LA VALANGA

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"Quanto lontana o quanto vicina sei, Ingeborg? Dimmelo, così saprò se tu chiudi gli occhi, quando io adesso ti bacio."
Paul Celan

Il fragore della Valanga si era appena spento in lontananza e una serie di uomini mascherati erano usciti dalle fessure del tunnel. Chini sul caos di oggetti che il titano aveva lasciato dietro di sè, ognuno cercava qualcosa. Qualsiasi cosa potesse risultare interessante.
Era da secoli, da più di quanto il più vecchio tra loro potesse ricordare che vivevano in quei cunicoli scavati nella roccia attorno all'immensa galleria di cemento. Nessuno sapeva chi l'avesse costruita, nè perchè, nè cosa fosse esattamente l'enorme massa di roccia sbriciolata e pietre che la percorreva, portando con sè ogni sorta di oggetti strani. Il passaggio della Valanga era accolto dalla popolazione come una festa che ricorreva con regolarità, e accompagnato da un'eccitazione e da una gioia che raramente veniva raggiunta in altri momenti.

Tra la folla di gente che lottava per accaparrarsi un ninnolo o un pezzo di ferro anonimo, una figura solitaria rovistava in modo diverso, più sistematico, come se stesse cercando qualcosa di ben preciso. Lasciò indietro molti oggetti per cui altri avrebbero lottato. Lo videro raccogliere da terra una piccola scatola di metallo, spolverarla, esaminarla e uscire dalla grande galleria.

Arrivato alla piccola grotta in cui abitava, il ragazzo si tolse la maschera, si sedette ad un tavolo e prese ad armeggiare con la serratura di quel piccolo forziere. La combinazione non era cambiata. Era sempre la stessa. Era sicuro che non sarebbe mai cambiata. All'interno giaceva avvolta in vari strati di stoffa una piccola cassetta magnetica. Fosse stato un altro, l'avrebbe sicuramente smontata per rivendere il rivestimento di plastica e il nastro. Lui invece si limitò a inserirla in una radio donatagli dalla Valanga e in seguito riparata in cinque lunghissimi mesi. Quando la fece partire, una voce femminile si propagò nell'aria. La ragazza, attraverso innumerevoli chilometri, raccontò della sua vita ora che era giunta alla Grande Città, raccontò dei suoi sforzi per stabilirsi e per trovare una casa che poi erano stati coronati dal successo, raccontò dei suoi nuovi amici e delle sue speranze per il futuro, espresse il desiderio che anche lui la raggiungesse in quel luogo per cominciare una nuova vita insieme. Concludeva la registrazione un "ti amo" quasi sussurrato.

"Allora, come sta la tua "fidanzata"?"
Non rispose e continuò a sorseggiare il liquido dal sapore forte nel bicchiere opaco. Poi sollevò lo sguardo sul suo interlocutore, un giovane uomo robusto sulla trentina. La sua calvizie faceva risaltare le due serie di macchie scure che dalla cima della fronte scendevano fino alla base del collo. Ogni uomo, donna e bambino le aveva, ma nessuno sembrava sapere da dove venissero.
"Perchè non rispondi? Ti vergogni forse?"
"Mi ha chiesto di raggiungerla"
L'uomo scoppiò in una fragorosa risata. "...Come sei divertente! Questa era davvero buona."
"Sto dicendo sul serio."
"Oh, andiamo. Non puoi essere serio."
"E invece sì"
L'uomo lo fissò con un espressione preoccupata. Era da quando la Valanga gli aveva fatto scoprire dell'esistenza di quella ragazza misteriosa che aveva cominciato a comportarsi in modo strano. Aspettava con impazienza ogni passaggio. E ogni volta che il titano di roccia gli concedeva di ascoltare la sua voce, sembrava perdersi sempre di più. Aveva cominciato a correre per i cunicoli annunciando che esisteva qualcun'altro là fuori, e che lo stava chiamando. Ovviamente nessuno gli dava ascolto. Presto tutti presero ad evitarlo. Beh, quasi tutti.
"Ho bisogno di questi pezzi. Conto su di te per procurarmeli, in fondo tu conosci quasi tutti in questo posto." Abbassò gli occhi sulla lista che il ragazzo gli stava porgendo. "Ovviamente terrò anch'io d'occhio la Valanga. Quattro occhi sono meglio di due."
"Vetro corazzato, smorzatori a molla, misuratori di pressione, di integrità, una bussola elettronica... Cosa ci devi fare con tutta questa roba? Aspetta, non vorrai forse..."
"Sì, hai indovinato. Intendo cavalcare la Valanga."

