DIALOGO DEI DUE MASSIMI SISTEMI

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"Le sorelle non hanno bisogno di parole. Hanno perfezionato un linguaggio di smorfie e sorrisi e aggrottamenti della fronte e strizzatine d'occhio – espressioni di stupore e scioccata sorpresa e incredulità. Soffi e sbuffi e rantoli e sospiri – che possono minare qualsiasi storia che stai raccontando."

Pam Brown

Di nuovo era scesa la sera. Ormai avevano imparato che esistevano molti tipi di sere e di notti: quelle in cui lasciare libero il cuore e la mente, quelle dedicate ai delicati sussurri delle stelle, quelle consacrate all'incredibile mistero dell'amore e quelle in cui anche la luce si riposa, e gli uomini fanno i conti con le proprie azioni.

Quella era una di queste ultime.

Le due ragazze erano sedute sul letto, una di fronte all'altra. L'unica illuminazione era data da una serie di candele appoggiate sul comodino. Sotto quella luce fioca, gli oggetti tutto intorno apparivano deformati e irreali, l'intera stanza sembrava molto più grande di quanto fosse in realtà. Il rito si ripeteva uguale, a cadenza irregolare, e trasformava quell'ambiente familiare nel loro universo personale.

Finchè una delle due non ruppe il sacro silenzio in cui erano avvolte: "È il solito problema di sempre, se non parliamo siamo infelici, e se parliamo non ci comprendiamo"

"Cosa?"

Si strinse nelle spalle. "Boh, mi è venuta in mente questa frase."

"Io proprio non ti capisco, sorellina."

"A proposito, come va con Flavio?"

"Oh, pensavo di lasciarlo..." disse come se fosse la cosa più naturale del mondo. "... non credo sia più cosa."

L'altra sospirò. Conosceva troppo bene sua sorella e sapeva che non si sarebbe mai smentita. "E poi sarei io quella difficile da capire. Ma quando la smetterai?"

"Quando troverò quello giusto."

"Quello giusto..." disse pensierosa. "Dubito che lo troverai."

"Beh, almeno io provo, cerco. E mi diverto nel farlo. Sai dovresti provare anche tu."

"Già. E con Nicolas come va?"

Scoppiò a ridere. "Lo sai che non mi interessa."

"Sicura?"

"Assolutamente."

Entrambe sapevano che non era così. Quel ragazzino conosciuto tanto tempo fa, per cui lei era una sorta di dea scesa in terra, e che non si voleva rassegnare ad un rifiuto. O meglio, si era rassegnato, ma nonstante tutto sembrava che il fatto di essere rifiutato o ricambiato fosse del tutto secondario. Ed era questo che lei non riusciva a capire.

"Benvenuta nel mio mondo."

"Cosa?"

"Lui ha te. E tanto gli basta. Non ha bisogno di possederti."

"Non capisco..."

"L'amore, sorella, quello vero, non ha bisogno di inutili dimostrazioni, ma gli basta essere."

"Tu e i tuoi giri filosofici. Ora capisco perchè sei ancora vergine."

"Meglio non averne che averne cento, che alla fine è come non averne."

"No, ti sbagli. Vuoi mettere la soddisfazione di avere un fidanzato che stravede per te. E non solo, essere guardata e ammirata da tutti quelli che ti incontrano. Essere desiderata da tutti e decidere a chi concedere i tuoi favori. E' bellissimo..."

"Il sesso è l'arte di controllare la mancanza di controllo."

"Ma te la smetti! Mi fai venire mal di testa con le tue frasi. Sei semplicemente invidiosa, perchè io ho sempre avuto i ragazzi che mi giravano intorno. E tu no. Io posso avere tutti i ragazzi che voglio..."

In effetti questo la punse sul vivo, e per la prima volta non seppe cosa rispondere. Il silenzio tornò a frapporsi tra loro, come un velo invisibile e pesante. Improvvisamente un trillo risuonò nella stanza. Dopo un attimo di sbigottimento la "filosofa" fece una smorfia di rabbia.

"Tu... Lo sai che dovevi spegnere il telefono! Perchè non lo hai fatto?"

Con noncuranza l'altra lo estrasse dalla tasca e controllò rapidamente il messaggio.

