One.

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Seduto su quello che una volta costituiva il muro di una qualche camera da letto, di quella che una volta era una casa, di certo non avrebbe mai immaginato ciò che sarebbe successo da lì a pochi minuti.
Il sole alto in cielo quel pomeriggio era molto più caldo del solido, rendendo quella divisa quasi soffocante e facendogli appiccicare i capelli sulla fronte lucida a causa delle piccole goccioline di sudore che la riempivano.
Esattamente di fronte a lui c'era Rickard, marine alla sua seconda missione e suo caro amico d'infanzia.

Entrambi si erano conosciuti quando erano molto piccoli, in prima elementare per la precisione, da quando Rickard si era trasferito nello stesso quartiere del biondo.
Frequentarono le stesse scuole e gli stessi gruppi di amicizia, a volte capitava che si scambiavano anche le ragazze, fino a quando, tra lo scegliere una vita tranquilla e fatta di studi, preferirono una vita fatta di squilibri e movimenti.

«Non credi che tutto questo sia incredibile?» Il suo tono di voce diventato improvvisamente più serio.

«Cosa?» Gli chiese il biondo, non capendo dove volesse andare a parare il suo amico con quella domanda.

Lo sguardo di Rickard da quello del biondo si spostò su un punto indefinito davanti a lui, mentre un flusso di pensieri gli attraversava la mente.
Federico stava per richiamare la sua attenzione ricevendo come risposta il silenzio alla sua domanda, ma venne interrotto dalla voce del suo amico. «Che noi siamo ancora vivi.» Rispose girando la testa verso di lui, gli occhi improvvisamente velati da un sentimento che il biondo riuscì a malapena a decifrare e che gli fece quasi paura. «Sai, a volte credo che sia un caso, ma altre volte penso che sia un segno del destino.» Continuò tornando con lo sguardo sullo stesso punto di prima, ma questa volta fu lui a non ricevere una risposta dal ragazzo di fianco a lui, che aveva preso a torturarsi le mani ancora scosso da ciò che aveva letto in quegli occhi.

«Magari doveva semplicemente andare così.» Tagliò corto Federico, pronunciando quelle parole con tono estremamente basso, quasi da non riuscire a sentire, ma Rickard le aveva sentite perfettamente, e nonostante il berretto che gli copriva la maggior parte del volto che tentava abbassato, riuscì a capire immediatamente che c'era qualcosa che in quel momento lo turbava.

«E tu cosa ne sai? Che ne sai se qualcuno che noi non conosciamo prima di venire qui non ci ha buttato un po' di fortuna come in un incantesimo?» Chiese con tono sarcastico è completamente differente da quello usato prima da lui stesso.

Federico alzò la testa, e quando il suo sguardo incrociò quello di Rickard scoppiò in una fragorosa risata che ben presto coinvolse alche l'altro, una risata pura, cristallina, una risata che risuona nelle rocce sgretolate di quel luogo triste e spento, portando, anche se per un istante, gioia e allegria, spazzando via la sabbia da ogni cuore, come quella che lì ricopre tutto.

Ben presto, però, quel momento che si era venuto a creare tra i due, venne interrotto da un forte boato, seguito poi da una forza maggiore che spinse entrambi a terra.

La testa di Federico atterrò su qualcosa di duro e il berretto posto sul suo capo riuscì a malapena a proteggerlo.

Aprendo gli occhi riuscì a malapena a vedere il corpo insanguinato di Rickard, seguito poi dal cielo azzurro sopra di lui e dei lampi bianchi che gli attraversarono gli occhi, costringendolo a chiuderli.


Schiuse di poco gli occhi, il dolore alla testa che quasi gli provocava allucinazioni e l'unica che riuscì a vedere fu un ragazzo, un marine come lui, il viso sporco di terra e cenere, piccoli ciuffi mori di capelli che gli cadevano sulla fronte da sotto il berretto e la sua testa appoggiata sul suo petto.

«Stai tranquillo, ti sto portando in ospedale.» Lo rassicurò, il fiato corto per la corsa. «Resisti solo un altro po'.»

Federico cercò di dire qualcosa, di chiedere cosa fosse successo, ma tutto ciò che fuoriuscì dalle sue labbra fu un suono breve e stridulo proveniente dalla sua gola.

«Non sforzarti. Siamo quasi arrivati.»
Gli occhi cristallini del moro incrociarono quelli del biondo, che sentì qualcosa scattare dentro di lui, ma si limitò ad attribuirlo alla botta subita poco prima.

Riappoggiò la testa sul petto del moro e chiuse gli occhi, il suo orecchio schiacciato su quest'ultimo e in quel momento, nonostante tutto ciò che era appena successo, si sentì per la prima volta al sicuro.

                             -

«Federico.» Una voce profonda e una mano che gli scuoteva il braccio sinistro lo costrinse ad aprire gli occhi. «Federico svegliati.»

Quando li aprì del tutto, a pochi centimetri da suo viso, incastrati nei suoi, trovò un paio di occhi scuri e non quelli chiari di poco prima, che tanto desiderava rivedere, se pure per un solo istante.

Aveva bisogno di sentire di nuovi quella sicurezza che erano stati in grado di infondergli.

Aveva bisogno di lui.

«Sei sopravvissuto a un esplosione. Hai battuto la testa.» Spiegò il dottore, ma tutto ciò che gli interessava sapere era il nome di quel ragazzo che lo aveva salvato. «Ti ha portato qui un ragazzo, eri privo di sensi e ti abbiamo operato.» Continuò.

«C-come si chiama?» Chiese a fatica, la sua voce che gli risultò quasi irriconoscibile.

«Benjamin.» Rispose il medico, capendo immediatamente a chi si riferiva. «Benjamin Mascolo.»

Il solo pronunciare di quel nome provocò in Federico emozioni contrastanti, che non faceva altro che ripetere quel nome nella sua mente, promettendo di non dimenticarlo mai.

Before you go. | Fenji Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora