9º Capitolo

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Mercy spalancò la porta che si mosse con un lieve cigolio.
La ragazza sbirciò dentro: il buio era talmente fitto da non riuscire a vedere nemmeno ad un palmo di naso.
I lamenti che aveva sentito prima erano cessati, ma voleva ancora sapere chi o che cosa vi si nascondeva.
Mercy voltò la testa dietro di lei per assicurarsi di essere sola e si rassicurò quando vide il corridoio deserto.
Spalancò la porta e varcò la soglia soffocando la lieve paura che le attanagliava lo stomaco.
In quel momento, nel completo silenzio, udì un mugolio e un rumore metallico.
Mercy mise le mani davanti a sé e fece qualche passo in avanti nell'oscurità.
I gemiti aumentarono ed alla ragazza parve di sentir piangere.
<Chi c'è?> Si sentì in dovere di chiedere, ma non ottenne alcuna risposta.
Mercy guardò la porta alle sue spalle e per un attimo si chiese se non fosse il caso di lasciare perdere; ma al pensiero di qualcuno ferito o in difficoltà il medico che c'era in lei si fece sentire,  costringendola ad avanzare.
Il sottofondo lagnoso non smise nemmeno per un secondo e a Mercy ricordò quello di un animale in trappola.
<Non ti preoccupare, non voglio farti nulla.>
Le sue mani urtarono contro qualcosa e un oggetto cadde ai suoi piedi con un tonfo sordo.
Mercy tastò quello che interpretò come un tavolo di metallo e miracolosamente trovò un interruttore. Una lampada impolverata e con la tela strappata si accese con un ronzio.
Quando la stanza fu illuminata trattenne un imprecazione.
Al centro della stanza vi era una ragazza con delle catene arrugginite ai polsi e alle caviglie, che andavano ad attorcigliarsi alle gambe della sedia su cui era stata posizionata.
Ma ciò che più impressionò Mercy, fu il suo volto.
Se la disperazione e la paura avessero avuto un viso, sarebbe stato di sicuro quello.
Gli occhi sbarrati, la bocca tappata da uno sporco bavaglio che emetteva suoni incomprensibili e una parte del suo viso interamente differente e strana rispetto all'altra metà.
La ragazza non seppe dire che cosa avesse di strano perché, all'improvviso, sentì provenire una voce dal corridoio delle bambole.
Si gettò subito sulla porta cercando di chiuderla il più velocemente possibile.
Si appoggiò con un orecchio al battente e sentì quella che pareva la voce di Jason.
Mercy pregò che non si fosse accorto di lei e rimase ad ascoltare l'eco degli stivali del giocattolaio che sbattevano sul pavimento.
<Dove diavolo è finita?!> Sentì provenire dall'altra parte e il cuore le arrivò in gola dalla paura di essere scoperta.
Quando i rumori cessarono, sospirò di sollievo e si avvicinò alla prigioniera.
Le tolse il bavaglio mentre la poveretta tremava di paura e finalmente vide che cosa c'era che non andava.
L'occhio sinistro era quasi completamente chiuso per colpa delle ciglia appiccicate tra loro. Le guance erano di un colore innaturale e le labbra bruciate recitavano come una litania preghiere e suppliche.
Il lato sinistro del suo viso, capì Mercy, era completamente coperto di cera.

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