I giorni seguenti furono per il ragazzo i più impegnati di tutta la sua vita. Ogni quattro mesi correva nel tunnel e razziava ogni cosa potesse tornargli utile per il suo folle progetto. Molti notarono il suo cambiamento, ma nessuno gli diede molta importanza. In fondo era già un emarginato, che morisse insieme alla sua pazzia, non avrebbero certo perso del tempo a piangere sopra il suo cadavere.
Quando non era in giro a procurarsi i pezzi necessari, passava le giornate a progettare ed assemblare una macchina in grado di domare l'incredibile forza del titano. Alimentava i suoi sforzi una delle tante cassette magnetiche donatagli dalla sua sfuggente fidanzata su cui aveva registrato una serie di canzoni a lui dedicate.
Presto, i suoi sforzi passarono dall'essere ignorati all'essere derisi. Tutti lo giudicavano e lo additavano come uno dei tanti pazzi, e spesso i più sbruffoni lo ostacolavano apertamente. Finchè la situazione non degenerò.
In occasione del passaggio tanto atteso, l'ultimo barlume di dignità di cui il ragazzo godeva fu sbriciolato. La sua macchina era quasi pronta, mancava solo un ultimo pezzo, uno dei più preziosi e introvabili. Il suo amico era riuscito a trovarlo e a procurarselo e gli aveva dato appuntamento per lo scambio.
Lo aspettò al luogo pattuito, nella grande caverna che fungeva da piazza principale della piccola città sotterranea. Ma quando lo vide arrivare si rese conto che qualcosa non andava. Camminava barcollando, rischiando di inciampare ad ogni passo. Probabilmente era ubriaco.
Senza mostrare un minimo di pietà per il suo stato, allungò la mano e chiese: "Allora, ce l'hai?"
"Oh, sì. Ce l'ho... Ce l'ho... e ho intenzione di dartelo... Ma prima lascia che ti parli un momento..."
"Cosa c'è? Non ho molto tempo, il prossimo passaggio si avvicina, e la mia ragazza mi sta aspettando"
"La tua ragazza, già, la tua ragazza. Non hai altri in mente. Ma è così comprensibile. Sei innamorato. Ah, l'amore, che cosa bella! Si dice che accorci le distanze, ma non è vero..."
"Non ho tempo per questi discorsi. Dammi la bussola!"
Come se non l'avesse sentito, continuò a parlare come trasognato. "...Io ero tuo amico! Ti ho sempre appoggiato. Quando eri ancora una persona normale ti ho sempre dato una mano. E non puoi dire che non stessimo bene! Ma poi è arrivata lei! Maledetto sia quel giorno!"
"Ma cosa stai dicendo?"
"Hai cominciato ad impazzire per lei! Per la sua voce! La sua maledetta voce!" Se prima aveva parlato a voce alta e rabbiosa, ora cominciò a sussurrare: "Io, io ero l'unico tuo amico. E per questo ogni volta che qualcuno mi vedeva mi associava a te. E piano piano hanno cominciato ad evitarmi. Come te. Parlavano alle mie spalle, era insopportabile! Mi dicevano "guarda, è pazzo come lui!" oppure "ma perchè lo aiuta? si caccerà nei guai..." e così via. E i miei affari ne hanno risentito. Ho scambiato tutto quello che avevo per questa bussola elettronica. Sapevo che la stavi cercando. Sapevo che saresti venuto." I suoi occhi brillarono di una luce sinistra. "E adesso ti farò provare tutto quello che ho provato io in questi mesi!"
Un coltello luccicò nella sua mano destra...

Quando le prime persone scoprirono il cadavere, la loro rabbia esplose. Afferrarono le armi che ognuno di loro custodiva e corsero nella cavità in cui viveva il morto. La trovarono in un caos assurdo, come se qualcuno l'avesse passata in rassegna in gran fretta. Non ci volle molto per capire chi ci fosse dietro. Ma quando raggiunsero la grotta del colpevole la trovarono in condizioni ancora peggiori. Un grande incendio aveva distrutto tutto. In lontananza sentirono il fragore della Valanga che si avvicinava. "Presto, sta scappando, corriamo!"
Quando arrivarono all'ingresso dell'enorme tunnel la videro. Una grande capsula ovoidale di vetro corazzato all interno di cui una serie di ammortizzatori reggeva una piastra di metallo su cui era imbullonato un sedile contornato di strumenti. E su quel sedile, il loro nemico. Quel ragazzo dal volto duro, dai corti capelli brizzolati. Il suo viso, le sue mani e i suoi vestiti erano ancora sporchi del sangue della vittima innocente. Si voltò e li fissò con occhi vuoti prima che l'immensa massa di roccia e pietra lo inghiottisse, portandolo via con sè.

Diario di un Cuore SolitarioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora