IL CASTELLO BIANCO

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"Ma tu chi sei che avanzando nel buio della notte inciampi nei miei più segreti pensieri?"
W.Shakespeare

Apro gli occhi. Mi guardo intorno. I miei compagni se n'erano andati già da un pezzo, lasciandomi solo in questa casa in rovina. Lascio ricadere la testa. Tutto ciò che avrei voluto era solo ricadere nel buio della notte, un sonno senza sogni in cui finalmente trovare la pace.

Ma la pace, come avevo appreso già da tempo, è preclusa agli uomini.

Dopo un tempo che giudicai eterno, mi sollevai dal mio giaciglio. La mia ricerca non era ancora finita. In lontananza il Castello Bianco svettava contro il cielo scuro e minaccioso. Ogni giorno di cammino sembrava allontanarsi sempre di più. Raccolsi lo zaino, la spada e il mantello e mi rimisi in marcia.

Nel regno da cui vengo c'è una leggenda che circola, la leggenda del Castello Bianco. Un castello irraggiungibile. Chi lo avesse raggiunto, si diceva, avrebbe trovato il Paradiso in Terra. Annualmente venivano scelti sei giovani che avrebbero tentato l'impresa. Se anche solo uno di loro fosse tornato a mani vuote, avrebbe trovato l'ascia del boia. Il messaggio era chiaro: tornate con il segreto del Castello Bianco, o non tornate affatto. Era una legge crudele, dettata dall'avidità dei sovrani, che desideravano ardentemente impadronirsi delle ricchezze, del potere, di qualsiasi cosa le mura del Castello Bianco proteggevano.
Fu così che fui scelto. Fui scelto insieme ad altri cinque.

I primi giorni di viaggio furono abbastanza rilassati, attraversammo i campi coltivati, le strade e le fattorie attorno al piccolo borgo al confine delle Terre Desolate. Ma poi il paesaggio
si fece brullo, i campi verdi lasciarono il passo a distese rocciose senza vita. Presto due di noi, coloro che sembravano i più determinati e coraggiosi, abbandonarono l'impresa, mentre noi quattro continuammo. Dovemmo fare i conti con la solitudine che quel paesaggio morto ci offriva. Tentai di scambiare qualche parola con gli altri, ma non ne volevano sapere. I loro occhi brillavano di avidità e tutto quello che volevano era arrivare il prima possibile al Castello. Tanto che un giorno mi lasciarono indietro.
Più andavo avanti, più sentivo in me le forze cedere. Oltre che abbandonarmi, i miei "compagni" mi avevano anche lasciato senza viveri, e senza abbastanza acqua per sopravvivere. Dopo tre giorni di marcia estenuante caddi a terra e persi i sensi.

Durante il sonno, la mia mente fu attraversata da immagini sconnesse. Vidi due occhi neri come la tenebra più profonda fissarmi curiosi. Sentii mani esplorare il mio corpo con grande delicatezza. Le stesse mani poi mi accarezzarono il viso e i capelli neri, ormai divenuti quasi grigi per la polvere.
Mi svegliai urlando, la spada sguainata e pronta a colpire. Ma non vidi nessuno. Che fosse stato solo un sogno? Eppure mi sentivo stranamente bene. Strano per uno che ha camminato per tre giorni senza mangiare e bevendo pochissimo. Mi alzai in piedi e curiosamente constatai che stavo meravigliosamente. Com'era possibile? Senza pensarci, ripresi il cammino verso quel miraggio irraggiungibile che era il Castello Bianco. Durante tutto il tempo non potei fare a meno di sentirmi osservato. Come un'ombra, un'impressione sfuggente ai lati del mio campo visivo. Ciò che prima era un impressione, lentamente cominciò a divenire una certezza: non ero solo in quel luogo.

Passarono altre due notti, in entrambe avevo fatto lo stesso sogno, se di sogno si trattava. Alla terza notte volli vederci chiaro in quella faccenda. Con la corda che mi ero portato dietro costruii un laccio con cui imprigionare il mio misterioso visitatore e, al momento di dormire, lo nascosi tra le pieghe della veste. Speravo di riuscire a sorprenderlo. Ma non fu così. Appena mi addormentai vidi in sogno il dirupo sotto cui mi ero accampato. Era tutto così reale, come se non stessi neanche dormendo. Poi vidi da dietro una roccia emergere la figura esile di una fanciulla. Mi fissava con un espressione timida, come se non si decidesse se avanzare fino a me o se rimanere lì ferma a guardarmi. Alla fine mosse i primi passi. Frugai nella mia veste, ma il laccio che avevo preparato prima era scomparso. Lei era ormai giunta a pochi passi da me. Lentamente decisi di alzarmi. Anche se non potevo catturarla, avrei comunque cercato di capire chi fosse quella ragazza. Mi misi in piedi e le mostrai le mani con i palmi aperti. Lei si fermò e mi fissò con un'espressione spaventata.
"Non ti preoccupare, non voglio farti del male."
Accennò con lo sguardo alla spada che pendeva dalla mia cintura. Lentamente, senza fare movimenti improvvisi, la slegai e la lasciai cadere a terra. Rassicurata, la ragazza mosse qualche passo e si sedette accanto a me.
"Chi sei?"
Lei mi guardò con quelle pupille nere, indicò il suo petto e poi fece un cenno tutto intorno.
"Cosa? Non capisco"
Fece lo stesso gesto, poi appoggiò una mano sul mio cuore e una sul suo, le congiunse e tracciò un cerchio con i due indici.
"Ok, quindi stai cercando di dirmi che tra noi c'è una specie di legame?"
Annuì.
"E... sai qualcosa del Castello Bianco?" dissi accennando all'immensa costruzione all'orizzonte.
Annuì di nuovo, poi si guardò intorno e fece per scappare. Io cercai di trattenerla, ma lei si divincolò e fuggì lontano.
"No, aspetta!"
Fu allora che mi svegliai.

