CAPITOLO 30

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Ho trovato il numero di Mark e gli ho scritto che alle quattro di domani pomeriggio, sarei andata a casa sua. Non ho controllato che rispondesse, perché ho paura di ciò che potrebbe dire, ma sono fermamente decisa ad affrontare questa storia. Sento che sto perdendo un pezzo importante di me stessa e non posso, non voglio più permetterlo.
I dottori mi dimetteranno tra sta sera e domani mattina. Finalmente riprenderò in mano la mia vita.
Oggi verranno i miei genitori  ad aiutarmi a preparare le valigie. Avevo insistito perché non facessero tanti chilometri, ma non c'era verso di far cambiare loro idea. Dicono in continuazione  di non volermi far fare troppi sforzi "nelle mie condizioni". Questa situazione mi rattrista parecchio: ho affrontato un brutto incidente. Sto bene, un po indolenzita, ma sto bene, almeno fisicamente. Davvero. Almeno era quello che mi ero obbligata a  credere. Non potevo permettermi di rimuginare sul passato, perché mi colpiva una profonda depressione. Non ricordavo ancora niente, però i miei genitori mi aiutavano come potevano raccontandomi le mie passioni, le mie debolezze e le mie virtù. La personalità di una persona è difficile cancellarla, infatti in questi giorni passati in ospedale, ho imparato a conoscermi e sento dal profondo che sono sempre rimasta me stessa. Non ricordo, però, ciò che mi ha fatto diventare la persona che sono oggi ed è .... È veramente deprimente. Intanto non mi ero accorta che mia sorella era entrata nella stanza.
"Ehi ciao bellissima!"
"Ciao anche a te sorellona. Come stai oggi?" - a quella domanda non sapevo mai come rispondere, ma cercavo di mostrarmi felice davanti ai suoi occhi.
"Bene. Tu?"
"Non c'è male. Oggi finalmente ritorni a casa! Sarà più facile ricordare per te"
"Cosa vuoi dire?"
"Beh.... Circondata da mura familiari ...." Già non la stavo ascoltando più.
Mia sorella era un assoluto genio e io non avevo pensato a quella possibilità. Avrei potuto avere dei flash-back dopo il mio ritorno a casa. Non mi ero ancora concessa   di pensare di poter tornare quella di prima, perché non volevo ricevere delusioni.

La mia casetta mi accoglie a braccia aperte, ombreggiando la parte davanti per non farmi prendere troppo sole. Un grande cartello di "Bentornata" è fissato alla porta d'ingresso e mille bandierine colorate sono appese per tutto il perimetro della casa. I miei e mia sorella mi circondano in un abbraccio caloroso e lacrime di gioia mista a sollievo scivolano dai loro volti e dal mio. Posso dire di essere in pace con me stessa? Non al cento per cento. Ho paura di non riuscire più a ritrovare la vecchia me. Lo so di essere ripetitiva, ma non posso farci niente.
Pensieri depressivi a parte, vengo trascinata in casa per le braccia e .... niente. Non succede niente. Le pareti non mi dicono nulla, provo ad annusare il "profumo di casa", ancora niente. Mia sorella vedendomi la delusione dipinta sul viso, mi fa strada verso camera mia. Cerco di non pensare a niente mentre percorro il corridoio illuminato solo da luce naturale.
La mia mano si trova racchiusa a conchiglia da un'altra, abbasso lo sguardo lentamente pensando che fosse quella di mia sorella quella che mi stringeva. Mi sbagliavo. Non c'è niente, proprio niente. Non so perché, ma mi sembra una situazione così familiare ....
Varco la soglia della mia camera. Sembra come se alla porta ci sia infisso "perdete ogni speranza o voi che entrate". Quella che avevo è rimasta in quella dannata stanza d'ospedale.
Suonano alla porta. Probabilmente saranno amici di famiglia che vogliono vedere come sto, come se non sapessero come ci si sente dopo un mese d'ospedale.
"Amy c'è qualcuno per te!"- mi urla mia madre. Che avevo detto? Adesso dovrò fingere un sorriso a trentadue denti, quando probabilmente ciò che si formerà, sarà solo un ghigno. Scendo lentamente le scale pensando a cosa dire al nostro "ospite", ma poi rimango bloccata sull'ultimo scalino. Un Mark perfettamente spettinato si staglia davanti a me. Oh cielo! Nonostante il mio stato malinconico, il cuore non sembra voler rallentare i suoi battiti.
"Ciao Amy". La sua voce profonda mi arriva a malapena. Sono ancora concentrata sul suo corpo.
"C-ciao". Posso fare di meglio.
"Ciao Mark"- ripeto in maniera più convinta.
"Non ti chiederò come stai perché non puoi esserti ripresa ancora". Un grazie mi sale alle labbra, ma dalla voce non esce alcun suono, così cerco di fare un piccolo sorriso di riconoscimento.
"Vuoi salire?". Non mi ero accorta fino a questo momento che mio padre si era avvicinato a me, come se volesse proteggermi da qualcosa. Se fossi di buon umore, probabilmente farei ruotare gli occhi. I padri non cambiano mai.
Mark si avvicina a me a lunghe falcate, con lo sguardo di ghiaccio che non mi molla un secondo. Quando si ferma a pochi centimetri da me, alzo gli occhi per non bloccare il contatto visivo. Dopodiché, gli prendo la mano e lo porto in camera mia. Ondeggio come solo una donna sa fare scalini dopo scalino, facendo attenzione alla reazione di Mark dietro di me. Lo sento deglutire e la mano che mi stringe sta decisamente sudando. Sono contenta di fargli quell'effetto e sorrido tra me e me.
Con la mano libera lo invito ad accomodarsi, lo vedo un po' combattuto, ma poi Mark si siede sulla sedia. Lo sto facendo soffrire il ragazzo e lo trovo esilarante, davvero esilarante.
"Ciao Amy"- mi ripete e un sorriso furbo mi spunta da orecchio a orecchio.
"Questo l'hai già detto". Non posso fare a meno di prenderlo in giro, così lo punzecchio con una nota ironica nella voce.
"In realtà non so che dire"
"Ho delle domande da farti"
"Si, me l'aspettavo. Sono qui per questo" - con questa affermazione mi spiazza, ma ritrovo subito la compostezza.
"Voglio sapere tutto e lo sai cosa intendo"
"Ti racconterò quello che è successo, ma non tutto in una volta. Potresti .... Sovraccaricarti"
"Non farmi ridere. Ho aspettato fin troppo"- la me giocosa ha lasciato il posto a quella determinata.
"D'accordo. Preferirei non dirti niente, però. Stavamo tutti meglio prima dell'incidente"
"Questo mi pare abbastanza ovvio"- gli dico bruscamente. Ero stufa ormai di tutte quelle chiacchiere inutili. Volevo la vecchia me.

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