"Non mi ascolti? Sono cinque anni che continuiamo ad incontrarci così. La regola era: niente telefoni!"

"Oh andiamo, non è niente, è solo un messaggio."

"Sì, oggi è un messaggio, magari la prossima volta sostituiremo le candele con luci stroboscopiche e quella ancora dopo inviterai i tuoi spasimanti..."

Erano da quasi quattro anni che facevano quelle serate. Vivevano nella stessa città, ma in zone diverse, frequentavano scuole diverse, compagnie diverse. Ma a volte si trovavano nella vecchia casa dei loro genitori, ormai abbandonata, a lume di candela, e per tutta la sera si parlavano. Si era creata una sorta di sacralità in quegli incontri, che entrambe avevano cura di rispettare. Fino ad ora.

Dopo che ebbe finito di leggere il messaggio, chiuse in fretta il telefono. I suoi gesti tradivano un leggero turbamento.

"Che succede? Chi era?"

"Era Nicolas. Ormai sono stufa di questi messaggi. Non so se crede veramente a quello che scrive."

"Gli hai mai risposto?"

"Certo che no! Ti ho già detto che non mi interessa!"

"Posso vedere?"

Per tutta risposta, gli lanciò l'apparecchio con un gesto quasi di stizza. Il messaggio era molto lungo, e in pratica Nicolas le diceva, con una dolcezza incredibile, che era stata un bel periodo, ma lo psicologo da cui andava gli aveva consigliato di dimenticarla. In pratica, un messaggio di addio.

"Nicolas andava da uno psicologo? Perchè?"

"Non ne ho idea. E francamente non mi interessa. Anzi, meglio che se ne vada."

Eppure non era sincera. La conosceva troppo bene. Qualcosa in quel messaggio l'aveva turbata.

"Beh, se ti era così indifferente, perchè sei così turbata?"

"Non sono turbata... Sto bene."

Seconda regola infranta: nessuna menzogna. Ma non intendeva fargliene una colpa. Anche se lei non sembrava accorgersene, la storia era chiara come la luce del sole.

"'Sono convinto che tu abbia l'eleganza del riccio: fuori sei protetta da aculei, una vera e propria fortezza, ma ho il sospetto che dentro tu sia semplice e raffinata come i ricci, animaletti fintamente indolenti, risolutamente solitari e terribilmente eleganti'" citò a memoria.

"Ma... come hai fatto?"

"L'ho letto quel messaggio. Mi sembra che fosse stato uno dei primi. E poi ce ne furono altri. Tutti senza risposta. Tu sei turbata perchè nessuno ti ha amato come ti ama lui. E questo non riesci a comprenderlo."

In quel momento qualcosa si mosse dentro di lei. Gli aculei si ritrassero, la palla pungente lentamente si trasformò in un animaletto spaventato e disperso. Le lacrime cominciarono a scendere dai suoi occhi.

"Ho mentito. Ho sempre mentito. Non è vero che non mi interessava. All'inizio era una seccatura, ma poi è diventato una sicurezza. E' vero, fuori lo disprezzavo, ma i suoi messaggi erano un'ancora. Ho cambiato talmente tanti fidanzati da non riuscire neanche a contarli. Ma in tutto questo, in questa ricerca, lui era un punto fisso. Con il tempo ho cominciato a volergli bene in modo diverso da chiunque altro."

"E perchè non lo hai assecondato?"

"Ma sei matta!?! Per poi? Conosco molto bene gli uomini. Ogni vetta conquistata è anche lasciata alle spalle in fretta. Non volevo che smettesse. Che continuasse ad inseguirmi. Che continuasse a corteggiarmi in quel modo meraviglioso. E adesso che mi deve dimenticare, mi sento incredibilmente sola..."

"Guarda, il consiglio che ti posso dare è uno: corri da lui. Non lasciarti sfuggire quest'occasione."

"Sì. Grazie, sorella."

Si abbracciarono. Dopo che fu andata via, la sorella prese il telefono, lo accese e compose in fretta un numero.

"Pronto... Sì sono io... Ciao Flavio... Lei se n'è appena andata, io sono qui che ti aspetto... Sono da sola... Ok, ci vediamo tra poco... Anch'io ti amo... Ciao..."

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