mamma ti rivoleva, lei ti accetta, vuole solo il suo bambino a casa con lei"

"Fammi indovinare. Papà non vuole e non vorrà mai" dico

"Si. Appena la mamma le lo ha detto è andato su tutte le furie. Urlava che non voleva un gay a casa sua e che... si pente di averti fatto nascere... che è stato un errore...". Quelle parole le sapevo, me le aveva dette di persona, ma è sempre difficile risentirle, è sempre difficile ricucire la ferita. È pur sempre mio padre e non volevo questo. Volevo una vita normale. Lui era normale prima di saperlo. Era come tutti gli altri. Mi portava a guardare le partite di calcio, a prendere un hamburger, a giocare con gli altri bambini. Poi è arrivato quel giorno

Entro a casa e lascio le chiavi sulla mensola.
"Sono a casa!!!" Urlo. Appena entro in sala vedo tutti a tavola. Gemma, mia madre e mio padre. Felici e che ridono, mangiando pizza.

"Allora? Come è andata alla partita?" Chiede mio padre. Una luce negli occhi, è sempre stato così. Orgoglioso di suo figlio che gioca a calcio. Che diventerà un uomo.

"3 a 2 per noi" rispondo, sedendomi vicino a Gemma. Lei si gira e mi sorride.

"Bravo. Hai trovato la ragazza? Quella...Hanna Non è male" dice mangiando un pezzo di pizza. Dovevo dirlelo. Ora o mai più.

"Non mi interessa per la verità" dico. Non ho toccato neanche un trancio.

"Guarda che non è male. È abbastanza carina..." dice

"No, non hai capito" dico. Guardo mia madre che ha un sorriso spento e che mi sta supplicando con gli occhi di non farlo, ma devo.

"Non hai capito, papà. A me non interessano le ragazze" dico guardandolo.

"In che senso?" Dice con la bocca piena.

"Semplicemente non mi piacciono le ragazze. A me piacciono i ragazzi". Vedo papà soffocare e li corro subito in contro per aiutarlo. Appena sputa il pezzo di pizza, mi da uno spintone.

"Non mi toccare!" Dice. Indietreggio alle sue parole.

"Caro..." dice mia madre mettendoli una mano sulla spalla. Intanto Gemma era li che guardava me e mio padre è non sapeva cosa fare.

"Non mi faccio toccare da... da uno schifoso e orribile gay" dice. Quanto fanno male. Le migliori armi per uccidere sono le parole. Ti uccidono lentamente. Al inizio è solo una piccola ferita con piccole gocce di sangue, ma realizzando e capendo le ferite si aprono ancora di più trasformando quelle piccole gocce in mari.

"Sono sempre tuo figlio, papà. Sono sempre Harry!" Dico con le lacrime che cercano di minacciare di scendere.

"Non chiamarmi papà. Tu non sei mio figlio. Mio figlio non è un gay"

"Caro, stai esagerando" interviene mia madre.

"Sei tu! L' hai reso tu così! Uno smidollato!" Accusa mia madre

"Lei non ha fatto niente!" Dico in sua difesa.

"Vattene" dice mio padre

"Cosa?". Non può averlo detto sul serio...Non può cacciarmi

"Vattene subito da casa mia, ora!". Raccolgo quel piccolo grammo di orgoglio che mi rimane e salgo in camera mia. Appena entro, le lacrime iniziano ad uscire. Prendo subito la valigia dal armadio e inizio a buttarci i miei vestiti dentro. Non mi prendo neanche il disturbo di sistemarli. Sento dei passi correre su per le scale ed aprire la porta. Mi volto e vedo Gemma e mia madre. Appena mamma vede la valigia, le si riempono gli occhi di lacrime.

"Ti prego, Harry" dice. Non la ascolto e continuo a infilare dentro le mie cose nella valigia.

"Harry" dice Gemma. Chiudo la valigia e mi volto.

"Vi voglio bene" dico e esco dalla stanza. Scendo le scale di corsa. Sento mia madre piangere di sopra. Mi dispiace.
Mio padre è in salotto e non si degna nemmeno di salutare suo figlio. Apro la porta e mi giro per un ultima volta. Gemma è in cima alle scale con le guancie righate di lacrime, ma mi sorride. Un sorriso dolce e caloroso. Mi volto ed esco.

"Puoi rimanere qui quanto vuoi" dico.

"Non voglio disturbare" dice

"Non me ne frega un cazzo. Tu rimani qui e basta. Sei mia sorella e ti voglio bene. Rimani e basta ti prego" le dico. Finalmente le spunta un sorriso in volto.

Hi people,
Sarò tirchia con le parole. Se siete delle/degli stalker come me degli 1D, andate a leggere il mio libro "la verità sui One Direction". La trovate nel mio profilo.

Grazie a tutti! ❤

Eighteen // Larry StylinsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora