Luce Andolfi.
Ragazza normale di Roma centro rinchiusa nel suo mondo privo di ogni libertà.
Luce, che come il suo nome era luminosa come la più bella delle stelle. Luce che della sua famiglia non apprezzava ormai nemmeno più il nome.
Luce si guardava tutte le mattine allo specchio quasi non riconoscendosi, quasi ad odiare con tutte le sue misere forze quei capelli biondi legati così fermamente in una coda alta, così impegnata ad odiare ogni forma del suo corpo stretta in un abito aderente grigio topo, che la faceva sembrare più grande, più matura dei suoi 25 anni.
Odiava quella camicia bianca e rigida che non aveva nulla da invidiare ad una camicia di forza.
Odiava quella gonna così lunga e così antica e odiava quelle scarpe scomode e fuori moda.
Lei a venticinque anni si vedeva così vecchia e trasandata anche se non aveva difetti.
La infastidiva maledettamente quella valigetta con i documenti contabili all'interno.
Sembrava pesasse una tonnellata.
Odiava inforcare gli occhiali da vista da combattimento, ma senza non poteva vedere nulla.
Odiava il suo lavoro di segretaria e di stagista nello studio di avvocati più famoso della città intera. Odiava essere impostata e rigida.
La sua anima era libera e voleva cambiare. Ma allora tutto il dolore e la prigionia mentale che le procurava quell'esistenza tutta doveri e responsabilità era anche sopportabile.
Sopportabile grazie a Guido.
Guido, uomo alto, moro bellissimo, responsabile e attraente.
Guido era il suo capo, che l'aveva ammaliata dal primo giorno sorridendole con la dentatura perfetta di un attore, e gli occhi svegli e vispi di un ragazzino.
L'aveva colpita anche il modo in cui sapeva prenderla. Sapeva calmarla e gestirla nei suoi attacchi di ostentata libertà e sapeva motivarla in quei pronti attimi di autocommiserazione.
Guido era un uomo perfetto. L'uomo con cui lei si vedeva all'altare, con cui a distanza di tempo avrebbe voluto avere una famiglia, magari stringere una piccola se stessa tra le braccia in attesa che il papà torni a casa.
Il mondo di Luce Andolfi era tremendo e monotono, ma lei, con Guido riusciva a vedere una luminosità accecante fuori da un tunnel oscuro, lei riusciva a vedersi migliore e a vedere migliore anche la sua vita.
È proprio vero che guardarsi dagli occhi di un altro ci rende migliori.
E Luce amava specchiarsi in quelle iridi verdi e capire che il mondo era lì e che poteva voltarsi soltanto con un banale battito di ciglia.
Luce ne era completamente innamorata.
Ogni molecola che la componeva tracciava nel corpo strisce di sangue che lasciavano il segno del nome di Guido. Ogni cellula cantava in onore di questo amore folle.
Luce era davvero un inguaribile romantica.
Ogni mattina sui suoi tacchi 12 raggiungeva il grande ufficio e iniziava a lavorare.
Battere al computer vecchi documenti era la cosa più divertente da fare dopo le fotocopie e i caffè al bar più vicino. Qui si perdeva sempre un po a camminare su sui trampoli osservando una Roma gremita di gente intenta ad ammirarla con gli occhi ingenui e sognatori che solo un turista può avere.
Invidiava quel l'espressione di stupore sui volti dei passanti e agognava di provare lo stesso in un luogo lontano, distante dal Colosseo e da tutti gli artisti di strada che lo circondavano.
Poi Luce tornava in ufficio e il lavoro continuava bramando per ogni istante Guido e perdeva tempo a sognare il momento in cui lui, sempre Guido, le avesse scritto di raggiungerlo nel suo ufficio per un altra indimenticabile serata di passione.
Ma capito che molte sere Guido non volle concedergli questo piacere, così lei in Preda alla delusa, usciva dal grande palazzo in muratura incamminandosi verso il suo modesto appartamento che condivideva con due amiche: Vittoria e Giorgia.
Allora li partivano i pigiama party più scatenati fumando sigarette taroccate e mangiando gelato affondando ogni depressione nelle calorie e nel fumo passivo.
Vittoria era totalmente pazza, un anima punk mai arresa, uno spirito libero in grado di trascinare tutto con se come il più bello dei venti caldi, prepotente e esuberante.
Giorgia era di animo più romantico, con Biancaneve e aurora come idoli femminili. In attesa del principe azzurro viveva la sua vita da futura principessa, gentile e docile. E poi c'era luce, romantica ma non troppo, sognatrice ma con i piedi per terra quando serve, responsabile . La via di mezzo per far sì che vittoria e Giorgia non facessero a botte.
Una sera uguale alle altre erano sedute comodamente sul tappeto del loro modesto appartamento con lo sguardo fisso su di un libro. La TV era su un canale televisivo a caso.
Giorgia stava per dormire, vittoria era al telefono con qualche nuova fiamma. Poi d'improvviso Una voce, anzi tre voci.
Potenti e armoniose al contempo, che sapevano far venire i brividi.
Luce ne era ammaliata ma pigra e stanca non volle inizialmente voltarsi.
Fu vittoria a spezzare il momento di stasi della mente di luce urlando che il tipo in TV non era poi male.
Luce si voltò verso il televisore incuriosita, siccome vittoria non apprezzava di buon grado la bellezza maschile.
Fissò il televisore e quei tre ragazzi che le si pararono di fronte la colpirono.
Diversi nei modi, ma uguali nel vestirsi.
Diverse le voci ma uguale il tono.
Erano totalmente distinti ma in qualche maniera una cosa sola.
I sorrisi, gli sguardi, l'orgoglio che grondava dalla loro espressioni, tutto era uguale in quei tre.
Ne erano 3. Il primo era il più basso, con un viso adorabile, un sorriso da bambino e occhi da incantatore. Voce bassa che incanta e movenze interpretative e pompose.
Quello al centro era semplicemente più vero. Alto, il più alto. Pizzetti, baffi, occhi profondi e sorriso contagioso.
Sul terzo si incuriosii di più.
Occhiali spessi che coprivano le fattezze del suo viso squadrato. Lineamenti marcati, bocca delicata, occhi sinceri e goffi.
Voce alta e potente.
Le piacevano. Davvero tanto.
Ma prima che potesse interessarsi ancora vittoria volle cambiare canale annoiata dallo stile dei tre giovani.
Passo poco tempo e così li dimenticò.
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Segni sulla pelle. (IL VOLO) #watty2016
ФанфикIl cambiamento di una vita che le stava troppo stretta. Una valigetta è un paio di scarpe che non le calzavano più da anni. Un amore che non portava a nulla e la distruzione dell'ultima speranza. L'evoluzione della sua personalità.