I giorni seguenti furono incredibili. Ogni notte quella creatura misteriosa veniva a farmi visita in sogno. Ero contento di avere qualcuno con cui parlare e con cui condividere la solitudine di questo luogo, poi il fatto che fosse anche una bella ragazza rendeva il tutto ancora migliore. Durante un sogno mi portò in una grotta in cui crescevano cristalli luminosi, in un altro mi condusse in una foresta di alberi pietrificati, in cui ogni albero nascondeva un volto a volte benevolo, a volte maligno. Un'altra volta rimanemmo seduti sulla cima di una roccia a contemplare il panorama desolato. Era strano, ma cominciavo ad affezionarmi a quella creatura misteriosa. Con il tempo cominciai persino a dimenticare il vero motivo per cui ero entrato nelle Terre Desolate.
Fino a quel maledetto giorno.
Mi aveva condotto fino ad una grotta piccola e poveramente arredata e mi aveva fatto capire che era lì che viveva. Poi si era allontanata. Vinto dalla mia curiosità, esplorai la piccola abitazione e mi imbattei in una porta chiusa. Inorridito vidi due rosse scie di sangue che proseguivano oltre la porta. Preso dal panico la sfondai e ciò che vidi mi lasciò senza parole. Al di là della soglia, giacevano su tre pietre lisce i tre cadaveri dei miei compagni di viaggio. Urlai come non avevo mai urlato prima e fuggii lontano. Quando mi svegliai cominciai a correre con tutto il fiato che avevo in corpo. Attraversai colline, pianure e fiumi asciutti, finchè giunsi ad un portale in una cinta muraria. Senza pensare e trovandolo aperto, mi fiondai dentro e lo richiusi alle mie spalle.

Finalmente trassi un lungo respiro e mi guardai intorno. Riconobbi davanti a me torreggiare la mole immensa di un castello di marmo bianco, anche se ormai ignoravo il significato di quell'edificio. Sfoderai la spada e mi preparai ad esplorare il castello.
Da dentro mi accorsi che era molto più piccolo di quanto apparisse da fuori. La maggior parte delle stanze erano crollate, o comunque in condizioni pessime. Ma la cosa strana di cui presi coscienza era che i crolli non erano avvenuti a caso. Infatti sembrava che ci fosse un percorso che attraversava il castello e che, fuori da quel percorso apparissero le stanze crollate. Non potevo fare altro che seguire la strada.

Giunsi infine ad una grande sala in cui una scalinata portava ad una piattaforma su cui la sagoma di un vecchio re appesantiva un grande trono di pietra. Cautamente mi avvicinai e fissai il viso decrepito di quella figura ammantata. Rimasi inorridito quando mi accorsi che lui ricambiava il mio sguardo. Come risvegliandosi da un lungo sonno, sollevò la testa e mi fissò a lungo, poi parlò con una voce che sembrava uscita direttamente dagli abissi dell'eternità.
"E così dopo tanti secoli, finalmente qualcuno ce l'ha fatta. Io sono il Re Eterno, sovrano del Castello Bianco, e sono qui per affidarti il tesoro più prezioso che possegga. Una storia. Siediti e ascolta bene, perchè la racconterò solo una volta..."
Raccontò come le Terre Desolate fossero un tempo un regno povero e cadente. Il popolo moriva di fame e le guerre sia all'interno che all'esterno non si contavano. Il Re non sapeva più cosa fare, finchè non decise di stringere un patto con oscure entità per garantire un futuro alla sua gente. I demoni gli concessero cento anni di ricchezza e di prosperità. Esauriti i quali il regno sarebbe stato devastato e trasformato in una terra desolata.
"Mi dispiace se hai fatto tanta strada per niente, ma il tesoro del Castello Bianco è stato distrutto per sempre. Sia la consapevolezza che hai evitato un'altra catastrofe consolazione sufficiente per tutte le tue fatiche. E ora addio, e che Dio vegli su di te"

Poco dopo stavo tornando sui miei passi. Avevo le lacrime agli occhi. E ora cosa dovevo fare? Ero perduto. Prima la ragazza, ora il Castello. Tutto, tutto era perduto. Perchè?
"PERCHEEEEEE'?" Urlai al cielo scuro. "Cosa ho fatto per meritarmi questo?"
Improvvisamente sentii una presenza alle mie spalle. Mi voltai e la vidi. Era sempre lei. Mi stava osservando da dietro una roccia. Quando si accorse di essere stata vista abbandonò il suo nascondiglio e mi tese la mano. Io la guardai con occhi duri, la mia mano cercò l'elsa della spada.
Scosse la testa, mi indicò e si mise entrambi le mani sul cuore.
"Mi dispiace, ma questa storia non attacca più, ho visto cosa hai fatto ai miei compagni."
Giunse le mani e mosse alcuni passi verso di me.
"Ferma!"
Indicò la direzione verso cui stavo andando e fece con la mano il gesto di tagliarsi la testa. Poi fece lo stesso gesto di quando l'avevo vista la prima volta: mi indicò, poi si indicò e tracciò un cerchio con gli indici. Poi riprese ad avanzare.
Incapace di fare qualsiasi cosa, lasciai che mi raggiungesse, la abbracciai con tutte le mie forze e presi a piangere come un bambino. Lei ricambiò il mio abbraccio e cominciò ad accarezzarmi i capelli. Quando mi sciolsi, mi tese la mano. Io la afferai e insieme ci incamminammo verso il profilo di montagne lontane...

Diario di un Cuore SolitarioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora